CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2018, n. 20300
Agevolazioni tributarie – Agevolazioni “prima casa” – Compravendita – Abitazione del proprio nucleo familiare
Ritenuto in fatto
F.S. impugnava innanzi alla CTP di Roma l’avviso di liquidazione notificatole il 26 maggio 2006, con il quale l’Agenzia delle Entrate disponeva la revoca delle agevolazioni di cui al DPR 131/86 in relazione all’atto di compravendita n.2011 IV 4586, con il quale la ricorrente aveva acquistato nel comune di Roma un appartamento da destinare ad abitazione del proprio nucleo familiare; la motivazione della revoca era fondata sulla circostanza che al momento dell’acquisto la contribuente era proprietaria di un altro immobile acquistato con rogito registrato in data 30.4.1986.
A sostegno dell’impugnazione la contribuente deduceva che l’appartamento in precedenza acquistato era, per la ridotte dimensioni, inidoneo ad essere destinato ad abitazione del proprio nucleo familiare composto di tre persone. La Commissione adita, con sentenza n. 165/11/2009 accoglieva il ricorso ritenendo coerente con la ratio delle disposizioni agevolative valutare l’idoneità anche soggettiva dell’immobile a soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare dell’acquirente.
La decisione era riformata dalla CTR del Lazio che, con la sentenza n.167/22/11, depositata il 4.5.2011, accoglieva l’appello dell’Ufficio sul presupposto che la definizione di casa di abitazione non andasse riferita alla superficie ma al parametro oggettivo della classificazione catastale. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione con unico motivo.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
Ritenuto in diritto
1. Deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile il controricorso della Agenzia delle Entrate. Ed invero, il ricorso è stato notificato all’ufficio in data 16.12.2011, mentre il controricorso è stato notificato alla contribuente solo in data 9.2.2012, ben oltre il termine di 40 giorni previsto dal combinato disposto degli artt. 370 e 369 c. p.c..
2. Con l’unico motivo la contribuente denunzia -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc. – violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota 2 bis della Tariffa parte prima allegata al dpr 131/1986 lamentando che la CTR abbia ritenuto legittima la revoca dell’agevolazione, nonostante l’appartamento in precedenza acquistato, avente ad oggetto una superficie di mq 15, non fosse idoneo alle esigenze abitative del nucleo familiare della contribuente.
La censura è fondata.
3. Il DPR n. 131/1986 indica quale presupposto dell’ottenimento dell’agevolazione “prima casa” la non titolarità (e cioè la cosiddetta “impossidenza”), da parte dell’acquirente: a) «dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare» (Nota II-bis, comma 1, lett. b), all’articolo 1, TP1); b) «dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni» tempo per tempo vigenti a far tempo dalla legge 22 aprile 1982, n. 168, in avanti (Nota II-bis, comma 1, lett. c), all’articolo 1, TP1). L’elemento impediente del citato Decreto è la mera “pre- possidenza” di un’«altra casa di abitazione», e cioè senza null’altro aggiungere per qualificare tale “pre-possidenza” di altra casa (o situata nel medesimo Comune o acquistata con l’agevolazione in parola), indipendentemente dalle sue caratteristiche strutturali. Detto riferimento alla “pre-possidenza” (senza altra qualificazione) di un’«altra casa» qualsiasi, è da ritenere un riferimento consapevole operato dal legislatore. Difatti, l’attuale formulazione normativa venne introdotta dopo le modifiche che, dal 24 gennaio 1993 al 31 dicembre 1995, regolarono la materia: il disposto dell’articolo 1, comma 1, d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993 n. 75 (per il quale l’acquirente doveva dichiarare «di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione», quando in precedenza era invece richiesto che l’acquirente dichiarasse “solo” «di non possedere nel territorio dello Stato altro fabbricato o porzioni di fabbricato destinati ad uso di abitazione»), e poi l’articolo 16, d.l. 22 maggio 1993, n. 155, convertito in legge 19 luglio 1993 n. 243 (il quale ribadiva che l’acquirente doveva dichiarare «di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione»).
Dopo due anni dall’entrata in vigore della norma recante quel concetto di “idoneità” (vale a dire dell’articolo 1, comma 1, d.l. 23 gennaio 1993, n. 16 convertito in legge 24 marzo 1993, n. 75), il legislatore intervenne con l’articolo 3, comma 131, legge 28 dicembre 1995, n. 549 (in vigore dal 10 gennaio 1996 e dunque attinente al caso di specie), ripristinando lo status quo erat ante, e cioè sancendo che l’acquirente dovesse dichiarare solamente «di non essere titolare […] dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare» (e, quindi, espungendo dal testo normativo qualsiasi riferimento alla “idoneità” del fabbricato pre-posseduto e, con esso, qualsiasi valutazione soggettiva in ordine alla capacità della casa preposseduta a costituire, o meno, una soddisfacente sistemazione abitativa).
