CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 agosto 2018, n. 21487
Procedimento di indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione – Liquidazione dell’indennità – Determinazione delle spese processuali – Rispetto dei parametri minimi stabiliti dal decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014
Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, decidendo in sede di rinvio, con decreto depositato il 26/5/2016, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di N.V., M.T.A., I.G., A.I., G.M. e M.V., e per ciascuno di loro, la somma di € 1.166,00, a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo di equa riparazione, nonché le spese processuali, liquidate in complessivi € 405,00, oltre € 8,00 per esborsi, oltre accessori, spese tutte distratte in favore dei difensori antistatari, avvocati F.E.A. e G.B.F.;
che avverso il predetto decreto gli anzidetti istanti propongono ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato gli artt. 91, cod. proc. civ. e 2233, Cod. Civ., nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale, relativamente alla fase di rinvio; che l’Amministrazione intimata resiste con controricorso; considerato che l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui determina un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che <<In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa>>, non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il d.m. n. 140 risulta essere stato emanato (d.l. n. 1/2012, conv. nella l. n. 27/2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale; per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55, il quale non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il d.m. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 1018, 17/1/2018, Rv. 647642);
considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessive € 900,00 per la fase di rinvio si pone al di sotto dei limiti imposti dal d.m. n. 55, tenuto conto di valore della causa (da € 1.100,01 a € 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.);
considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa nel merito, il complessivo compenso, in relazione al giudizio di rinvio, può essere liquidato in € 1.198,50 (€ 255,00 per la fase di studio, € 255.00 per la fase introduttiva, € 283,50 per la fase istruttoria, € 405.00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo ex art. 11 I. n. 576/1980, con distrazione in favore degli avv.ti G.B.F. e F.E.A., che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;
considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle attività espletate, in favore dei difensori antistatari davanti a questa Corte;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del Ministero della Giustizia, per il giudizio di merito svoltosi innanzi alla Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio, l’importo complessivo di € 1.198,50, oltre spese generali e accessori, oltre € 8,00 per esborsi, distratto in favore degli avv.ti G.B.F. e F.E.A.; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli avv.ti G.B.F., F.E.A. e Ranieri Roda, liquida in € 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
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