CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 settembre 2019, n. 24363
Pensione anticipata di vecchiaia – Lavoratori gravemente invalidi – Requisiti contributivi e sanitari – Sussistenza
Rilevato che
1. con sentenza in data 26 settembre 2013, la Corte d’Appello di Firenze ha rigettato il gravame dell’Inps e confermato la sentenza con la quale l’Istituto era stato condannato al pagamento, in favore dell’attuale intimato, dei ratei della pensione anticipata di vecchiaia, a decorrere dal 1° gennaio 2011, verificata la sussistenza dei requisiti contributivi e sanitari;
2. per la Corte territoriale il sistema delle finestre, introdotto dall’ art. 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge n. 122 del 2010, non si riferiva – per motivi letterali e logici – alla categoria dei lavoratori gravemente invalidi, e quindi alla pensione di vecchiaia anticipata, e si applicava soltanto a coloro che acquisiscono il diritto a pensione di vecchiaia al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici, essendo evidente l’esclusione dalla sfera di applicazione di coloro che possono conseguire la pensione di vecchiaia in età diversa perché invalidi in misura non inferiore all’80 per cento; in considerazione della peculiare condizione sanitaria dei predetti soggetti, il limite di età per la pensione anticipata non era slittato neppure in dipendenza dell’adeguamento dei requisiti di accesso agli incrementi delle speranze di vita, secondo la disciplina dettata, in proposito, dall’articolo 12, comma 12-bis del d.l. n. 78 del 2010;
3. contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps, con un motivo, illustrato da memoria, cui ha resistito, con controricorso, G.P., ulteriormente illustrato con memoria;
Considerato che
4. con l’unico motivo di ricorso l’Inps, denunciando violazione dell’articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78 convertito nella legge 30 luglio 2010 n. 122, assume che la norma ha disposto, in via generale, lo slittamento di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia e non si riferisce solo ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia a 60 anni, se donne, ed a 65 anni se uomini, dato che la regola introdotta opera anche nei confronti di tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento, compresi i pensionati di vecchiaia anticipata; aggiunge che il legislatore ha previsto espressamente le deroghe allo slittamento del conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia con i commi 4 e 5 dell’articolo 12 del d.l. n. 78 cit., fra le quali non rientra la pensione di vecchiaia anticipata e dei lavoratori invalidi, sicché la Corte salentina non si era data carico di analizzare le deroghe previste dalla disciplina citata pervenendo alla scorretta conclusione che la categoria dei soggetti aventi titolo alla pensione di vecchiaia anticipata non sarebbe stata incisa dal differimento di 12 mesi per il conseguimento del diritto al trattamento, pur non rientrando in alcuna delle ipotesi di deroga espressamente contemplate nei successivi commi 4 e 5;
5. il ricorso è da accogliere, in continuità con la giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, con Cass. n. 30133 del 2018 ed altre coeve conformi;
6. la disposizione dell’art. 12, comma 1, d.l. n. 78 del 2012, conv., con modif., in l. n. 122 del 2010, individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento al quale applicare il regime delle finestre ivi regolato e dunque lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia;
7. si tratta non solo dei ” soggetti che a decorrere dall’anno 2011 maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le lavoratrici del settore privato “, secondo la lettura riduttiva accolta dai giudici di merito, ma anche – oltre alle lavoratrici del pubblico impiego pure contemplate nella norma – di tutti gli altri soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti”
8. dal punto di vista letterale ed in base all’ampia proposizione dettata dalla legge, nel perimetro normativo rientrano i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dall’art. 1 del d.lgs. n. 502 del 1993 in relazione allo stesso settore privato;
9. quest’ultima normativa, al comma 1, ha subordinato il diritto alla pensione di vecchiaia “…al compimento della età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A allegata”, secondo la quale l’età pensionabile è stata portata a 65 anni per l’uomo e 60 anni per la donna;
10. il predetto art. 1, al comma 8 ha espressamente escluso gli invalidi in misura non inferiore all’80 per cento dall’ambito di applicazione dei più elevati limiti di età, con la conseguenza che, per essi, l’accesso al trattamento di vecchiaia è consentito all’età di 55 anni per le donne e di 60 anni per gli uomini;
11. la pensione anticipata in discorso va considerata un normale trattamento di vecchiaia (che matura sulla base dei soliti requisiti contributivi) e costituisce la risultante di una mera deroga all’applicazione di una norma generale concernente l’innalzamento della soglia dell’età pensionabile prima in vigore, nell’ipotesi in cui i beneficiari versino in uno stato di invalidità non inferiore all’80 per cento;
12. questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la regolamentazione della pensione di vecchiaia in oggetto comporta “una anticipazione dei normali tempi di perfezionamento del diritto alla pensione attuata attraverso un’integrazione ex lege del rapporto assicurativo e contributivo, che consente, in presenza di una situazione di invalidità, una deroga ai limiti di età per il normale pensionamento. Lo stato di invalidità costituisce, dunque, solo la condizione in presenza della quale è possibile acquisire il diritto al trattamento di vecchiaia sulla base del requisito di età vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 503/1992 ma non può comportare lo snaturamento della prestazione che rimane un trattamento diretto di vecchiaia (diretto a coprire i rischi derivanti dalla vecchiaia), ontologicamente diverso dai trattamenti diretti di invalidità (…diretti a coprire i rischi derivanti, appunto, dall’invalidità) previsti dalla legge 222/1984” (cfr. Cass., n. 11750 del 2015);
13. l’opzione interpretativa sul significato inclusivo dell’espressione “alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”, è confermata dal raffronto con l’analoga formula impiegata nella precedente normativa sulle finestre, dettata dall’art. 1 comma 5 della legge n.247 del 2007, la quale prevedeva appunto uno slittamento dell’accesso “per i soggetti che accedono…al pensionamento di vecchiaia con i requisiti previsti dagli specifici ordinamenti.
