CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 settembre 2019, n. 24324
Tributi – Accertamento sintetico – Determinazione del reddito – Operazioni di incremento e decremento patrimoniale Prova contraria
Ritenuto che
A seguito di invio di questionario, l’Agenzia delle Entrate, ufficio di Piombino, determinava in capo a L. M. un maggior reddito di euro 320.229, a fronte di quello complessivo dichiarato di euro 160.683, in relazione all’anno di imposta 2004. Tale attribuzione derivava dalla determinazione dell’entità del saldo tra operazioni di incremento e decremento patrimoniale compiute dal contribuente nell’anno 2006, ed imputate prò quota agli anni precedenti ai sensi del quinto comma dell’art. 38 dpr 600 del 1973.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento eccependo la decadenza dal potere accertativo per l’anno 2003; inoltre rilevava che l’ufficio non aveva tenuto conto, come decremento patrimoniale, di due prelievi di denaro, uno di euro 500.000 per finanziare investimenti dell’anno 206, ed uno di euro 300.000 per pagare un premio assicurativo, per cui il saldo dell’anno 2006 – da cui derivava quello attribuito all’anno 2004 – doveva essere ridotto almeno di ulteriori 300.000 euro, facendo venire meno lo scostamento del 25% tra reddito accertato e dichiarato in due periodi di imposta consecutivi, presupposto per l’accertamento sintetico.
La CTP di Livorno accoglieva il ricorso; l’ufficio proponeva appello e la CTR della Toscana accoglieva l’impugnazione confermando l’accertamento.
Contro quest’ultima sentenza ricorrono le eredi di L. M., nel frattempo deceduto, sulla base di quattro motivi.
L’Agenzia non ha depositato controricorso e si è costituita al solo fine della partecipazione all’udienza.
Le eredi del contribuente hanno, poi, depositato memoria del 20.5.2019.
Considerato che
Con il primo motivo le contribuenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2728 c.c. in relazione all’art. 38 dpr 600 del 1973, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 comma 1, n. 3 e 4 c.p.c.). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della pronuncia (art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.).
La CTR ha violato i principi in tema di onere della prova e non ha motivato correttamente laddove, in favore dell’ufficio, si è limitata a recepire acriticamente le conclusioni dell’avviso di accertamento sul collegamento tra incrementi patrimoniali ed investimenti ai redditi, e dall’altro lato, non ha considerato la prova contraria offerta dal contribuente.
Il motivo è fondato, quanto meno sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Al riguardo, va preliminarmente rilevato che, nonostante la non precisa formulazione della rubrica per la parte relativa alla violazione di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. – perché trattandosi di ricorso del gennaio 2013, lo stesso era soggetto alla nuova formulazione della norma -, tuttavia dal corpo del ricorso emerge che il contribuente lamenta, in sostanza, tra l’altro, l’omesso esame da parte della CTR di un fatto storico decisivo, in particolare l’utilizzo di euro 300.000 per il pagamento di una polizza assicurativa.
In effetti, su questo elemento, fornito dal contribuente come prova contraria rispetto alla determinazione del reddito effettuata dall’ufficio, la CTR si è limitata ad affermare “il contribuente non ha saputo provare che il maggior reddito accertato era costituito da redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo di imposta”.
Il contribuente ha dedotto di avere eccepito fin dal primo grado che almeno tale importo, di euro 300.000, non doveva essere conteggiato nella determinazione dei redditi con metodo sintetico, perché il prelevamento era servito per pagare un premio assicurativo.
Su questo, come detto, la CTR non si è pronunciata, omettendo di prendere in considerazione tale fatto. Il nuovo esame, peraltro, dovrà prendere in considerazione l’effettiva rilevanza di tale importo ai fini della determinazione del maggior reddito accertato.
Nella parte conclusiva della sentenza, poi, la stessa CTR dà conto di una correzione agli importi effettuata dallo stesso ufficio in appello; in particolare, la correzione appare riferirsi al fatto che, mentre nello stesso avviso di accertamento si distingue tra reddito lordo (senza calcolare i redditi esenti), determinato in euro 320.229, e reddito finale ai fini dell’accertamento sintetico, al netto dei redditi esenti (individuati in euro 145.363) determinato in euro 159.564, l’importo dell’imposta di cui si discuteva in giudizio appariva essere stato calcolato sul primo, sul reddito lordo, anziché sul reddito al netto della parte esente. L’ufficio stesso ha provveduto alla correzione, con rideterminazione dell’imposta accolta dalla CTR, ma resta il fatto che nella esposizione non viene affermato se e come tale determinazione del reddito, al quale la CTR accede, tenga conto del fatto storico sopra indicato, dedotto dal contribuente. Il nuovo esame dovrà, quindi, anche chiarire questo aspetto.
