CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 ottobre 2018, n. 27892
Tributi – IRPEG – Esenzione riconosciuta alla società – Dividendi distribuiti ai soci – Automatica esenzione IRPEF in favore dei soci sui dividendi societari – Esclusione
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza dianzi indicata, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 124/01/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Matera, che aveva accolto il ricorso proposto da M.F.F. avverso cartella di pagamento relativa ad imposte IRPEF ed Addizionali 2001;
l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 14, 41 del DPR n. 917/1986 …(per)… illegittimo riconoscimento in capo al socio, percettore del dividendo, dell’esenzione IRPEG fruita dalla società»;
con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 112, 132 co. 2, n. 4, 277 c.p.c., 118 disp. att. al c.p.c., 35, 2° co., ultima parte e 36 D.Igs. n. 546/1992 … nullità della sentenza della Commissione Tributaria Regionale per omessa valutazione delle domande ed eccezioni proposte dall’Ufficio»;
il contribuente è rimasto intimato
Considerato che
1.1. il primo motivo di ricorso è fondato;
1.2. l’Agenzia ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 14, 41 del DPR n. 917/1986, contestando la ritenuta illegittimità del recupero a tassazione dell’utile («dividendi societari») distribuito al contribuente, in qualità di socio, in conseguenza dell’esenzione IRPEG di cui aveva beneficiato la società, il che, secondo la CTR, consentiva «di trasferire, in capo ai soci, pur non essendoci un’automatica esenzione IRPEF rinveniente dall’esenzione IRPEG, il medesimo beneficio mediante l’attribuzione ai soci del credito d’imposta loro spettante sui dividendi»;
1.3. occorre evidenziare che, a fini fiscali, le società di capitali sono soggetti passivi autonomi, in quanto sul reddito prodotto è applicata un’imposta specifica, l’imposta sul reddito delle società (Ires), e non trova applicazione il regime di trasparenza, applicabile alle società di persone, che non sono, infatti, soggette alle imposte sul reddito (né Ires né Irpef);
1.4. mentre per il reddito prodotto dalle società di persone sono i soci, in proporzione alla quota di partecipazione detenuta nella società, a dover versare le relative imposte (art. 5 TUIR), in capo ai soci delle società di capitali la tassazione riguarda solamente eventuali utili effettivamente distribuiti dalla società ed incassati dai soci, eccezion fatta per l’ipotesi in cui le società di capitali, anziché determinare il reddito d’impresa con le modalità ordinarie, optino per il «regime di tassazione per trasparenza» disciplinato dagli artt. 115 e 116 del Tuir, per effetto del quale il reddito prodotto dalla società partecipata determinato con le modalità ordinarie non viene tassato direttamente in capo alla stessa, ma viene attribuito in percentuale a ciascun partecipante a prescindere dall’effettiva percezione, con un meccanismo quindi analogo a quello previsto per la tassazione del reddito prodotto dalle società di persone;
1.5. ne consegue, che in mancanza di prova circa la scelta, da parte della società partecipata dal contribuente, per il regime di tassazione per trasparenza, i soci, e dunque anche l’odierno contribuente, non essendo loro attribuito il reddito della società, non hanno diritto di usufruire di eventuali agevolazioni fiscali previste sul reddito della società, come nella fattispecie;
2.1 con il secondo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza impugnata, ex art. 112 c.p.c., per omesso esame delle eccezioni sollevate dall’Ufficio<<in sede di controdeduzione al ricorso ed in sede di appello»;
2.2. affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al Giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi; ove, quindi, si deduca, come nella specie, la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è Giudice anche del «fatto processuale», detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (cfr. Cass. n. 15367/2014);
2.3. nella specie, l’Agenzia ricorrente, nell’affermare che in sede di controdeduzione al ricorso e in appello aveva sollevato specifiche eccezioni non esaminate, non riporta, in violazione del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione, in quali termini tutto ciò sia avvenuto;
2.4. ne consegue l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso per difetto di autosufficienza;
3. per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. della Basilicata, in diversa composizione, per nuovo esame del merito;
4. il Giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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