CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 ottobre 2022, n. 32116
Licenziamento collettivo – Comunicazione ex art. 4, co. 9, L. 223/1991 – Parcellizzazione – Illegittimità
Rilevato che
1. con sentenza 19 maggio 2020, la Corte d’appello di Messina ha rigettato il reclamo principale di KSM s.p.a. e incidentale di F.P.G. (parzialmente accolto limitatamente all’integrale posizione delle spese del giudizio davanti al Tribunale a carico della società datrice, invece da questo condannata alla loro rifusione solo in misura della metà, compensata la metà residua) avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra le parti dall’intimato licenziamento e condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria in misura di quindici mensilità pari all’ultima retribuzione globale di fatto maturata alla data di cessazione del rapporto;
2. per quanto ancora rileva, essa ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore, in esito alla procedura di mobilità avviata, ai sensi degli artt. 4 e 24 l. 223/1991, con nota del 29 marzo 2017 e riguardante n. 516 dipendenti di qualifica infungibile di guardia particolare giurata privi dell’abilitazione ENAC di addetto alla vigilanza aeroportuale (tra i quali il lavoratore reclamato, reclamante incidentale) e n. 8 impiegati amministrativi operanti nella Regione Sicilia, per omessa indicazione specifica dei lavoratori licenziandi nella lettera di comunicazione indirizzata agli uffici amministrativi competenti ed alle associazioni sindacali di categoria, in violazione dell’art. 4, nono comma l. 223/1991, pure con parcellizzazione in tre momenti successivi (in rispettive date 7 agosto 2017, con intimazione dei primi licenziamenti il 14 settembre 2017 e successive del 9 ottobre 2017 e del 20 ottobre 2017), con variazioni di dati prive di alcuna spiegazione;
3. con atto notificato il 15 luglio 2020, la società ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. in via preliminare, deve essere affermata l’ammissibilità del ricorso, per asseverazione ai sensi degli artt. 3bis l. 53/1994 e 16undecies, terzo comma, ult. pt., d.l 179/2012 conv. con mod. da l. 221/2012 della procura speciale – conferita su supporto cartaceo (in calce alla copia notificata del ricorso, come indicato sub doc. 2 allegato al ricorso) e copiata per immagine su supporto informatico – di conformità all’originale da cui è stata estratta e contenuta nella notificazione telematica sottoscritta digitalmente dal difensore (esattamente come indicato per il ricorso).
Non si ritiene qui applicabile il diverso principio, invocato dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso per difetto di valida e tempestiva procura nel caso in cui la procura alle liti, conferita su supporto cartaceo e copiata per immagine su supporto informatico e, quindi, trasmessa per via telematica unitamente alla notifica del ricorso per cassazione, risulti priva, ai sensi degli artt. 83, terzo comma c.p.c. e 10 d.p.r. 123/2001, dell’asseverazione di conformità all’originale mediante sottoscrizione del procuratore con firma digitale (Cass. 14 maggio 2019, n. 12850). E ciò perché i richiamati riferimenti normativi riguardano l’ipotesi in cui il difensore si costituisca in giudizio attraverso strumenti informatici: il che, nel giudizio di legittimità, non è ancora consentito allo stato della vigente legislazione, non essendo ad esso ancora esteso il processo civile telematico; sicché, la mancanza dell’attestazione di conformità della procura alle liti notificata unitamente al ricorso a mezzo PEC ai sensi dell’art. 3bis l. 53/1994 non comporta l’inammissibilità per nullità della notificazione, venendo in rilievo, nell’attuale contesto di costituzione mediante deposito di fascicolo cartaceo, una mera irregolarità sanata dal tempestivo deposito del ricorso e della procura in originale analogico, corredati dall’attestazione mancante (Cass. s.u. 21 dicembre 2020, n. 29175);
