CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 gennaio 2019, n. 2870
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione
Fatti di causa
1. P. U. C. s.r.l. (di seguito: “P. s.r.l.”) ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe di rigetto parziale dell’appello proposto avverso la sentenza dalla CTP di Napoli (n. 118/40/2009). Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato l’impugnazione della cartella di pagamento IVA, IRPEG ed IRAP 2002 (oltre sanzioni), notificata allo stesso ricorrente il 18 gennaio 2007. L’A.E., contro ricorrente, ricorre in via incidentale avverso la medesima sentenza e con due motivi.
2. Dalla sentenza impugnata nonché dagli atti di parte e dalla documentazione in essi riportata oltre che depositata emerge quanto segue.
3. La contribuente propose ricorso innanzi al Giudice tributario avverso cartella di pagamento per IVA, IRPEG ed IRAP (oltre sanzioni), relativamente al periodo d’imposta 2002, emessa all’esito di controllo liquidatorio della dichiarazione Mod. UNICO 2003, notificata il 18 gennaio 2007 (come pacificamente riconosciuto dal ricorrente oltre che dai controricorrenti). Trattasi di controllo liquidatorio previsto dall’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento alle imposte dirette (per l’IVA, vedasi invece l’art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).
4. La CTP di Napoli rigettò il ricorso con sentenza (n. 118/40/2009) parzialmente confermata in secondo grado dalla CTR di Napoli che, con la sentenza oggetto di attuale ricorso per cassazione, rigettò in parte l’appello proposto dal contribuente, condividendo l’iter logico-giuridico seguito dal Giudice di primo grado, ma ridusse le sanzioni ad un quarto di quelle edittali.
5. In particolare, la Commissione regionale ritenne tempestivamente notificata (il 18 gennaio 2007) la cartella di pagamento, ex art. 1, comma 5 bis, inserito nel d.l. del 17 maggio 2005, n. 106, dalla legge di conversione n. 156 del 31 luglio 2005. Il Giudice di secondo grado ritenne nella specie applicabile il disposto di cui alla lett. b) del citato comma 5 bis, per il quale la notifica delle cartelle di pagamento per la liquidazione delle dichiarazioni deve essere effettuata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003.
La CTR argomentò dalla compatibilità della detta disposizione con la I. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “statuto dei diritti del contribuente”) ed in particolare con quanto disposto dagli artt. 1, comma 1, e dall’art. 3, comma 3, che, in quanto introdotti con legge ordinaria, non avrebbero potuto vincolare lo stesso legislatore ordinario (richiamando anche Corte cost. n. 37 del 2004 e Corte cost. n. 11 del 2008). Sicché, la Commissione ritenne compatibile la deroga relativa ai termini di decadenza dalla notifica delle cartelle di pagamento, apportata (dal citato art. 1, comma 5 bis, del d.l. n. 106 del 2005) all’art. 25, comma 1, lett. a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato (il detto art. 25) dal comma 5 ter del medesimo art. 1 da ultimo citato (che, per il caso di specie, prevede il diverso termine del 31 dicembre del terzo, e non quarto, anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione).
Con riferimento alla doglianza relativa alla mancata comunicazione al contribuente dell’esito della liquidazione ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. “avviso bonario”), il Giudice di secondo grado ritenne non operante la sanzione della nullità prevista dall’art. 6, comma 5, del c.d. “statuto dei diritti del contribuente”. Nella specie, in particolare, furono ritenute insussistenti incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (presupposto invece necessario per l’operatività della detta sanzione della nullità). Alla mancata comunicazione di cui innanzi la CTR fece però comunque seguire la “riduzione delle sanzioni” della quale “il contribuente avrebbe beneficiato se tempestivamente informato della pretesa fiscale”. Sicché, in parziale accoglimento dell’appello del contribuente, la sentenza impugnata ridusse le sanzioni applicate ad un quarto di quelle edittali.
La CTR ritenne altresì infondato il motivo d’appello concernente la nullità della notifica della cartella per omissione della data in relata, anche se incontestata (la data), oltre che in ragione della sua esecuzione diretta per posta e non tramite Ufficiale giudiziario.
