Corte di Cassazione ordinanza n. 10387 depositata il 31 marzo 2022
rinuncia all’eredità – onere della prova
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 485 civ., nonché per erronea interpretazione del d. lgs. n. 346/1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., deducendo l’erroneità dell’impugnata pronuncia, che, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha ritenuto valida ed efficace la rinuncia all’eredità della contribuente, richiamandone l’effetto retroattivo, in relazione al disposto dell’art. 521 cod. civ., dovendo viceversa, secondo l’Ufficio, trovare applicazione nella fattispecie in esame l’art. 485 cod. civ., assumendo trovarsi la C. nel possesso dei beni ereditari ed essendosi realizzato quindi in capo ad essa l’acquisto della qualità di erede per effetto della c.d. accettazione presunta di cui al menzionato art. 485 cod. civ., non avendo essa provveduto alla redazione dell’inventario nel termine di tre mesi dall’apertura della successione e dovendo pertanto qualificarsi erede pura e semplice, alcun effetto potendo quindi conseguire alla tardiva rinuncia all’eredità, non più possibile una volta che sia stata acquisita la qualità di erede quale effetto predeterminato ex /ege al verificarsi dei presupposti previsti dall’art. 485 cod. civ.
2. Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 7 del lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dovendo qualificarsi la norma di cui all’art. 7, quarto comma, del citato d. lgs. 346/1990, in tema d’imposta di successione, secondo cui «fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato», come norma di carattere speciale rispetto alla disciplina civilistica, e lamentando come la relativa disposizione sia stata totalmente ignorata dal giudice tributario di secondo grado.
3. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente lamenta omessa motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., essendosi la CTR limitata ad affermare che «[l]a rinuncia all’eredità, se non si è in possesso dei beni ereditari, può essere fatta fino alla prescrizione del diritto (dieci anni dall’apertura della successione)», omettendo qualsiasi considerazione relativamente alle circostanze dalle quali potesse evincersi che la contribuente non fosse nel possesso dei beni ereditari, contrariamente a quanto affermato dall’Ufficio che ne aveva invece affermato il possesso.
4. I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro
Essi, in disparte ulteriori profili d’inammissibilità pur dedotti dalla controricorrente nel proprio controricorso, sono in ogni caso infondati.
4.1 La CTR ha rigettato l’appello muovendo, sul presupposto che la C. non fosse nel possesso dei beni ereditari, dall’applicabilità, nella fattispecie in esame, dell’art. 521 cod. , che, sancendo l’effetto retroattivo della rinunzia, al primo comma stabilisce che «[c]hi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse stato mai chiamato».
In ragione dell’affermato presupposto di fatto, il cui accertamento compete al giudice del merito, la statuizione resa dalla CTR con la pronuncia in questa sede impugnata è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, ord. 30 maggio 2018, n. 13639) in materia, secondo cui «[i]l chiamato all’eredità, che abbia ad essa rinunciato, non risponde dei debiti del “de cuius”, in quanto la rinuncia ha effetto retroattivo ai sensi dell’art. 521 c.c., senza che, in ragione di ciò, assuma rilevanza l’omessa impugnazione dell’avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l’apertura della successione, stante l’estraneità di detto chiamato alla responsabilità tributaria del “de cuius”, circostanza che è, di conseguenza, legittimato a far valere in sede di opposizione alla cartella di pagamento», essendosi ancora osservato che « [u]na diversa conclusione non potrebbe desumersi dalla regola di determinazione dell’imposta evincibile dall’ultimo comma dell’art. 7 del d.lgs. 346/90: posto che tale norma, comportante un’eccezione ai principi generali in tema di obbligazione, è applicabile non ai tributi posti a carico del de cuius, ma unicamente all’imposta di successione» (così, ancora, la citata Cass. ord. n. 13639/18; in senso conforme si vedano anche Cass. sez. 5, ord. 13 ottobre 2010, n. 21101 e, più di recente, Cass. sez. 5, ord. 3 novembre 2020, n. 24317).
