Corte di Cassazione ordinanza n. 10568 depositata il 1° aprile 2022
accertamento analitico-induttivo – onere della prova – presunzioni semplici
RILEVATO CHE
1. con sentenza 374/01/14 del 07/11/2014 la Commissione tributaria regionale della Sardegna (di seguito CTR) ha accolto l’appello di C. s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Nuoro (di seguito CTP) n. 222/01/07, la quale aveva respinto il ricorso della società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRPEG, IRAP ed IVA relative all’anno d’imposta 2002;
1.1 come si evince anche dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione dell’utilizzazione di fatture per operazioni ritenute in tutto o in parte inesistenti e concernenti la realizzazione di un fabbricato, per il quale la società contribuente aveva ottenuto un finanziamento ai sensi della 19 dicembre 1992, n. 488;
1.2 la CTR accoglieva l’appello di C. r.l. evidenziando che le affermazioni dell’Ufficio, per le quali le fatture emesse dalla COIMP s.r.l. riportavano voci eccessive rispetto alla spesa reale sostenuta dalla società contribuente erano smentite: a) dalla relazione finale di spesa trasmessa dalla Banca CIS al Ministero per lo Sviluppo Economico, redatta a seguito di sopralluogo, dalla quale risultava la completa realizzazione delle opere; b) dal procedimento penale a carico dell’amministratore unico di C. s.r.l., conclusosi con il proscioglimento dell’imputato; c) dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio espletata in quella sede sulla effettiva esecuzione delle opere e sulla congruità delle stesse;
2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
3. C. s.r.l. non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce la violazione dell’art. 654 cod. proc. pen. e degli artt. 2697 e 2909 cod. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che la sentenza penale di assoluzione sia idonea a scaricare l’onere probatorio sull’Amministrazione finanziaria, la quale, invece, avrebbe avuto solo l’onere di indicare gli elementi presuntivi dell’oggettiva inesistenza delle operazioni sottese alle fatture;
2. con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR), degli artt. 21, settimo comma, e 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 654 cod. pen. e degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la società contribuente addotto elementi idonei a superare quelli indicati dall’Ufficio;
3. i due motivi possono essere unitariamente considerati per ragioni di connessione e sono infondati;
3.1 secondo la giurisprudenza di questa Corte, «in tema di accertamento tributario relativo sia all’imposizione diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 – dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità- che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2, c.c.» (Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010);
3.1.1 inoltre, con specifico riferimento all’oggetto del presente giudizio, deve osservarsi che «una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia» (Cass. 17619 del 05/07/2018; conf. Cass. n. 27554 del 30/10/2018; si veda anche Cass. n. 25778 del 05/12/2014);
3.2 nel caso di specie, la CTR si è pienamente attenuta ai superiori principi di diritto;
3.2.1 invero, il giudice di appello ha esaminato la vicenda nel merito e ha ritenuto che a fronte delle presunzioni fornite dall’Ufficio in ordine alla (parziale) inesistenza delle operazioni sottese alla fattura prodotta dal contribuente, le opere siano state integralmente realizzate per un importo congruo rispetto al valore delle stesse;
3.2.2 il convincimento espresso è stato supportato da tre elementi di prova: a) dalla relazione finale di spesa della Banca CIS che, previo sopralluogo, ha attestato l’effettiva esecuzione delle opere; b) dalla sentenza di proscioglimento in sede penale dell’amministratore della società contribuente; c) dalla relazione dii CTU espletata in sede penale, dalla quale si evince la congruità del prezzo pagato per le opere realizzate;
3.3 secondo la valutazione di merito della CTR, pertanto, i predetti elementi indiziari integrano la prova contraria che il contribuente è tenuto ad offrire in ordine all’effettiva esistenza delle opere realizzate da COIMP s.r.l. per conto di C. s.r.l., prova idonea a superare le presunzioni fornite dall’Ufficio;
3.4 detta valutazione, congruamente e logicamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità e il tentativo di rimetterla in discussione adducendo l’inconsistenza degli elementi di convincimento del giudice di appello integra, sostanzialmente, una contestazione di insufficienza motivazionale che non può essere introdotta con una censura di violazione di legge;
3.5 né può dirsi che la sentenza impugnata si sia limitata a valutare la sentenza penale del Tribunale di Lanusei, che ha costituito solo uno degli elementi probatori portati a sostegno della decisione, nel pieno rispetto dell’autonomia tra il 9iudizio penale e il giudizio tributario;
4. con il terzo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per avere la CTR trascurato la valenza probatoria degli indizi forniti dall’Agenzia delle entrate;
4.1 il motivo è inammissibile;
4.2 la CTR ha valutato nel loro complesso gli elementi probatori forniti dall’Ufficio ritenendo prevalenti quelli dalla stessa evidenziati;
4.3 posto che spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 331 del 13/01/2020; Cass. n. 19547 del 04/08/2017; Cass. n. 24679 del 04/11/2013; Cass. n. 27197 del 16/12/2011; Cass. n. 2357 del 07/02/2004), la censura proposta si traduce in un vizio di motivazione insufficiente, non più censurabile ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. 111. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018);
5. in conclusione, il ricorso va rigettato;
5.1 nulla per le spese in ragione della mancata costituzione in giudizio di C. r.l.
5.2 il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012:, n. 228 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.