CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 ottobre 2019, n. 28105
Licenziamento – Assenza ingiustificata dal servizio – Sanzione disciplinare del richiamo scritto anteriormente irrogata al lavoratore
Fatto
RILEVATO CHE
la Corte di Cassazione, con sentenza nr. 12205 del 2016, ha cassato con rinvio alla Corte di Appello di L’aquila la pronuncia della Corte d’Appello di Perugia (sentenza nr. 124 del 2012) che confermava la sentenza del Tribunale di Perugia di rigetto dell’impugnativa, proposta da S.M., avverso il licenziamento intimatogli il 17 luglio 2007 da Calcestruzzi M.G. & C. s.a.s. per l’assenza ingiustificata dal servizio a decorrere dal 25 giugno 2007; la Corte territoriale aveva, altresì, dichiarato inammissibile, per carenza di interesse ad agire, l’impugnativa avverso la sanzione disciplinare del richiamo scritto anteriormente irrogata al lavoratore per danni all’autobetoniera da lui condotta;
a motivo del rinvio, la Corte Suprema ha osservato l’esigenza di valutare la richiesta di interrogatorio formale del legale rappresentante della società sulla seguente circostanza: «Vero o non vero che il 19 e 20 giugno 2007 il lavoratore preannunziò telefonicamente l’intenzione di richiedere le ferie con decorrenza 25 giugno e ricevette l’ok del datore di lavoro, previa comunicazione scritta»; secondo la Corte «il fatto che il lavoratore avesse ottenuto, od anche solo richiesto preventivamente, l’autorizzazione alle ferie, non poteva non essere rilevante nel valutare, in primo luogo, la natura ingiustificata dell’assenza ma anche la sua gravità [•••] »;
la decisione andava altresì cassata per avere i giudici di merito ritenuto nuova (mentre era stata invece proposta sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) la questione relativa alla contestazione dell’esistenza di precedenti disciplinari, nella lettera di licenziamento, sia pure non quale elemento costitutivo della mancanza addebitata ma onde corroborare la complessiva gravità dell’addebito;
la Corte di appello di L’Aquila, pronunciando in sede di rinvio, con sentenza nr. 892 del 2017, ha respinto l’appello di S.M.;
– fondamento del decisum, ha posto, in estrema sintesi, le seguenti argomentazioni:
– il legale rappresentante della società negava in modo risoluto che il lavoratore avesse richiesto preventivamente, in base ad un colloquio telefonico, l’autorizzazione a collocarsi in ferie;
– doveva, di conseguenza, escludersi sia che il lavoratore avesse inoltrato la sua richiesta di ferie sul presupposto del predetto colloquio, sia anche che avesse (il lavoratore) potuto maturare il convincimento dell’accoglimento dell’istanza dato che questa perveniva, per la prima volta, con la lettera del 21.6.2007 ( quando era ancora in malattia, certificata fino al 22.6.2007);
– il disposto supplemento istruttorio, unitamente alle altre risultanze già acquisite, confermava la gravità dell’inadempimento anche sotto il profilo della proporzionalità; a tale riguardo, occorreva considerare che la condotta era stata posta in essere proprio nel periodo (giugno-luglio) in cui le esigenze tecnico-produttive aziendali erano oltremodo pressanti dati i picchi di maggiore intensità;
s anche la precedente sanzione conservativa andava confermata: i fatti, relativi al danneggiamento di una autobetoniera, erano stati sostanzialmente ammessi, nella loro storicità, dal lavoratore nella lettera di giustificazione, sia pure qualificati come “genericamente colposi ed economicamente irrilevanti” e giustificavano il provvedimento datoriale; il legale rappresentante della società non confermava di esserne venuto a conoscenza direttamente dal lavoratore; essi corroboravano, sotto il profilo soggettivo, la gravità dell’addebito;
avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, affidato ad otto motivi (pagg. 43 e ss. del ricorso; tutti i motivi, ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., denunciano la violazione dell’art. 2730 cod. civ. nonché, ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ., la nullità del procedimento, per aver la Corte di merito ritenuto decisivo un interrogatorio che, nel rinvio, la Suprema Corte aveva ritenuto eventuale, ed inoltre, ex art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., l’omesso esame del “primo”, del “settimo” e dell’ “ottavo” motivo di rinvio; infine, denunciano, ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ., la violazione dell’art. 112 e dell’art. 115 cod. proc. civ.);
ha resistito, con controricorso, la società ed eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso, per tardività;
entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod.proc.civ.;
Diritto
Considerato che:
deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla società controricorrente;
in tema di notificazione con modalità telematica, è stato precisato che con le modifiche introdotte dalla L. 12 novembre 2011, nr. 183 alla L. 21 gennaio 1994, nr. 53 è stata introdotta la PEC quale strumento utile per le notifiche degli atti da parte degli avvocati autorizzati da effettuarsi secondo le modalità di cui all’art. 3 bis (Sez. 3, 14/12/2016, n. 25758).
nella fattispecie di causa, benché in ricorso si affermi che la sentenza oggetto di impugnazione non sia stata notificata ai fini della decorrenza del termine breve (pag. 1 del ricorso), la società in epigrafe ha dato prova della notifica, con modalità telematica, in data 6.11.2017 (v. sub doc. n.13 allegato al controricorso) del provvedimento medesimo;
d’altronde, la stessa parte ricorrente, in sede di memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ., ha, poi, riconosciuto la fondatezza dell’eccezione;
la notifica è, infatti, conforme al modello normativo ratione temporis vigente (legge nr. 53 del 1994, artt. 3 bis e 6, cosi come modificata dalla lett. d) del comma 1 del D.L. 18 ottobre 2012, nr. 179, art. 16 quater convertito con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 228);
la documentazione prodotta (messaggio di trasmissione a mezzo PEC, ricevute di avvenute consegna e accettazione, relata di notificazione, attestazione di conformità degli atti formati su supporto analogico a quelli informatici) è prova del perfezionarsi v della notificazione della sentenza, alla data sopra indicata (id est: 6.11.2017), con decorso del termine breve di sessanta giorni per impugnare il provvedimento, ex art. 325, comma 2, cod.proc.civ., a decorrere dalla stessa;
l’odierno ricorso è stato, invece, notificato in data 28.4.2018, ben oltre la scadenza del termine breve ed è, pertanto, inammissibile in quanto tardivo;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. nr. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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