4. Benché la legislazione successiva al 31 dicembre 1995 non menzionasse più il requisito della “idoneità” della casa “pre- posseduta” (previsto invece nella legislazione vigente tra il 24 gennaio 1993 e il 31 dicembre 1995), la giurisprudenza di legittimità ha in un primo momento ritenuto che, in realtà, essa non lo avesse espunto, poiché il concetto di abitazione presuppone implicitamente il requisito della “idoneità”, con la conseguenza che, se la casa “pre- posseduta” (ovunque ubicata e anche se acquistata con l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”) non è “idonea”, la sua presenza non impedirebbe l’ottenimento (o la reiterazione) dell’agevolazione “prima casa” in occasione di un nuovo acquisto. Il concetto di idoneità o inidoneità è stato ritenuto intrinseco alla nozione di abitazione, risultando del tutto irrilevante la rimozione del relativo termine dalla disposizione in parola ( v. Cass. sentenza 2009 n. 18129).
5. Un difforme orientamento della giurisprudenza di legittimità ha valorizzato invece la nuova dizione dell’art. 1, nota seconda bis, tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nel testo vigente ratione temporis alla data del rogito (nella specie, stipulato nel marzo 2001), che condiziona l’agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà “di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è situato l’immobile da acquistare”, senza più menzionare anche il requisito “dell’idoneità dell’immobile”, presente invece nella precedente formulazione della norma. Su tale rilievo, secondo questo indirizzo, non assume interesse la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, rilevando il solo parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso (Cass.2017/14770). Senonché, la Corte, in questo caso, si è occupata dell’ipotesi di cui alla lett. c) DPR 131/1981, ai sensi della quale “l’acquirente dell’immobile agevolato non potrà invero fruire nuovamente del beneficio in discussione per altro immobile” (Cass. sez. V, n. 14510/16), la quale sotto il profilo intertemporale ha altresì precisato che “Il regime precedente a quello di cui all’art. 1, Nota 2 bis, Parte 1, Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 cit. – regime regolato dal D. L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, comma 1, conv. con mod. in L 5 aprile 1985, n. 118 – vietava espressamente che il contribuente potesse “usufruire” del beneficio cosiddetto prima casa più di una volta. Divieto peraltro ribadito dalla L 31 dicembre 1991, n. 415, art. 3, comma 2. Il divieto in parola venne poi espressamente escluso dal D. L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 16, comma 2 (…); il divieto in discorso nemmeno compare più nell’art. 1, Nota 2 bis, n. 1, lett. c), Parte 1, Tariffa 1 allegata al D.P.R. n. 131 cit., applicabile ratione temporis, laddove è soltanto stabilito che condizione per il riconoscimento del beneficio è che chi lo richiede non sia in attualità proprietario o non abbia altri diritti reali su di un’abitazione per cui abbia già “usufruito” dell’agevolazione. La breve sintesi della successione normativa rende evidente che il legislatore – che con il D. L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 3, comma 14, lett. c), convertito con modificazioni in L 28 febbraio 1997, n. 30, ha aggiunto la Nota 2 bis all’art. 1, Parte 1, Tariffa 1, allegata al D.P.R. n. 131 cit. – ha voluto preservare la possibilità che il contribuente potesse “in vita” usufruire più volte del beneficio cosiddetto prima casa, soltanto subordinandolo alla condizione di non essere “titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto e dal coniuge con le agevolazioni” (Cass. Sez. V, n. 8548/16). Secondo detta interpretazione, la disciplina dell’abitazione prima casa trascende – nell’ipotesi di cui alla lett. c) Nota II DPR 131/1986 – dall’utilizzazione abitativa dell’immobile acquistato, circostanza che avrebbe potuto attribuire rilevanza alla idoneità o inidoneità soggettiva- oggettiva dell’immobile agevolato, ponendo, come limite impeditivo alle agevolazioni, la possidenza di altri immobili o diritti su altre abitazioni nel medesimo comune o in altri comuni del territorio nazionale acquistati con le agevolazioni.
