CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 marzo 2022, n. 10187
Tributi – Accertamenti bancari a carico di lavoratori dipendenti – Art. 32, DPR n. 600 del 1973 – Presunzione legale di maggior reddito in relazione a movimentazioni dei conti correnti bancari non giustificate – Applicabilità
Rilevato che
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento di maggiori redditi ai fini IRPEF per l’anno di imposta 2009, emersi a seguito di verifica delle movimentazioni dei conti correnti bancari intestati al contribuente E. G., con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva l’appello proposto da quest’ultimo ed annullava l’avviso di accertamento ritenendo che la presunzione legale di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, non operasse nei confronti dei lavori subordinati, quale è il contribuente.
2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, cui replica l’intimato con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso perché tardivamente proposto, in data 19/12/2019 e quindi ben oltre il termine semestrale di cui all’art. 327 cod. proc. civ. decorrente dal 22/11/2018, di pubblicazione della sentenza d’appello.
2. L’eccezione è palesemente infondata. Precisato, preliminarmente, che il ricorso per cassazione è stato notificato in data 12/12/2019, come emergente dalla ricevuta di accettazione del messaggio di posta elettronica certificata allegata al ricorso, il controricorrente non considera che al giudizio in esame va applicato il termine di sospensione di nove mesi di cui all’art. 6, comma 11, del d.l. 119 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018, trattandosi di impugnazione il cui termine andava a scadere il 22/06/2019 (e quindi entro la forbice prevista dalla disposizione in esame) e di controversia attribuita alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, avente ad oggetto un atto impositivo (comma 1 del citato art. 6).
3. Passando, quindi, al merito del ricorso, con il mezzo di cassazione la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., sostenendo che aveva errato la CTR nel ritenere che nei confronti dei lavoratori dipendenti non operasse la presunzione legale posta dal citato art. 32.
4. Il motivo è manifestamente fondato e va accolto.
5. E’ orientamento assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui «la limitazione […] dell’ambito applicativo della disciplina in esame», ovvero di quella relativa agli accertamenti bancari, «ai soli soggetti “esercitanti attività d’impresa commerciale, agricola, artistica o professionale” è priva di qualsivoglia riscontro normativo» (Cass. n. 22514 del 2013). Principio ribadito anche da Cass. n. 1519 del 2017 e Cass. n. 2432 del 31/01/2017 secondo cui «La presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art.32 comma 1 n.2 del d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art.32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari)» (in termini già Cass. n. 19692 del 2011, in motivazione; conf. anche Cass. n. 2432 del 2017 e Cass. n. 29572 del 2018).
5.1. Ne consegue che la statuizione impugnata, che a tali principi non si è attenuta, va cassata con rinvio alla CTR che rivaluterà la vicenda processuale tenendo conto, in tema di onere della prova e di verifica giudiziale in materia di accertamenti bancari a carico di lavoratori dipendenti, il consolidato insegnamento di questa Corte secondo cui la presunzione di cui all’art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. n. 600 del 1973 dettata in materia di imposte sui redditi (secondo la quale gli importi riscossi nell’ambito di rapporti bancari, in mancanza di annotazione nelle scritture contabili, sono considerati compensi posti a base delle rettifiche operate ai sensi degli artt. 38-41 dello stesso decreto, ove il contribuente non dimostri che ne ha tenuto conto nella dichiarazione dei redditi ovvero che tali somme rimangono escluse dalla formazione dell’imponibile), omologa a quella stabilita dall’art. 51, comma 2, n. 2, d.P.R. n. 633 del 1972 in materia di IVA, consentendo di riferire a redditi imponibili, conseguiti nell’attività economica svolta dal contribuente, tutti i movimenti bancari rilevati dal conto, qualificando gli “accrediti” come ricavi; trattasi di presunzione legale “juris tantum” che consente di considerare come ricavo riconducibile all’attività professionale del contribuente qualsiasi accredito riscontrato sul conto corrente del medesimo, e comportante l’inversione dell’onere della prova, spettando a quest’ultimo di superare detta presunzione offrendo la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che venga indicato e dimostrato dal contribuente la provenienza dei singoli versamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti (arg. da Cass. 26111 del 2015 e n. 21800 del 2017; conf. Cass. n. 5152, n. 5153, n. 19807 e n. 19806 del 2017, n. 18065, n. 18066, n. 18067, n. 16686, n. 16699, n. 16697, n. 11776, n. 6093 del 2016; Sez. 6-5, ord. n. 7453, n. 9078 e n. 19029 del 2016); con specifico riferimento al contenuto dell’onere probatorio gravante sul contribuente si è affermato che lo stesso ha l’onere di dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, e, a tal fine, deve fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (in termini, Cass. n. 18081 del 2010, n. 22179 del 2008 e n. 26018 del 2014) ed il giudice di merito è tenuto alla rigorosa verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. 21800 del 2017).
6. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR territorialmente competente per nuovo esame, da condursi alla stregua dei superiori principi giurisprudenziali, e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.