CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2019, n. 20621
Tributi – TARSU – Immobile adibito ad albergo – Tariffe differenziate tra esercizi alberghieri e civili abitazioni – Legittimità – Delibera della Giunta municipale per gli aumenti di tariffa – Legittimità
Ritenuto che
1. con sentenza n. 2090/30/14, depositata il 19 giugno 2014, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dal Comune di Palermo avverso la sentenza n. 329/2/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo ed accoglieva l’appello incidentale proposto dalla P. s.r.l.;
2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento relativa all’omesso pagamento della TARSU per l’annualità 2008, in riferimento ad un immobile adibito ad albergo, di cui la contribuente aveva chiesto l’annullamento contestando la legittimità della delibera, con cui erano stati disposti gli aumenti di tariffa per l’annualità, per incompetenza della Giunta municipale ad adottarla e per l’annullamento da parte del TAR della precedente delibera n. 165 del 2006, nonché l’applicazione di tariffe maggiorate per le attività alberghiere;
3. la CTP aveva parzialmente accolto il ricorso ritenendo inapplicabili gli aumenti di tariffa disposti sin dal 2006 mentre aveva rigettato il motivo attinente alle tariffe differenziate per gli alberghi; la CTR, rigettato il motivo di appello principale sulla incompetenza della Giunta, ritenuto assorbente, accoglieva l’appello incidentale della società contribuente e rideterminava la Tarsu sulla base dei coefficienti previsti per le unità abitative;
4. avverso la sentenza di appello, il Comune di Palermo ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 5 febbraio 2015, affidato a due motivi, a cui la contribuente non ha resistito.
Considerato che
1. Con il primo motivo il Comune di Palermo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 dello Statuto del Comune di Palermo e degli artt. 4 della I. n. 142 del 1990, recepito dalla l.r. Sicilia n. 48 del 1991, art. 1 lett. a), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., contestando la motivazione nella parte in cui aveva ritenuto l’incompetenza della Giunta comunale a deliberare le variazioni di tariffa;
2. con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 68 del d.lgs. n. 507 del 1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 insistendo sulla piena legittimità del regolamento Tarsu del Comune di Palermo nella parte in cui prevede l’applicazione di tariffe differenziate tra esercizi alberghieri e civili abitazioni.
Osserva che
1. Entrambi i motivi risultano meritevoli di accoglimento.
1.1 Quanto al primo motivo si deve dare continuità a quanto già affermato da questa Corte, nel senso di attribuire alla giunta palermitana, e non al consiglio comunale, la competenza per l’emanazione delle delibere tariffarie Tarsu. (tra le altre, Cass. nn. 360/14, 8336/15, 913/16, 11959/16, 15150/17, 17497-8/17, 1979/18, 3187/18 e n. 28676 del 2018, ecc.)
Va premesso che, in base all’art. 42 lett. f) del d.lgs. 267/00 (TUEL), spetta al consiglio comunale (…) “f) l’istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi”, dal che si evince, a contrario, che la fissazione delle aliquote tributarie spetta invece alla giunta comunale in quanto organo di competenza residuale.
Tuttavia in Sicilia (regione in cui, tra l’altro, l’organo di competenza residuale non è la giunta ex art. 48 TUEL, bensì il sindaco ex art. 13 LR 7/92) il TUEL non si applica, in quanto regione a statuto speciale che non lo ha recepito (art. 1, comma 2, TUEL), ma continua ad applicarsi la legge sull’ordinamento delle autonomie locali n. 142/90, come recepita con legge regionale 48/91 (art. 1 lett. a)).
In base allo statuto speciale della Regione Siciliana (approvato con r.d.lgs. 455/46 conv. dalla l. cost. 2/48) tale materia è infatti demandata alla potestà legislativa esclusiva della regione, con la conseguenza che le norme statuali hanno efficacia solo se richiamate con apposita legge regionale.
Ciò precisato, pur nella vigenza della legge 142/90 cit. (art. 32, comma 2, lett. g)) – “la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione dei beni e servizi (nella specie tariffe di diversificazione tra esercizi alberghieri e locali adibiti ad uso abitazione) è di competenza della giunta e non del consiglio comunale poiché il riferimento letterale alla ‘disciplina generale delle tariffe’ contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole ‘istituzione e ordinamento’ adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovrà procedere alla loro determinazione e, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potestà impositiva dell’ente, ma sono funzionali alla individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi così in un’ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria” (così, tra le altre già cit., Cass. n. 1979/18).