In merito la Commissione territoriale statuì quanto segue. “Sul primo rilievo interpreta l’organo nomofilattico, dal cui insegnamento non v’è motivo di discostarsi, che “la presentazione del ricorso da parte del contribuente sana ex art. 156 c.p.c. la nullità della notifica dell’atto…”, con riferimento invero a fattispecie ben più grave di quella in esame, in cui il contribuente non nega di avere ricevuta la cartella (Cass. civ. Sez. V, 12/07/2006, n. 15849), sul secondo rilievo si osserva che la produzione di fotocopia e non di originale della cartella non consente di rilevare l’effettiva inesistenza di relata di notifica, notoriamente poco leggibile già in originale delle cartelle””.
6. Contro la sentenza d’appello la contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, si difendono con controricorsi solo EQUITALIA CENTRO s.p.a. e l’A.E., quest’ultima propone anche ricorso incidentale affidato a due motivi.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso principale è infondato (con assorbimento del motivo n. 1 del ricorso incidentale) mentre fondato è il motivo n. 2 del ricorso incidentale, per le ragioni e nei termini di seguito evidenziati.
2. Con il primo motivo del ricorso principale (contrassegnato con la lettera “A”), ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce violazione e falsa applicazione:
– dell’art. 25, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 602 del 1973 (in materia di riscossione delle imposte dirette), nel testo novellato dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a), n. 2, inserito nel d.l. n. 106 del 2005, dalla legge di conversione n. 156 del 2006;
– dell’art. 1, comma 5 bis, lett. b) del citato d.l. n. 106 del 2005;
– dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, nel testo novellato dal citato art. 1, comma 5 ter, lett. b), n. 2;
– degli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000 (c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”).
In sostanza, il ricorrente si duole della mancata applicazione, alla fattispecie in esame, dei termini decadenziali per la notificazione della cartella di pagamento previsti dall’art. 25, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 602 del 1973 (come modificato dall’art. 1,, comma 5 ter, del d.l. 106 del 2005). I detti termini sarebbero quindi spirati il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della presentata dichiarazione (nella specie, quindi, il 31 dicembre 2006, in quanto in relazione a dichiarazione del 2003).
Per il contribuente la CTR avrebbe errato nell’interpretare e nell’applicare le norme di cui innanzi nel senso di ritenere legittima la deroga ai detti termini di decadenza (spiranti il 31 dicembre del terzo anno successivo), di cui al modificato citato art. 25, apportata dall’art. 1, comma 5 bis, lett. b), del d.l. n. 106 del 2005. L’art. 25 prevede infatti che la decadenza maturi al 31 dicembre del quarto anno successivo alla dichiarazione, per le dichiarazioni presentate nel 2002 e nel 2003. La deroga di cui innanzi, in particolare, non sarebbe compatibile con plurime norme del c.d. “Statuto dei diritti del contribuente”. Trattasi degli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000, a mente dei quali i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati (art. 3, comma 3) e le disposizioni della citata legge, in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali (art. 1, comma 1).
2.2. Il motivo in esame è infondato, per le plurime ragioni di seguito esplicitate.
2.3. La questione di diritto, alla quale deve darsi risposta negativa, inerisce l’ambito di operatività, temporale, della disciplina di cui all’art. 1, comma 5 bis del d.l. n. 106 del 2005, relativa ai termini decadenziali per la notificazione delle cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazione delle dichiarazioni, ed in particolare il se i rapporti con la disciplina prevista all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo novellato dal comma 5 ter del citato art. 1) siano di tipo derogatorio (della prima rispetto alla seconda) e quindi tali da violare gli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000. Ai sensi del citato art. 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000, infatti, i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati e le disposizioni della citata legge, in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali (art. 1, comma 1).
2.4. La disamina delle questioni di cui innanzi necessità di una ricostruzione, pur sintetica, delle vicende giurisprudenziali e normative che hanno portato alle attuali formulazioni delle norme di cui innanzi, per comprenderne rationes e ripercussioni applicative ed addivenire ad una interpretazione sia storica che teleologico- sistematica.