1.1. la procura speciale è poi legittima, risultando chiaramente conferita, pure in mancanza di espressa indicazione della data, dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e prima della notifica del ricorso, ben desumibile dal suo rilascio in calce alla copia notificata del ricorso e comunque anche aliunde, come nell’ipotesi in cui la procura risulti anche dalla copia notificata, ovvero in tale copia se ne dia atto mediante attestazione dell’ufficiale giudiziario (Cass. 24 marzo 2006, n. 6687; Cass. 27 maggio 2019, n. 14437): nel caso di specie, in calce alla copia notificata del ricorso e specificamente indicata nella relata di notifica a mezzo PEC del ricorso; e in essa risultando lo specifico riferimento alla proposizione del “ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina, sezione lavoro, n. 161/2020”;
2. nel merito, la ricorrente deduce violazione dell’art. 4, nono comma l. 223/1991, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’insufficienza, nella comunicazione finale agli uffici amministrativi competenti ed alle associazioni sindacali di categoria del 7 agosto 2017, di allegazione della graduatoria di tutti i dipendenti della società, con indicazione dei punteggi attribuiti a ciascuno, senza quella immediata dei lavoratori in concreto licenziati, avendo essa inviato successivamente le comunicazioni del 9 ottobre 2017 e del 20 ottobre 2017, per mere rettifiche di errori nella redazione, senza apportare variazioni delle modalità di applicazione dei criteri di scelta tempestivamente comunicati con la prima, in assenza pertanto di pregiudizio per alcuno (unico motivo);
3. esso è infondato;
4. questa Corte ha ritenuto, proprio in riferimento all’odierno licenziamento collettivo, che la comunicazione prevista dall’art. 4, nono comma l. 223/1991 (il cui termine di sette giorni decorre dalla comunicazione del primo licenziamento, come risulta dal tenore letterale della disposizione, che fa espresso riferimento alla “comunicazione” dei recessi e non già alla data di loro ricezione), per assolvere alla funzione cui è normativamente preordinata, non possa essere parcellizzata in tante comunicazioni (ciascuna limitata ai lavoratori fino a quel momento licenziati ed effettuata entro sette giorni dai singoli licenziamenti), ma debba essere unica, così da esprimere l’assetto definitivo sull’elenco dei lavoratori da licenziare e sulle modalità di applicazione dei criteri di scelta (Cass. 26 settembre 2018, n 23034); sicché, la comunicazione del 7 agosto 2017 risulta inidonea, sotto i profili di trasparenza informativa, completezza contenutistica e di rispetto della rigida scansione procedimentale, a consentire un adeguato controllo alle parti sociali e alle amministrazioni interessate ed essendo data comunicazione dei recessi soltanto con le suindicate note successive, ben oltre il termine perentorio di sette giorni (Cass. 29 marzo 2022, n. 10120; Cass. 5 aprile 2022, n. 11004; Cass. 4 maggio 2022, n. 14055 e n. 14057);
4.1. nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, con argomentazione congrua (per le ragioni esposte secondo capoverso di pg. 11 al penultimo di pg. 12 della sentenza) la non rispondenza della comunicazione finale inviata il 7 agosto 2017 da KSM s.p.a. agli uffici amministrativi competenti ed alle associazioni sindacali di categoria, ai requisiti previsti dall’art. 4, nono comma l. 223/1991, siccome priva dell’indicazione nominativa specifica dei lavoratori licenziandi e parcellizzata in tre momenti, laddove essa non può che essere unica, tale da esprimere l’assetto definitivo dell’elenco nominativo dei lavoratori da licenziare e le modalità di applicazione dei criteri di scelta; e il suo accertamento resiste alla censura della ricorrente ed è anzi confermato dall’allegazione della comunicazione 7 agosto 2017 con la relativa graduatoria (integralmente trascritte in affoliazione tra pg. 8 e pg. 9 del ricorso);
5. pertanto il ricorso deve essere rigettato per infondatezza, con regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, da distrarre al difensore antistatario secondo la sua richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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