14. Il fatto che l’espressione utilizzata nella legge n. 247 del 2007 fosse tale da ricomprendere – pacificamente – tutte le pensioni di vecchiaia, ivi comprese quelle anticipate, spettanti agli invalidi all’80 per cento e che sussista una evidente similitudine con l’espressione utilizzata dal d.l. n. 78 del 2010 cit. (il riferimento ai requisiti prima è divenuto poi all’età, ma sempre in quanto previsti “dagli specifici ordinamenti”) conferma che quest’ultima normativa abbia inteso fare rinvio a tutte le norme, anche speciali, dettate in materia di accesso alle pensioni di vecchiaia;
15. se alla formula utilizzata dal legislatore (età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi) non venisse assegnato un valore residuale rispetto alle ipotesi prima specificamente individuate nella stessa disposizione, non si potrebbero comprendere, nel differimento dell’accesso alla pensione di vecchiaia, nemmeno i lavoratori di sesso maschile del pubblico impiego, posto che la norma si riferisce letteralmente nella sua prima parte soltanto alle “lavoratrici del pubblico impiego”;
16. vanno fatte salve le specifiche deroghe, che nel caso del d.l. n. 78 risultano previste dal comma 4 e 5 comma dell’art. 12 prima citato, deroghe che non includono i trattamenti di vecchiaia anticipata dei quali ora si controverte;
17. non è corretto sostenere che, per includere le pensioni di vecchiaia anticipate nel meccanismo delle finestre, la legge avrebbe dovuto esplicitarlo espressamente, dato che esse rientrano nell’ampio disposto (“alle età previste dagli specifici ordinamenti negli altri casi”) utilizzato, in via residuale, dal legislatore nello stesso articolo 12 cit. (e già impiegato in termini simili ed in via generale dall’art. 1 comma 5 della legge n. 247 del 2007);
18. nessun argomento contrario all’interpretazione qui accolta può essere tratto dalla normativa successiva, dettata dalla legge n. 214 del 2011 di conversione del d.l. n. 201 del 2011), che ha eliminato, in via generale (art. 24,commi 5, 6 e 7), con decorrenza dal 1° gennaio 2012, il sistema delle finestre mobili e la disciplina delle decorrenze di cui all’articolo 12 del d.l. n. 78 del 2010 per i soggetti titolari di pensione di vecchiaia e di pensione anticipata (di anzianità) che dalla stessa data sono stati assoggettati a requisiti assai più gravosi, rispetto al passato, per l’accesso al pensionamento e ha mantenuto la disciplina previgente in alcuni specifici casi (art. 24, commi 3, 14 e 15) e senza mai menzionare i pensionati di invalidità anticipata;
19. non vengono in rilievo, peraltro, cogenti principi di ordine costituzionale tali da consentire di sindacare soluzioni normative ispirate alla necessità del contenimento finanziario ed al riequilibrio del sistema previdenziale;
20. si tratta, inoltre, di scelte temporanee che non hanno mai posto in discussione la disciplina di favore stabilita, a monte, con l’art. 1, comma 8 del d.lgs. n. 503 del 1992 che ha sempre consentito, e tuttora consente, ai soggetti invalidi in misura non inferiore all’80 per cento l’anticipazione dell’accesso al pensionamento di vecchiaia ad un limite di età più favorevole rispetto a quello previsto per la generalità dei cittadini;
21. infine, lo stesso slittamento della pensione di vecchiaia, previsto dalla norma in oggetto, non comportava necessariamente l’abbandono del posto di lavoro durante l’anno di attesa dell’apertura della “finestra”, dato che in tale periodo l’assicurato invalido poteva, come qualsiasi altro lavoratore, continuare a lavorare ed anche accedere, medio tempore, ai trattamenti di invalidità previsti in caso di totale o parziale incapacità lavorativa;
22. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda;
23. la novità della questione e la complessità del quadro normativo consigliano la compensazione delle spese dell’intero processo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di G.P.; compensa le spese dell’intero processo.
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