Occorre muovere da Corte cost., n. 280 del 2005 che (in materia di imposte dirette) ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, (come modificato dal d.lgs. 27 aprile 2001, n. 193), nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario avrebbe dovuto notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973. La Consulta ha premesso che, nel disciplinare il procedimento di riscossione delle imposte liquidate ai sensi del citato ex art. 36 bis, le disposizioni succedutesi nel tempo hanno sempre collegato l’atto finale ed “esterno” del procedimento stesso (la notifica della cartella) ad un atto precedente (consegna dei ruoli all’esattore) a sua volta legato ad atti preesistenti. Tale contesto normativo ha consentito di individuare con certezza il termine ultimo entro il quale portare il contribuente a conoscenza della pretesa dell’Amministrazione finanziaria. Il successivo venir meno della fissazione di un termine per la consegna dei ruoli al concessionario, però, non ha consentito più di individuare un termine certo per la notifica della cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del citato art. 36 bis. Così argomentando, quindi, il Giudice delle leggi ha ritenuto la censurata disposizione (art. 25 cit.) in contrasto con l’art. 24 Cost., non potendo il contribuente essere assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole (soprattutto considerando che l’Amministrazione, in tale procedimento, è chiamata a compiere una elementare operazione di verifica meramente formale). La Consulta all’esito ha altresì sollecitato un intervento legislativo volto a colmare, in termini ragionevoli, la lacuna conseguente alla dichiarazione di illegittimità costituzionale, dovendo il legislatore tenere conto del carattere estremamente elementare dell’attività di liquidazione in esame e della successiva attività di iscrizione nei ruoli. La Corte difatti ha ritenuto a sé preclusa la possibilità sia di determinare tale termine, competendo la sua individuazione alla ragionevole discrezionalità del legislatore, sia di individuare in taluno di quelli già previsti dalla legge (ma per attività “interne” all’Amministrazione) un termine che potesse disciplinare anche la (successiva) notifica della cartella di pagamento al contribuente.
Colto l’invito, il legislatore è intervenuto con i commi 5 bis e 5 ter inseriti nell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005 in sede di conversione (con I. n. 156 del 2005), introducendo un termine decadenziale per la notificazione delle cartelle di pagamento (all’esito di c.d. controlli liquidatori) in precedenza non previsto. Con riguardo alle cartelle emesse a seguito di controllo automatico delle dichiarazioni ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, sono previste una disciplina “a regime” (di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal citato comma 5 ter) e una “transitoria” (quella di cui al citato comma 5 bis). Quella a regime fissa quale termine decadenziale per la notificazione delle cartelle relative alle dichiarazioni presentate a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione citata (10 agosto 2006) il terzo anno successivo a quello di presentazione delle dichiarazioni. Quella transitoria prevede termini decadenziali diversi da quelli a regime, differenziandoli a seconda della data di presentazione delle dichiarazioni. Essi sono, nel dettaglio: a) il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004; b) il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003 (come quella oggetto del presente giudizio); c) il quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001.
Sempre il citato comma 5 ter (dell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005), in conseguenza di quanto previsto dal comma 5 bis ed al dichiarato fine di conseguire la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, non solo ha modificato il citato art. 25 del d.P.R. n. 603 del 1973 (in tema di cartella di pagamento per riscossione di imposte dirette) ma ha abrogato l’art. 17 del medesimo decreto, disciplinante i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo anche con riferimento alle ipotesi di controlli liquidatori ex art. 36 bis.
In tema di IVA, e sempre per le dichiarate finalità di cui innanzi, il comma 5 ter, per quanto rileva ai fini della presente ricostruzione, sostituendo l’art. 23 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (in tema di riscossione mediante ruolo), ha previsto che i termini di decadenza di cui all’art. 25, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973 (così come modificato con lo stesso comma 5 ter) si applicano anche all’IVA. Con lo stesso comma 5 ter, infine, per le medesime dichiarate finalità di cui innanzi, il legislatore ha sostituito il comma 2 dell’art. 36 del d.lgs. n. 46 del 1999, prevedendo che, in deroga all’art. 25, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 602 del 1973, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre: del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente a quelle presentate negli anni 2002 e 2003 (lett. a); del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente a quelle presentate entro il 31 dicembre 2011 (lett. b).
Sempre poi con riferimento alla riscossione delle somme dovute a seguito di controlli automatici, l’art. 37, comma 42, lett. a) , del d.l. n. 223 del 2006 (conv., con modif., dalla I. n. 248 del 2006) ha modificato l’art. 2 del d.lgs. n. 462 del 1997. Oltre all’abrogazione del comma 1 bis, è stato in particolare modificato il comma 1, disciplinante l’iscrizione diretta nei ruoli a titolo definitivo (anche) delle somme dovute a seguito dei controlli ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di imposte sui redditi) e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (in materia di IVA), espungendo il limite temporale contenuto nell’ultimo inciso (“entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione”).
