CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 ottobre 2018, n. 27899
Tributi – Accertamento – Riscossione – Finanziamento infruttifero soci – “Riemersione” di corrispettivi non contabilizzati
Rilevato che
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso avverso la sentenza emessa in data 18 aprile 2011 dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con cui, in parziale accoglimento dell’appello proposto da T.N. s.a.s., erano stati annullati gli avvisi di accertamento relativi all’anno 2003 e parzialmente annullato quello del 2004;
– oggetto della decisione di secondo grado i ricorsi proposti dalla T. e dai soci della stessa avverso i separati avvisi di accertamento ai fini dell’IVA, delle imposte sui redditi e di altri tributi, ai sensi e per gli effetti degli artt. 52 e 63 del DPR 633/72, per gli anni 2003 e 2004, alla società e, ai fini IRPEF, in capo ai singoli soci;
– accertata l’esistenza di un’unica fonte di reddito per il M., oltre che da redditi di fabbricati, dalla partecipazione nella società verificata, con proventi di molto inferiori rispetto all’ammontare delle somme depositate sui conti correnti a lui intestati, (somme quindi ritenute “in nero”), in sede di accertamento, l’esame del “finanziamento infruttifero soci” aveva, altresì, evidenziato che la società si era avvalsa di somme versate dai soci, ritenute configurabili in termini di “riemersione” di corrispettivi non contabilizzati in precedenza e, quindi, da recuperarsi a tassazione;
– per l’anno 2004, poi, dall’esame del conto “Minusvalenze” e del contestuale controllo del libro dei cespiti, era stata evidenziata una differenza da recuperarsi a tassazione in quanto non ritenuta oggetto di possibile riscontro nei libri contabili della società;
– il ricorso è affidato ad un motivo;
– resiste, con controricorso, la T.N. S.a.s. di M.M. & C..
Considerato che
– l’Agenzia delle Entrate, con l’unico motivo di ricorso, denunzia insufficiente motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riguardo alla ritenuta violazione dell’art. 14 del d.l. n. 350 del 2001, in materia di scudo fiscale, che preclude di operare accertamenti tributari circa la provenienza di somme rimpatriate in Italia;
– denunzia l’Ufficio la insufficiente motivazione circa la effettiva provenienza estera delle somme ovvero circa il se le stesse fossero state rimpatriate in Italia attraverso l’adesione allo scudo fiscale assumendo che tale circostanza, decisiva per il giudizio, era stata oggetto di contrapposte argomentazioni di entrambe le parti nei gradì di merito ma era sfuggita all’accertamento del giudice d’appello;
– la motivazione della Commissione Tributaria Regionale si incentra, effettivamente, in larga parte, sulla soluzione della quaestio juris afferente i limiti entro i quali è consentito all’Agenzia delle entrate operare accertamenti circa le somme rimpatriate in Italia mediante adesione allo scudo fiscale;
– tali limiti risultano individuati dagli artt. 14 e 15 del d.l. n. 350 del 2001, nella parte in cui stabiliscono che il rimpatrio di denaro dall’estero non preclude gli accertamenti tributari e contributivi, a condizione che, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, sia stata già contestata la violazione degli obblighi dichiarativi, ovvero siano già iniziati accessi, ispezioni e verifiche ovvero altre attività di accertamento tributario e contributivo;
– preliminare rispetto a tale indagine, tuttavia, sarebbe stata, secondo l’Ufficio, quella inerente l’accertamento dell’effettiva provenienza delle somme oggetto di movimentazione
– pur apparendo l’aspetto inerente !a verifica della circostanza, contestata fra le parti, della provenienza concreta delle somme considerate, assumere una valenza prodrornica rispetto all’ulteriore aspetto dei limiti di accertamento per l’Agenzia alla luce della legge che prevede il c.d. scudo fiscale, la motivazione dei giudici di secondo grado fa buon governo dei principi vigenti in materia che, alla luce dell’estrema ampiezza delle preclusioni relative all’accertamento in tale ambito escludono qualsivoglia diversa soluzione;
– d’altro canto, nell’iter motivazionale della Commissione Tributaria si legge non solo che il contribuente già in sede di verifica fiscale aveva dichiarato che le somme contestate erano da riferirsi all’utilizzo da parte del contribuente del c.d “scudo fiscale”, ma, soprattutto, che, successivamente, in sede di ricorso e poi di appello, lo stesso ha meglio precisato di aver provveduto ai “rimpatrio” di somme di denaro detenute all’estero mediante due apposite “dichiarazioni riservate delle attività emerse” presentate, ai sensi dell’art. 13 del D.L. n. 350 del 2001, in data 11 aprile 2003 e 12 maggio 2003, al C.S. (italy) S.p.A., per importi, rispettivamente, di euro 1.138.925,00 e 506.127,76, circostanze di fatto, queste, non oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia;
– il vizio di insufficiente motivazione, come noto, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass. 7 aprile 2017, n. 9105) risulta configurabile solo allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza una adeguata disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla legittimità del proprio ragionamento;
– nel caso di specie, ad avviso di questa Corte, la motivazione del giudice di secondo grado sull’aspetto che interessa deve reputarsi idonea, anche alla luce dell’importo delle somme scudate, ampiamente superiore rispetto a quelle oggetto di accertamento nonché dell’epoca in cui risultano essere state effettuate le dichiarazioni rispetto alle verifiche;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve, quindi, essere respinto;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 ottobre 2020, n. 22691 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 19 novembre 2019, n. 30067 - Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 novembre 2019, n. 30380 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7384 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 marzo 2020, n. 7582 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 novembre 2020, n. 26847 - Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…