CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza depositata il 15 gennaio 2020, n. 561
Tributi – Imposta di registro – Cessione terreno – Area destinata a urbanizzazione secondo P.R.G. vigente – Sentenza del Consiglio di Stato di revoca della edificabilità – Determinazione del valore imponibile
Ritenuto che
La I.S. di C.D. & C. s.a.s. e V.B. impugnarono l’avviso di rettifica e liquidazione del valore dichiarato nell’atto di compravendita, stipulato il 27/2/2008 e registrato 19/3/2008, di un terreno, secondo le prescrizioni del P.R.G. edificabile, sito in Comune di Lucera, e l’adita Commissione tributaria provinciale di Foggia accolse il ricorso, con decisione successivamente riformata, su appello della Agenzia delle Entrate, dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, con la sentenza n. 171/25/13, pronunciata il 21/5/2013 e depositata il 27/5/2013, sul rilievo che, in tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 43, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 131 del 1986, il valore del bene oggetto di contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali deve essere calcolato alla data dell’atto traslativo, a nulla rilevando l’esito del contenzioso conclusosi con la sentenza n. 5953/08 del Consiglio di Stato “che aveva sancito l’inedificabilità del suolo in esame”. Ricorrono i contribuenti per la cassazione della sentenza, con due motivi; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Con il primo motivo parte ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, giacché la CTR non ha considerato che, secondo la sentenza del giudice amministrativo, la destinazione urbanistica dell’area era illegittima, per cui il terreno compravenduto aveva perduto la originaria vocazione edificatoria considerata dalle parti contraenti e quindi che non poteva essere dato rilievo esclusivamente alla circostanza rappresentata dalla anteriorità del trasferimento rispetto alla pronuncia giudiziale che aveva dichiarato “illegittima l’approvazione della variante al piano di zona 167 di Lucera in cui è sito il terreno oggetto di causa”.
Con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare, l’art. 43, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 131 del 1986, e del principio secondo cui gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della domanda, essendo stato proposto il ricorso al Consiglio di Stato nel 2004 e risalendo al 2000 i ricorsi di primo grado.
Le due censure, seminabili congiuntamente in quanto strettamente connesse, vanno disattese perché infondate.
E’ pacifico che il terreno de quo al momento del trasferimento di proprietà del bene ricadeva, secondo il P.R.G. vigente, <<in area destinata alle urbanizzazioni – attrezzature sportive scoperte – in zona di Espansione Residenziale per l’edilizia Economica e Popolare “167”>>, e che la edificabilità dell’area era successivamente venuta meno per effetto della richiamata sentenza n. 5953/08 del Consiglio di Stato, a conclusione di un contenzioso amministrativo promosso da A.C., fratello di D., socio accomandatario.
Assume la ricorrente che il terreno sarebbe conseguentemente soggetto alla disciplina delle c.d. “zone bianche”, in quanto “privo di qualsiasi possibilità edificatoria e non utilizzabile ai fini agricoli per le sue caratteristiche”.
Giova, anzitutto, ricordare che “A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 – quaterdecies, comma 16, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell’art. 36, comma 2, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. La natura edificabile non viene meno, trattandosi di evenienze incidenti sulla sola determinazione del valore venale dell’area, né per le ridotte dimensioni e/o la particolare conformazione del lotto, che non incidono su tale qualità (salvo che siano espressamente considerate da detti strumenti attributive della stessa), essendo sempre possibile l’accorpamento con fondi vicini della medesima zona, ovvero l’asservimento urbanistico a fondo contiguo avente identica destinazione, né a seguito di decadenza del vincolo preordinato alla realizzazione dell’opera pubblica, da cui deriva non una situazione di totale inedificabilità, ma l’applicazione della disciplina delle c.d. ” zone bianche” (nella specie quella di cui all’art. 4, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, applicabile “ratione temporis”), che, ferma restando l’utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli, configura pur sempre, anche se a titolo provvisorio, un limitato indice di edificabilità (Cass. 25676/2008; 11433/2010; n. 24478/2010; 16485/2016; n. 31051/2017; n. 29085/2018).
Ai fini della determinazione del valore venale dell’immobile di cui dovrà tenersi conto, parametrandolo alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, si deve dunque guardare al carattere oggettivo di area edificabile, secondo lo strumento urbanistico generale, ed alla appartenenza alla predetta categoria in base al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, e poiché l’edificabilità di un’area dipende dalla sua inclusione come tale nel P.R.G., il valore rilevante è quello esistente al momento del trasferimento della proprietà.
Questa Corte ha chiarito, in varie occasioni, che l’art. 43, comma primo, lett. a) del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che, nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costituivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato “alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”, e ciò, del resto, in coerenza con la natura d’imposta d’atto del tributo, rapportato in misura proporzionale al valore dell’atto registrato, assunto dal legislatore come indice di capacità contributiva (Cass. n. 7877/2012, in fattispecie concernente il contratto condizionato; Cass. n. 22847/2010, conf. n. 20299/2013 e n. 20303/2016, in fattispecie concernente il contratto preliminare).
Non erra, pertanto, la CTR allorquando attribuisce rilievo, per la determinazione della base imponibile, esclusivamente al valore del bene alla data dell’atto traslativo sottoposto a registrazione, e non anche alle possibili ricadute derivanti dalle vicende giudiziarie che successivamente avevano interessato il terreno ed a maggior ragione alle valutazioni soggettive delle parti contraenti circa la concrete potenzialità edificatorie dell’area, del tutto estranee al meccanismo dell’imposta, sopra sinteticamente delineato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.200,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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