Dalla ricostruzione storico-sistematica di cui sopra emerge la ratio dell’intervento legislativo attuato con il commi 5 bis e 5 ter dell’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005.
Trattasi di disciplina che trova giustificazione nell’esplicito obiettivo perseguito dal legislatore di garantire non solo l’interesse del contribuente a non essere assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato ma anche l’interesse dell’erario, parimenti meritevole di tutela, di evitare che, nella fase transitoria, un termine decadenziale eccessivamente ristretto possa precludere od ostacolare la notificazione delle cartelle relative alle dichiarazioni presentate anteriormente all’entrata in vigore della suddetta legge di conversione (n. 156 del 2005) e, quindi, pregiudicare la riscossione dei tributi. Se il termine decadenziale triennale fissato per la disciplina “a regime” fosse stato previsto anche per le cartelle relative alle dichiarazioni presentate fino al 2003, l’erario avrebbe perso la possibilità o di notificare tempestivamente dette cartelle (con riferimento a quelle relative alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001) o di fruire di un lasso di tempo adeguato per la notificazione delle stesse (con riferimento a quelle relative alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003). L’applicazione del termine “a regime” anche agli indicati rapporti pendenti alla data di entrata in vigore della citata legge n. 156 del 2005 avrebbe comportato, cioè, la consumazione, in tutto o in gran parte, del termine decadenziale di notificazione della cartella ancor prima dell’entrata in vigore della suddetta legge introducente lo stesso termine (per la detta ratio si vedano anche: Corte cost., n. 11 del 2008, che ha ritenuto costituzionalmente legittimo il termine di cui alla lettere c) dell’art. 1, comma 5 bis, del d.l. n. 106 del 2005, considerando non irragionevole una disciplina transitoria dei termini di decadenza per la notificazione delle suddette cartelle, divergente dalla disciplina a regime, oltre, nell’ambito di quella transitoria, la differenza del termine di cui alla detta lettera da quello previsto dalla altre lettere del medesimo comma; Corte cost., n. 178 del 2008, che ha richiamato Corte cost., n. 11 del 2008 nel dichiarate manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 46 del 1999, come modificato dal citato art. 1, comma 5 ter del d.l. n. 106 del 2005, ritenendo non irragionevole il diverso termine quadriennale di cui alla disciplina transitoria rispetto a quello triennale previsto dalla disciplina a regime).
2.5. La ratio legis dell’intervento normativo e l’interpretazione storica oltre che teleologico-sistematica della relativa disciplina, conducono alla risoluzione della questione di diritto in esame.
In tema di termini decadenziali per la notificazione delle cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazione delle dichiarazioni, il rapporto tra la disciplina di cui all’art. 1, comma 5 bis del d.l. n. 106 del 2005 e quella prevista dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo novellato dal comma 5 ter del citato art. 1) non è in termini di deroga (art. 1, comma 5 bis) rispetto alla regola (art. 25) bensì di disciplina “transitoria” (la prima) e disciplina “a regime” (la seconda). Quella di cui al comma 5 bis è difatti norma di diritto intertemporale, volta a regolare rapporti tributari pendenti alla data della sua entrata in vigore, cioè quelli inerenti le dichiarazioni già depositate (nei periodi temporali ricompresi nella stessa disposizione transitoria) ed oggetto di controlli liquidatori (per le conseguenze applicative della natura transitoria della normativa in esame si veda, ex plurimis, Cass. sez. 5, 13/12/2017, n. 29845, Rv. 646572-01, per la quale trattasi di disciplina applicabile non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’Ente impositore ma anche a quelle ancora sub iudice; in senso sostanzialmente conforme si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 5, 18/11/2015, ri. 23550, Rv. 637432-01, per la quale la disciplina transitoria si applica anche ai rapporti tributari anteriori alle sua entrata in vigore, in forza della natura interpretativa dell’intervento normativo; Cass. sez. 5, 09/07/2014, n. 632506-01; Cass. sez. 5, 05/10/2012, n. 16990, Rv. 623837-01; Cass. sez. 5, 30/01/2011, n. 2212, Rv. 616529-01; Cass. sez. 5, 21/07/06, n. 16826, Rv. 593128- 01; Cass. sez. 5, 25/01/2006, n. 1435, Rv. 586930-02; in senso sostanzialmente difforme dalle precedenti, Cass. sez. 5, 04/02/2011, n. 2681, Rv. 616532-01, per la quale le disciplina in esame non si applica alle cartelle notificate prima della sua entrata in vigore, non potendo la norma considerarsi automaticamente retroattiva in assenza di una esplicita indicazione legislativa).
