CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2018, n. 20299
Tributi – Imposta di registro – Agevolazioni “prima casa” – Decadenza dei benefici per mancato trasferimento nei termini della residenza – Proroga biennale dei termini di accertamento prevista dall’art. 11, co. 1 della Legge n. 289/2002 – Applicabilità
Rilevato in fatto
G.A.C. impugnava l’avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate sul rilievo che egli era decaduto dalle agevolazioni fiscali fruite per l’acquisto della prima casa, non avendo trasferito la residenza nel Comune ove era sito l’immobile entro il termine di legge.
Sosteneva il ricorrente che l’ufficio era decaduto dal potere accertativo per aver proceduto al recupero dell’imposta non versata oltre il termine triennale previsto dall’art. 76 dpr 131/86.
Invero l’immobile era stato acquistato con atto registrato il 27.12.2002 mentre l’atto impositivo era stato notificato il 14.1.2008. L’Ufficio si costituiva sostenendo la tempestività della notifica dell’atto impositivo in quanto, anche in materia di agevolazioni tributarie, era applicabile la proroga biennale prevista dall’art. 11, comma 1, legge 289/2002.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso del contribuente e la decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale osservava che l’atto di liquidazione relativo alle imposte non era condonabile e, dunque, non era possibile ipotizzare la proroga invocata dall’Ufficio.
Avverso la sentenza depositata il 20.10.2010, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione svolgendo un motivo.
Il contribuente resiste con controricorso.
Ritenuto in diritto
1. Va disattesa preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione.
In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. SU n. 9100/2015).
2. Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 l. n. 289/2002, per avere la CTR errato nell’affermare che ai termini per notificare l’avviso di liquidazione conseguente alla perdita del beneficio connesso all’acquisto della prima casa non potesse applicarsi la proroga prevista dal citato articolo.
La censura è fondata.
2. a. Il d.l. n. 282/2002, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2003, che vi ha inserito l’art. 5 bis, ha introdotto, dopo il comma 1 dell’art. 11 della l. n. 289/02, il comma 1 bis, secondo cui “Le violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite con il pagamento delle maggiori imposte a condizione che il contribuente provveda a presentare entro il 16 aprile 2003 istanza con contestuale dichiarazione di non volere beneficiare dell’agevolazione precedentemente richiesta. La disposizione non si applica qualora, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stato notificato avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte”. Ne consegue che l’imposta dovuta per la perdita del beneficio connesso all’acquisto della prima casa rientrava nel campo di applicazione del condono.
Ciò posto, va poi considerato che costituisce principio più volte affermato da questa Corte quello secondo cui, in tema di perdita del beneficio fiscale concesso per la prima casa ai fini dell’imposta di registro, il termine per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta – dovuta a decorrere dal momento in cui è rimasto ineseguito il proposito di trasferire la propria residenza nel Comune in cui è sito l’immobile – resta soggetto alla sospensione prevista dall’art. 11, comma 1, L. n. 289 del 2002, in materia di definizione agevolata degli avvisi di liquidazione della maggiore imposta di registro, ed è prorogato di due anni, ai sensi di detto articolo (Cass. n. 24683 del 19/11/2014, Cass. n. 279 del 08/01/2013; Cass. n. 1672 del 2011; Cass. n. 12069 del 17/05/2010; Cass. n. 24575 del 03/12/2010; Cass. n. 15750 del 2010; Cass. n. 4321 del 2009). Ciò in quanto l’art. 11, comma 1 bis, della legge consente la condonabili anche dei recuperi fiscali fondati sulla violazione di norme che stabiliscono agevolazioni fiscali; consegue che, per dar modo ai contribuenti di avvalersi della facoltà, con la derivata necessità di controllo delle istanze da parte dell’Amministrazione, la proroga biennale dei termini di accertamento, in via generale stabilita dall’art. 11, comma 1 cit., deve ritenersi applicabile anche con riferimento ai recuperi per violazione di norme in tema di agevolazioni. (Cass. 2802/2016).
3. Il collegio non ignora che, secondo un indirizzo minoritario di questa Corte, la proroga in questione, in caso di omessa presentazione o inefficacia dell’istanza di condono, è applicabile anche alla definizione delle violazioni riguardanti le connesse agevolazioni tributarie a condizione che, al momento in cui si è verificato l’evento determinante la revoca del beneficio fiscale, non sia già spirato il termine per proporre domanda di condono, atteso che, se entro tale data non c’è alcuna violazione, difettano i presupposti giuridici del condono e, dunque, della proroga (Cass. 25 novembre 2015, n. 24118; Cass. 10 luglio 2016, n. 13545).
Il collegio ritiene tuttavia di condividere l’orientamento maggioritario, di recente ribadito da Cass. 3541/2018, che, pronunciandosi nuovamente sulla questione, ha richiamato l’ordinanza n. 356 del 2008 della Corte costituzionale, la quale ha affermato che la proroga disposta dalla norma censurata ha la finalità non di “punire” chi abbia scelto di non avvalersi del condono, ma di ovviare al sensibile aggravio di lavoro e ai relativi rischi di disservizio e di mancato rispetto degli ordinari termini di prescrizione e di decadenza della pretesa fiscale, ed è, dunque, diretta a tutelare il preminente interesse dell’amministrazione finanziaria al regolare accertamento e riscossione delle imposte nei confronti del contribuente, indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo non si sia avvalso, per qualche ragione (giuridica o di fatto), dell’agevolazione.
La Corte ha ritenuto che, poiché l’art. 11, comma 1 bis, della L. n. 289/2002 consente la condonabilità anche dei recuperi fiscali fondati sulla violazione di norme che stabiliscono agevolazioni fiscali, per dar modo ai contribuenti di avvalersi della facoltà, con la derivata necessità di controllo delle istanze da parte dell’Amministrazione, la proroga biennale dei termini di accertamento, in via generale stabilita dall’art. 11, comma 1 cit., deve ritenersi applicabile anche con riferimento ai recuperi per violazione di norme in tema di agevolazioni.
Inoltre, il comma 1 – bis, con la dizione «le violazioni relative alla applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite.. » esprime testualmente il concetto che le violazioni delle disposizioni agevolative sono del tutto assimilate alle violazioni relative alla enunciazione del valore degli immobili di cui al comma che precede; da ciò si deduce che la proroga prevista nel comma 1 per le violazioni in esso contenute si applica anche a quelle di cui al comma 1 – bis, senza necessità di un esplicito richiamo.
Nel caso di specie l’avviso di accertamento è stato notificato entro il termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, dPR n. 131/86, come prorogato, decorrente non dalla registrazione dell’atto ma dalla scadenza dei 18 mesi previsti dall’art. 1 della nota 11 bis comma 1 lett. A) del medesimo dPR, e cioè dal momento in cui l’invocato proposito di trasferimento della residenza, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile (Cass. n. 28860/2017).
Deve pertanto escludersi che l’Agenzia delle Entrate sia incorsa nell’eccepita decadenza.
La sentenza impugnata deve in conseguenza essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, che procederà all’esame delle questioni di merito ritenute assorbite e pronuncerà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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