6. Detto ultimo indirizzo appare condivisibile nei limiti in cui si interpretano le discipline di cui alle lett. b) e c) in conformità della lettera e della ratio della legge ed ai principi costituzionali. Secondo la lett. b della Nota II all. alla Tariffa I del DPR citato, la pre-possidenza dell’abitazione, acquistata senza agevolazioni (la circostanza contraria nella specie non è stata nemmeno dedotta), ubicata nel comune in cui si vuole acquistare con le agevolazioni la prima casa, rileva solo se il primo alloggio presenta il requisito dell’idoneità abitativa in senso soggettivo ( o oggettivo); mentre, nell’ipotesi di cui alla lett. c), la titolarità anche della nuda proprietà di altra abitazione, acquistata con le agevolazioni, esclude la rilevanza della inidoneità della stessa, testimoniata dal riferimento della lett. c) alla nuda proprietà. In altri termini, la lettera b) impedisce il beneficio delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa, se si è già proprietari di altro immobile (acquistato senza agevolazioni) nel territorio del medesimo comune; mentre la lett. c), secondo la normativa applicabile ratione temporis, impedisce di usufruire delle agevolazioni cd. prima casa a chi ha già acquistato, con le agevolazioni, diritti di proprietà o altri diritti reali su immobili siti nell’intero territorio nazionale. Conforta detta interpretazione, la pronuncia della Corte Costituzionale, che, nel dichiarare la manifesta inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale relativa alla lettera b) del numero 1) della nota II-bis dell’art. 1 della tariffa parte prima del d.P.R. n. 131/1986 – come modificata dalla legge 1995 n. 549 – ha richiamato la interpretazione “costituzionalmente orientata” delle pronunce della Cassazione di cui sopra, affermando che la intervenuta sostituzione nella legge sulla “prima casa” dell’espressione “fabbricato idoneo ad abitazione” con quella “casa di abitazione” è da intendersi “nel senso che la possidenza di una casa di abitazione costituisce ostacolo alla fruizione delle agevolazioni fiscali per il successivo acquisto di un’altra casa ubicata nello stesso Comune soltanto se la prima delle due case sia già idonea a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato” (Cfr. Corte Costituzionale Ord. n. 203 del 22.06.2011).
7. Il Collegio ritiene dare continuità all’indirizzo di legittimità, conforme alla interpretazione della Corte Costituzionale, il quale ritiene, in analoga fattispecie, che in materia di agevolazioni per l’acquisto della cosiddetta prima casa, la disciplina prevista dall’art. 1 del D.L. n. 16 del 1993 – sopra citata – sussiste quando l’acquirente possieda un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia. La valutazione dove essere soggettiva in quanto occorre apprezzare le concrete esigenze personali, rispetto alle quali assume rilievo “anche l’ubicazione dell’immobile posseduto” (Cass. civ. Sez. V, sentenza 11 luglio 2003, n. 10925). In particolare, quanto alle diverse situazioni, la Corte ha stabilito che può essere riconosciuto il beneficio sia per “circostanze di natura oggettiva”, come nel caso d’effettiva inabitabilità, che di natura soggettiva, nel caso il fabbricato sia inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative. (Cass. 2018 n. 2565; Cass. civ. Sez. V, sentenza 18 febbraio 2003, n. 2418; Cass. 2010 n. 100).
8. Non si può ritenere d’ostacolo, dunque, all’applicazione delle agevolazioni “prima casa” la circostanza che l’acquirente dell’immobile sia al contempo proprietario d’altro immobile, purché acquistato senza agevolazioni nel medesimo comune (circostanza nella specie non accertata dalla CTR) che, “per qualsiasi ragione” sia inidoneo, per le ridotte dimensioni, ad essere destinato a sua abitazione” (Cass. civ. Sez. V, sentenza 17 maggio 2006, n. 11564) Nel solco dell’orientamento sopra riportato, può dunque essere affermato che – ai sensi della lett. b) della Nota II all. alla Tariffa I del d.P.R. n. 131 del 1986, ipotesi diversa dalla lett. c) della Nota II cit., e alla luce dei principi affermati con l’ordinanza n. 203 del 2011 della Corte Costituzionale – l’inidoneità dell’alloggio già posseduto debba essere valutata anche dal punto di vista soggettivo del compratore in relazione alle esigenze abitative del suo nucleo familiare (Cass. 2018 n.2565; Cass. 2017 n.27376; Cass.2016 n. 2278; Cass. n. 26653 del 2014; Cass. n. 21289 del 2014; Cass. n. 23064 del 2012; Cass. n. 12866 del 2012).
9. Le considerazioni svolte comportano che la sentenza d’appello, discostatasi dai superiori principi di diritto, debba essere cassata con rinvio della causa al giudice di merito, il quale dovrà attenersi al seguente principio: “In tema di “agevolazioni prima casa, «l’idoneità» della casa di abitazione pre-posseduta purché acquistata senza agevolazioni nel medesimo comune va valutata sia in senso oggettivo (effettiva inabitabilità), che in senso soggettivo (fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), nel senso che ricorre l’applicazione del beneficio anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato”. La definizione delle spese del giudizio di legittimità è rimessa al giudice di rinvio
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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