La disciplina di cui all’art. 1, comma 5 bis, del d.l. 106 del 2005, quindi, non avendo portata derogatoria rispetto a quella prevista dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo novellato dal comma 5 ter del citato art. 1), non viola gli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000.
A quanto innanzi deve altresì aggiungersi che la tesi del ricorrente vorrebbe attribuire agli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000 natura, se non costituzionale, superprimaria ed introducente il principio di “fissità” (o “immodificabilità”) delle disposizioni statutarie. Tali disposizioni, invece, pur qualificate in termini di principi generali dell’ordinamento, non hanno valenza superiore a quella della legge ordinaria, con la quale sono adottate (ex piurimis, Cass. sez. 6-5, 22/01/2014, n. 1274, Rv. 629018-01; Cass. sez. 5, 07/1172012, n. 19225, Rv. 624223-01; si vedano anche: Corte cost., n. 216/2004, per la quale le dette disposizioni non rappresentano norme interposte ma criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria; Corte cost., n. 180/2007, e Corte cost., n. 428/2006).
La normativa in esame (art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. n. 106 del 2005), infine, non costituisce comunque legge speciale (ai sensi dell’art. 1, comma 1, della I. n. 212 del 2000), tale da apportare una regolazione caso per caso, ma, per converso, anche in forza della descritta ratio, è disposizione volta a dettare una disciplina generale in tema di decadenza dalla notificazione di cartelle di pagamento emesse all’esito delle liquidazioni delle dichiarazioni dei contribuenti, ancorché non solo a regime ma anche in via transitoria.
2.6. Il primo motivo del ricorso principale deve quindi essere rigettato in applicazione del seguente principio di diritto, formulato ex art. 384 c.p.c.
“In tema di notificazione delle cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazione delle dichiarazioni dei contribuenti, il rapporto tra la disciplina decadenziale di cui all’art. 1, comma 5 bis del d.l. n. 106 del 2005 e quella prevista dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 (nel testo novellato dal comma 5 ter dello stesso art. 1) non è in termini di deroga (ad opera della prima) rispetto alla regola (dettata dalla seconda) bensì di disciplina “transitoria” (quella ex art. 1, comma 5 bis) e disciplina “a regime” (art. 25 cit.); sicché, la disciplina dei termini decadenziali prevista dall’indicato art. 1, comma 5 bis non viola le disposizioni di cui agli artt. 1, comma 1, e 3, comma 3, della I. n. 212 del 2000. Queste ultime, comunque, non hanno valenza superiore a quella della legge ordinaria (con la quale sono adottate) e l’art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. n. 106 del 2005, non costituisce legge speciale, tale da apportare una regolazione caso per caso, ma disposizione volta a dettare una disciplina generale, ancorché non solo “a regime” ma anche in via transitoria“.
3. Con il secondo motivo del ricorso principale (contrassegnato con la lettera “B”), c.d. “misto” (o “complesso”), si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., omessa motivazione della sentenza con riferimento al profilo della notifica della cartella (effettuata direttamente a mezzo posta da EQUITALIA e non tramite ufficiale giudiziario).
Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce altresì violazione e falsa applicazione dell’art. 14 della I. 20 novembre 1982, n. 890, degli artt. 25 e 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e dell’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’art. 149 c.p.c.
In sostanza, a detta del ricorrente, la Commissione regionale avrebbe erroneamente ritenuto affetta da mera nullità (quindi sanabile ed effettivamente sanata) e non da inesistenza la notifica eseguita in via diretta e senza il rispetto delle forme previste dall’art. 149 c.p.c. in combinato con l’art. 14 della I. n. 890 del 1982.
3.1. Il motivo in esame è infondato (con assorbimento del motivo n. 1 del ricorso incidentale dell’A.E.).
L’omessa motivazione è dedotta con riferimento al presente passaggio motivazionale.
“Sul primo rilievo interpreta l’organo nomofilattico, dal cui insegnamento non v’è motivo di discostarsi, che “la presentazione del ricorso da parte del contribuente sana ex art. 156 c.p.c. la nullità della notifica dell’atto…”, con riferimento invero a fattispecie ben più grave di quella in esame, in cui il contribuente non nega di avere ricevuta la cartella (Cass. civ. Sez. V, 12/07/2006, n. 15849), sul secondo rilievo si osserva che la produzione di fotocopia e non di originale della cartella non consente di rilevare l’effettiva inesistenza di relata di notifica, notoriamente poco leggibile già in originale delle cartelle”.