1.2 Né a diversa conclusione si perviene per la città di Palermo, in considerazione dell’art. 49 dello statuto comunale, secondo il quale la giunta è competente, tra il resto, a procedere “a variazioni delle tariffe ed aliquote dei tributi comunali e dei corrispettivi dei servizi a domanda individuale entro i limiti indicati dalla legge o dal consiglio comunale”; né dell’art. 14 lett. d) del Regolamento Comunale Tarsu (adottato con delibera consiliare n. 37/97) il quale stabilisce che il consiglio fissi i “criteri di determinazione delle tariffe unitarie e relativi meccanismi di quantificazione”, prescrivendo in particolare che esso debba annualmente fissare, all’atto dell’approvazione delle tariffe unitarie della tassa da far valere per l’anno successivo, “il numero, compreso tra 0,5 ed 1, che esprime il grado di copertura del costo del servizio”.
I limiti entro i quali deve estrinsecarsi l’attività determinativa della tariffa annuale trovano fondamento normativo statuale nell’art. 65, comma 2, del d.lgs. Tarsu 507/93, secondo cui le tariffe, per ogni categoria o sottocategoria omogenea, sono determinate ‘dal comune’ secondo ‘il rapporto di copertura del costo prescelto entro i limiti di legge’.
Ciò posto, non si ritiene che la mancata fissazione di tali ‘limiti’ da parte del consiglio sia di per sé dirimente nel senso della incompetenza della giunta in materia tariffaria, né può rilevare la circostanza meramente contingente che, successivamente alla delibera Tarsu in discussione, il consiglio comunale di Palermo sia poi effettivamente intervenuto (delib. 342/2010) – al solo fine di far cessare ogni residuo contenzioso su questo punto – nella indicazione del fattore di copertura.
1.3 Non va infine taciuto che l’indicazione del legislatore nazionale in materia è comunque radicalmente mutata mediante l’adozione di un opposto principio ispiratore dell’imposizione sui rifiuti, volto a far sì che la tariffa in materia consenta la integrale copertura dei costi di investimento e di esercizio del servizio di gestione dei rifiuti urbani (criterio introdotto nell’ordinamento dall’art. 49 d.lgs. 22/97 abolitivo della Tarsu, ancorché quest’ultimo tributo, come noto, abbia poi trovato ulteriore applicazione fin vista l’emanazione della disciplina esecutiva della TIA.
Dal che si evince una chiara linea evolutiva della legislazione statuale nel senso del superamento del previgente sistema di copertura discrezionale dei costi del servizio (rispondente anche a scelte di indirizzo politico dell’ente locale demandate, in quanto tali, al consiglio comunale) a favore di un sistema tariffario più rigido, perché sempre improntato (per ragioni di interesse generale connesse al governo della fiscalità locale) a copertura integrale (fattore 1/1).
2. Anche il secondo motivo risulta fondato.
2.1 Deve infatti ribadirsi l’orientamento consolidato di questa Corte di legittimità secondo cui la previsione regolamentare di una tariffa Tarsu alberghiera anche di molto superiore a quella applicata alle case di civile abitazione deve ritenersi del tutto legittima, posto che la maggior capacità produttiva di rifiuti di uno stabile alberghiero, rispetto ad uno di civile abitazione, costituisce dato di comune esperienza (Cass. n. 302 del 2010; n. 5722 del 2007; n. 16175 del 2016, n. 25214 del 2016; n. 8308 del 2018).
Si è così precisato che in tema di TARSU, “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applica a queste ultime. Infatti, la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. 5 febbraio 1997, n 22. Senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore” (Vedi Cass. n. 4797 del 2014 e n. 8336 del 2015).
Del resto gli elementi di riscontro della legittimità della delibera non vanno riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica (Vedi Cass. n. 11655 del 2009 e n. 5861 del 2011).
3. Per le suesposte considerazioni, accolti entrambi i motivi di ricorso, segue la cassazione della sentenza impugnata, e, con decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il rigetto del ricorso introduttivo.
4. In considerazione dell’esito finale della lite, tenuto conto che le questioni giuridiche oggetto di causa hanno trovato soluzione alla luce di interventi legislativi e giurisprudenziali complessi, va disposta la compensazione delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso della contribuente; compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
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