Con il secondo motivo deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 4, dpr n. 600 del 1973 (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.). Insufficiente e contraddittoria motivazione (art 360 comma 1 n. 5 c.p.c.).
La CTR ha errato nel valutare lo scostamento che giustificava l’accertamento sintetico, prendendo a riferimento valori errati.
Il motivo è sostanzialmente assorbito dall’accoglimento del primo, perché la necessità di valutare il fatto che l’importo di euro 300.000 rappresentava un prelevamento per il quale il contribuente ha addotto una causale comporta la necessità di rivedere l’asserito maggior reddito determinato sinteticamente.
Con il terzo motivo deducono nullità della pronuncia in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato (omessa pronuncia sull’eccepita decadenza del potere di accertamento con riferimento all’anno 2003).
La CTR non si è pronunciata sull’eccezione di decadenza che il contribuente aveva sollevato in appello.
Il motivo è infondato, o comunque al limite della inammissibilità.
Se è vero, infatti, che la pronuncia nulla afferma su questo aspetto, per il quale il contribuente ha riportato il passo delle controdeduzioni in cui aveva eccepito la tardività dell’accertamento per il 2003, il motivo non precisa, però, la rilevanza della questione, atteso che l’anno di imposta oggetto della presente controversia è il 2004. Per quanto il motivo sia formulato ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., ciò non toglie che la denunciata omessa pronuncia debba avere una rilevanza nell’economia della vicenda, e cioè che la posizione del denunciate sia pregiudicata dall’addotta omissione.
Era, quindi, onere del contribuente dimostrare la rilevanza di questo motivo ai fini di causa.
Si può ipotizzare, come esplicitato meglio dal contribuente in memoria, che la finalità fosse quella di far venire meno uno dei presupposti dell’accertamento sintetico, che richiede che lo scostamento del reddito dichiarato riguardi almeno due periodi di imposta, secondo la formulazione dell’art 38 dpr 600 del 1973 vigente ratione temporis, laddove afferma che con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Tuttavia, se così fosse, occorre chiedersi se la sola decadenza dal potere accertativo – cioè il fatto che, in relazione ad uno degli anni presi in considerazione ai fini della verifica del requisito della non congruità, l’ufficio fosse decaduto dalla potestà accertativa -, influisca su tale presupposto dell’accertamento sintetico. Al riguardo, questa Corte ha già affermato in passato la legittimità dell’accertamento operato facendo riferimento ai fini dello scostamento anche ad altra annualità per la quale era intervenuta la decadenza dal potere impositivo (Sez. VI-5, n. 315 del 2018).
Con il quarto motivo deducono nullità della pronuncia in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art 112 c.p.c., mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con riguardo all’eccepita violazione, da parte dell’ufficio, delle disposizioni in materia di esercizio del potere di autotutela, di cui all’art. 2 c.m. n. 11 febbraio 1997, n. 37, e delle disposizioni di cui agli artt. 6, 7, 8 e 10 dello Statuto del Contribuente.
Il contribuente aveva rilevato in appello l’illegittima correzione da parte dell’ufficio dell’avviso di accertamento, mentre questi avrebbe dovuto procedere in autotutela, e la CTR non si è pronunciata al riguardo.
Il motivo è infondato.
La CTR, infatti, dà atto di una correzione dell’importo effettuata dall’ufficio nel corso del giudizio, qualificandolo come mero errore materiale, laddove afferma si conferma la corretta rideterminaizone dell’imposta e delle sanzioni dovute, come dedotto dall’Ufficio in sede di appello a seguito di errore materiale dello stesso.
In questo modo, ha sostanzialmente legittimato il modo di procedere dell’ufficio. Non vi è stata, quindi, la dedotta omessa pronuncia, indipendentemente dal merito della questione specifica, ed il vizio indicato, pertanto, non sussiste.
In conclusione, l’accoglimento del primo motivo – con assorbimento del secondo – determina la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio del procedimento alla CTR della Toscana, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Devono, invece, essere respinti il terzo e quarto motivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio del procedimento alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Rigetta il terzo e quarto motivo.
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