Dalla riportata parte motiva, per converso, si evince, da parte della CTR, la considerazione della doglianza ritenendo sanata la dedotta ipotesi di nullità.
Il motivo è infondato anche nella parte in cui censura la sentenza impugnata ex art. 360, comma 1, n. 3, per non aver ritenuto la CTR inesistente (e, quindi, non sanabile) la notifica diretta in quanto non praticabile dal concessionario.
Su punto deve farsi applicazione di principio già sancito da questa Corte, dal quale non vi sono motivi per discostarsi.
In tema di riscossione delle imposte, difatti, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata. Ciò in quanto è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (ex plurimis, Cass. sez. 5, 19/03/2014, n. 630819-01; si vedano altresì, ex plurimis: le successive conformi, Cass. sez. 5, 06/03/2015, n. 4567, Rv. 634996- 01, e Cass. sez. 3, 17/10/2016, n. 20918, Rv. 642933-01, nonché le precedenti conformi Cass. sez. 5, 27/05/2011, n. 11708, Rv. 618236- 01, e Cass. sez. 5, 19/06/2009, n. 14327, Rv. 608713-01)
3.2. La decisione (di rigetto) in merito al primo motivo del ricorso principale assorbe quella relativa al motivo n. 1 del ricorso incidentale. Con esso, difatti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per non aver, la CTR, dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione avente ad oggetto la dedotta “inesistenza” della notifica della cartella di pagamento, non essendo stata essa prospettata in primo grado.
5. Con il motivo n. 2 del ricorso incidentale dell’A.E., ex art. 360, comma 1, n. 3, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, e 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000.
Nella sostanza l’A.E. si duole dell’interpretazione data dalla CTR alle norme di cui innanzi nel senso per il quale l’omessa comunicazione al contribuente dell’esito delle liquidazione prevista dall’art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, implicherebbe, nel caso di insussistenza dei presupposti per l’operatività della sanzione della nullità, prevista (dall’art. 6, comma 5, della I. n. 212 del 2000) per il caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, la riduzione delle sanzioni ex art. 2, comma 2, del d.P.R. 18 dicembre 1997, n. 462 (peraltro applicata dalla Commissione regionale in percentuale maggiore rispetto a quella invece prevista dall’art. 2 da ultimo citato).
Con riferimento alla doglianza relativa alla mancata comunicazione al contribuente dell’esito della liquidazione ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. “avviso bonario”), il Giudice di secondo grado ha ritenuto infatti non operante la sanzione della nullità prevista dall’art. 6, comma 5, del c.d. “statuto dei diritti del contribuente”, non ravvisando, nella specie, sussistenti incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione (quale presupposto necessario per l’operatività della detta sanzione della nullità). La CTR, però, ha riconnesso alla mancata comunicazione la “riduzione delle sanzioni” della quale “il contribuente avrebbe beneficiato se tempestivamente informato della pretesa fiscale”. Sicché, in parziale accoglimento dell’appello del contribuente, la CTR ha ridotto le sanzioni applicate ad un quarto di quelle edittali.
5.1. Il motivo in esame è fondato.
In questione di diritto posta all’attenzione di questa Corte inerisce il se il Giudice tributario possa ridurre (ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997) la sanzione amministrativa pecuniaria dopo aver ritenuto, in concreto, insussistenti i presupposti per l’operatività della sanzione della nullità della cartella di pagamento prevista, dall’art. 6, comma 5, della I. n 212 del 2000, con riferimento u, all’ipotesi di violazione del contraddittorio endoprocedimentale per l’omessa comunicazione del c.d. “avviso bonario” di cui all’art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, sempre che tale comunicazione, nella specie, sia dovuta. Ci si chiede in particolare se ciò possa disporsi a prescindere dall’intervenuto pagamento delle somme dovute.
La risposta al detto quesito è negativa.