4.2 Era pertanto onere dell’Ufficio, quale attore in senso sostanziale, provare, affinché potessero ravvisarsi sussistenti i presupposti per la d. accettazione presunta dell’eredità, ex art. 485 cod. civ., che la C. si trovasse nel possesso dei beni ereditari (specificamente, in tema di controversia tributaria tra contribuente e fisco, Cass. sez. 5, 29 marzo 2017, n. 8053; in generale, in tema di accettazione dell’eredità, cfr. Cass. sez. 3, 29 marzo 2006, n. 7226, nel senso che «ai fini dell’applicabilità dell’art. 485 cod. civ., che prevede l’ipotesi della cosiddetta ” accettazione presunta” per effetto della mancata effettuazione dell’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari, l’onere della prova di tale possesso incombe su colui che lo abbia dedotto»).
4.3 La sentenza impugnata ha quindi fondamentalmente ritenuto non assolto detto onere probatorio da parte dell’Agenzia delle entrate, che ha invece basato i primi due motivi di ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto proprio in base al presupposto fattuale disatteso dalla CTR, con accertamento di fatto insindacabile in questa
5. Il terzo motivo, con il quale l’Amministrazione ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., “omessa motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti”, è palesemente
5.1 Di là da quanto sopra osservato in merito all’onere probatorio incombente alla ricorrente Agenzia delle entrate riguardo al possesso dei beni ereditari, è sufficiente osservare che nella fattispecie in esame, riguardante impugnazione avverso sentenza della CTR pubblicata il 18 marzo 2015, trova applicazione l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nella sua attuale formulazione, conseguente alla sua sostituzione ad opera dell’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, per cui il vizio denunciabile è quello di omesso esame circa un fatto decisivo (da intendersi in senso storico – naturalistico) per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il vizio motivazionale essendo ormai limitato alla violazione del c.d. “minimo costituzionale”, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU, 7 aprile 2014, n. 8053).
5.2 Nella fattispecie in esame, invero, per quanto succinta, la motivazione espressa dalla sentenza impugnata – che prende in esame il fatto negativo del non possesso dei beni ereditari da parte della chiamata come presupposto della ritenuta applicabilità, nella fattispecie in esame, dell’art. 521 cod. civ. – è pienamente idonea a rivelare la ratio decidendi, consentendone il controllo in sede d’impugnazione.
6. In conclusione il ricorso dell’Agenzia delle entrate va rigettato.
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da
8. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non sì applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2002, 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.300,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, esborsi, liquidati in euro 200,00 ed accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11832 depositata il 12 aprile 2022 - In tema di imposta di successione, il chiamato alla eredità, che, dopo aver presentato la denuncia di successione, ricevuto l'avviso di accertamento dell'imposta ometta di impugnarlo,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13839 depositata il 3 maggio 2022 - Nel caso in cui l'avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, tuttavia, il socio potrà fare valere le proprie ragioni nel giudizio…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 marzo 2022, n. 6616 - La disciplina legale delle passività deducibili ai fini dell'imposta di successione è improntata ad estremo rigore ontologico e probatorio, là dove ammette alla deduzione solo i debiti del defunto che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 ottobre 2020, n. 23989 - L'accettazione dell'eredità è il presupposto perché si possa rispondere dei debiti ereditari, una eventuale rinuncia, anche se tardivamente proposta, esclude che possa essere chiamato a rispondere dei…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 10846 depositata il 24 aprile 2023 - Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale - a causa dell'invalidità della relativa notifica - sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 febbraio 2019, n. 5755 - Omesso pagamento di contributi - Eredi di titolare di ditta individuale - Il chiamato all'eredità che, a qualsiasi titolo, è nel possesso dei beni ereditari deve fare l'inventario entro tre mesi dal…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ obbligo del collegio sindacale comunicare
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25336 del 28 agosto 2023, interv…
- Dimissioni del lavoratore efficace solo se effettu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331 depositata il 26 settembre…
- La restituzione ai soci dei versamenti in conto au
La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39139 depositata il 2…
- I versamento eseguiti in conto futuro aumento di c
I versamento eseguiti in conto futuro aumento di capitale ma non «accompagnati d…
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…