Corte di Cassazione ordinanza n. 10255 depositata il 29 maggio 2020
imposta di successione e donazione – franchigia -base imponibile – riunione fittizia – La donazione non può aumentare l’ammontare dell’asse ereditario imponibile
Ritenuto che
1. In relazione alla dichiarazione di successione Vol. 552 n. 63 presentata il 6/2/2008, l’Agenzia delle Entrate notificava il 10/12/2018 a P.GM. l’avviso di liquidazione d’imposta principale di € 25.054,45. La pretesa si fondava sul fatto che, ai fini del calcolo della franchigia da applicare all’asse ereditario, si era tenuto conto di una precedente donazione compiuta in vita dalla de cuis a favore della contribuente il 16.02.2006 che, riducendo la parte della base imponibile non tassabile, determinava la liquidazione della maggiore imposta indicata. La suddetta donazione aveva ad oggetto una quota di partecipazione nella società “Ditta MP & figlio S.r.l.”
2. Avverso il suddetto avviso la contribuente proponeva impugnazione eccependo che all’epoca dell’avvenuta donazione, quest’ultima esente da tassazione con la conseguenza che non se ne poteva tenere conto ai fini della determinazione dell’imposta richiesta.
3. La CTR con sentenza n. 202/28/13, depositata il 30/7/2013, riformava la decisione di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso.
4. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
4. L’agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
5. In prossimità della Camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 346 del 1990 in relazione agli artt. 12 e 15 del disp. prelim. c.c. Con tale motivo la ricorrente censura la sentenza della CTR nella parte in cui, in applicazione dell’art. 8, comma 4, d.lgs. n. 346 del 1990, ha ritenuto rilevante, ai fini della determinazione della franchigia volta a determinare l’imposta di successione applicata sulla relativa dichiarazione del 10/2/2007 oggetto dell’avviso di liquidazione, una precedente donazione compiuta dal de cujus a favore della ricorrente, sebbene essa fosse avvenuta il 14/2/2006 e, dunque, in un periodo in cui questa era esente da tassazione ex art 14, comma 1, l. n. 383 del 2001.
La contribuente rileva, poi, che riducendo l’ammontare della franchigia, l’Ufficio ha aumentato di un importo corrispondente al valore della donazione l’ammontare dell’asse ereditario imponibile, applicando in modo distorto l’art. 8, comma 4, cit.; norma concepita per influire solo sull’aliquota dell’imposta e non anche sull’imponibile.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ex art 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2, commi 47, 52 e 53 del d.l. n. 262 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 286 del 2006, dell’art. 3 della l. n. 212 del 2000 e degli artt. 10 e 11 disp. prelim. c.c.
A parere della contribuente l’art. 2 cit. avrebbe introdotto una nuova imposta di successione e, dunque, non avrebbe dato nuova efficacia a quella pregressa, con la conseguenza che l’applicazione di essa, per espressa previsione del comma 53, si applica alle sole donazioni poste in essere successivamente alla sua entrata in vigore con esclusione, quindi, di quella oggetto di giudizio, pena la violazione delle ulteriori disposizioni richiamate dalla ricorrente.
3. I due motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono fondati.
La questione rimessa al Collegio è se, in tema di imposta di successione, ai fini del calcolo della franchigia da essa prevista, si debba tener conto anche di donazioni effettuate in vita dal de cuius e in epoca in cui esse erano esenti dalla predetta imposta.
L’imposta sulle successioni prima disciplinata dal d.p.r. 637 del 1972, poi dal d.lgs. n. 346 del 1990, soppressa dall’art. 13 della l. n. 383 del 2001 e, infine, reintrodotta dal d.l. n. 262 del 2006, conv in l. n. 296 del 2006, ha subito nel tempo diverse modifiche per quanto riguarda le aliquote e le franchigie di successione. In particolare, l’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni) prevede che «il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari, (…)».
Il richiamato art 7 (Determinazione dell’imposta) prevedeva aliquote progressive di imposta per importi e gradi di parentela. Tale ultima norma è stata abrogata dall’art. 69 (Norme in materia di imposta sulle successioni e sulle donazioni) della l. n. 342 del 2000 (Misure in materia fiscale), il quale prevede «(…) c) i commi 1 e 2 dell’articolo 7 sono sostituiti dai seguenti: “1. L’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore della quota di eredità o del legato: a) quattro per cento, nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta; b) sei per cento, nei confronti degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado; c) otto per cento, nei confronti degli altri soggetti. 2. L’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera i 350 milioni di lire. 2-bis. Quando il beneficiario è un discendente in linea retta minore di età, anche chiamato per rappresentazione, o una persona con handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificata dalla legge 21 maggio 1998, n. 162, l’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’ammontare di un miliardo di lire». Questa Corte (n. 24940 del 2016), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che «In tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza dell’art. 69 della l. n. 342 del 2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l’art.8, comma 4, del d. lgs. n. 346 del 1990, che prevedeva il cumulo del “donatum” con il “relictum” al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato». Deve precisarsi che questa Corte (Cass. nn. 29739 del 2008; n. 5972 del 2007) ha, altresì, affermato che l’art. 8, comma 4, cit. – laddove prescrive il coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum – non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di ‘riunione fittizia’ nella massa ereditaria dei beni donati, ai soli fini della determinazione dell’aliquota da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti. Il sistema della ‘riunione fittizia’, in altri termini, operava in funzione antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all’imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita. Ora, fermo restando che – come poc’anzi evidenziato – il cumulo non sortiva effetto impositivo del donatum, ma soltanto effetto determinativo dell’aliquota progressiva, si ritiene logica e coerente conseguenza che, eliminata quest’ultima in favore di un sistema ad aliquota fissa sul valore non dell’asse globale ma della quota di eredità o del legato, non vi sia più spazio per dar luogo al coacervo. Deve dunque ritenersi che, anche prima della formale abrogazione dell’art. 7 (co.1 – 2 quater) d.lgs.n. 346 del 1990 ad opera dell’art. 2, comma 50, della legge n. 286 del 2006, il disposto dell’articolo 8, comma 4, cit. trovasse – a seguito ed in forza della menzionata modificazione, da parte della legge n. 342 del 2000, della norma di riferimento sostanziale di cui all’art.7 medesimo – insuperabile limite di compatibilità. Esattamente in termini con il presente caso si pone poi Cass.n. 12779/18, in fattispecie di donazione intercorsa nel marzo 2006.
4. Nel caso di specie, quindi, non era applicabile alla donazione disposta a favore della contribuente il cumulo sopra indicato con la conseguenza che il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.
5. Le spese per ogni fase e grado vanno compensate, stante il sopravvenire in corso di causa del su riportato indirizzo interpretativo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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