La comunicazione, al contribuente o al sostituto d’imposta, dell’esito della liquidazione (delle dichiarazioni) ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (c.d. . “avviso bonario”), ha la finalità di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, come esplicitamente emerge dal comma 3 del citato art. 36 bis. Essa peraltro è dovuta (ex art. 36 bis cit., per le imposte dirette, e art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, per l’IVA), solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta, come chiarito anche da (Cass. sez. 5, 06/07/2016, n. 13759, Rv. 640341-01).
L’art. 2, comma 2, del d.P.R. n. 462 del 1967, limitatamente a quanto rileva ai presenti fini, dispone poi, con riferimento alla riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi del citato art. 36 bis (o, in materia di IVA, dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972), che l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dal detto art. 36 bis, comma 3 (o, in materia di IVA, dal comma 3 del citato art. 54 bis). In tal caso (intervenuto pagamento delle somme dovute nel termine di trenta giorni) l’ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto (ad un terzo).
Sicché, presupposto per la riduzione delle sanzioni in esame è l’intervenuto pagamento delle somme dovute in base al controllo ex art. 36 bis cit. (o, per l’IVA, ex art. 54 bis cit.), nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’esito della liquidazione ovvero decorrenti dalla notificazione della cartella di pagamento nel caso di omissione del c.d. “avviso bonario”, qualora essa (omissione) non integri causa di nullità della cartella stessa bensì mera irregolarità a cagione dell’insussistenza di rilevanti incertezze su aspetti importanti della dichiarazione. Quanto detto vale anche nel caso in cui nella stessa cartella non sia contenuta alcuna comunicazione della possibilità della riduzione delle sanzioni dovute ex art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997. La mera irregolarità di cui innanzi non preclude difatti il pagamento del dovuto a seguito della notificazione della cartella di pagamento, con conseguente operatività della riduzione della sanzione (Cass. sez. 5, 06/07/2016, n. 13759, Rv. 640341-01).
5.2. In forza di quanto innanzi, la sentenza impugnata deve essere cassata, decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, limitatamente alla riduzione delle sanzioni operata dalla Corte territoriale, ex art. 384 c.p.c. ed in forza del seguente principio di diritto.
“In materia di violazione di norme tributarie, presupposto per la riduzione delle sanzioni ex art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 è l’intervenuto pagamento delle somme dovute a seguito dei controlli automatici, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici, effettuati ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 o, in materia di IVA, dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’esito della liquidazione ovvero decorrenti dalla notificazione della cartella di pagamento, nel caso di omissione del c.d. “avviso bonario”, qualora essa (omissione) non integri causa di nullità della cartella stessa bensì mera irregolarità, per l’insussistenza di rilevanti incertezze su aspetti importanti della dichiarazione“.
Sicché, ha errato la CTR nell’operare la detta riduzione (peraltro ad un quarto e non ad un terzo dell’ammontare) nonostante l’omesso pagamento delle somme dovute nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della cartella di pagamento, a cagione dell’omesso c.d. “avviso bonario”, ritenuto in concreto dovuto ma nella specie integrante, la relativa omissione, mera irregolarità.
6. In conclusione, è rigettato il ricorso principale proposto dal contribuente (con assorbimento del motivo n. 1 del ricorso incidentale nella decisione del secondo motivo del ricorso principale) nonché accolto il secondo motivo del ricorso incidentale proposto dall’A.E.
Per l’effetto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, cassata la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e decidendo nel merito, è rigettato il ricorso originario del contribuente, con compensazione delle spese relative ai giudizi di merito, in ragione della novità della questione inerente la riduzione delle sanzioni (oggetto dell’accolto ricorso incidentale).
Il ricorrente è altresì condannato al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore selle sole parti costituite in giudizio, in ragione dei parametri applicabili ratione temporis: in euro 10.260,00, oltre il 15% per spese generali, IVA e C.N.P.A., come per legge, in favore del controricorrente EQUITALIA CENTRO s.p.a., ed in eurol0.260,00, oltre spese prenotate a debito, in favore della controricorrente A.E.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale proposto dal contribuente, con assorbimento del primo motivo del ricorso incidentale proposto dall’A.E., accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale proposto dall’A.E., cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente, con compensazione delle spese processuali relative ai giudizi di merito; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore delle sole parti costituite in giudizio, in: euro 10.260,00, oltre il 15% per spese generali, IVA e C.N.P.A., come per legge, in favore del controricorrente EQUITALIA CENTRO s.p.a., ed in euro 10.260,00, oltre spese prenotate a debito, in favore della controricorrente A.E.; spese del merito compensate.
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