CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza n. 10726 depositata il 17 aprile 2019
Contratto di somministrazione
MASSIMA
Rientra nelle scelte imprenditoriali insindacabili dal giudice di merito stabilire, nell’ambito di un legittimo contratto di somministrazione di lavoro ed in presenza di una causale legittima, per quanto tempo e per quanti giorni l’utilizzatore debba avvalersi della prestazione lavorativa somministrata.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda proposta da A. O. il quale, nel convenire in giudizio la s.p.a. P&G Italia, aveva denunciato la illegittimità dei numerosi (97) contratti di lavoro somministrato stipulati con la Manpower s.p.a. nell’arco temporale compreso fra il 9.6.05 ed il 4.10.08 ed aveva chiesto l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato instauratosi con la società utilizzatrice nonché la condanna della resistente alla riammissione in servizio ed al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal 4.10.08.
Il Tribunale ha innanzitutto rilevato che dalla istruttoria svolta era emerso che nell’arco temporale sopra indicato sussistevano esigenze produttive particolarmente intense, legate al lancio di alcuni prodotti o a speciali ordini fatti alla società resistente che richiedevano tecniche di lavorazione diverse da quelle consuete. Ha peraltro evidenziato che dette esigenze avevano avuto una durata non temporalmente contenuta, circostanza questa desumibile dalle stesse allegazioni della memoria difensiva, sicché le stesse non potevano valere a giustificare i contratti conclusi con il ricorrente, che avevano riguardato periodi non coincidenti con quelli delle dedotte necessità, poiché l’O. era stato in alcuni casi assunto anche per un solo giorno. In sintesi il Tribunale ha ritenuto che la società non avesse dimostrato il nesso causale tra le esigenze dichiarate e l’assunzione, non essendoci coincidenza tra la durata delle prime e lo svolgimento temporale del rapporto.
Avverso detta decisione ha proposto tempestivo appello la società, evidenziando che dalla sola circostanza della non coincidenza temporale fra esigenze produttive ed assunzioni non si poteva desumere la asserita mancanza del necessario nesso causale fra i due dati
Con sentenza depositata il 15.1.15, la Corte d’appello di Roma confermava la decisione, riformandola solo quanto alla misura risarcitoria (calcolata ex art. 32 L.n.183/10) ed all’aliunde perceptum. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società, affidato a quattro motivi, cui resiste l’O. con controricorso, poi illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
Con i primi due motivi la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20, comma 4, 22, comma 2, 27 comma 3 del d.lgs. n. 276/03, nonché dell’art. 2697 c.c.
Lamenta più in particolare col primo motivo che la sentenza impugnata valutò erroneamente il concetto dei ‘picchi di più intensa attività produttiva’ di cui ai contratti di somministrazione, nonché (secondo motivo) il nesso di causalità tra tali esigenze produttive ed i contratti di somministrazione con l’O., evincendone la mancanza sol perché questi ultimi non coincidevano pienamente con quella del dedotto picco, violando così tra l’altro l’art. 27, comma 3, d.lgs. n. 276/03.
Il secondo motivo è fondato ed assorbe l’intero ricorso.
La sentenza impugnata, infatti, dopo aver ampiamente accertato la specificità delle varie causali di assunzione, ha escluso la sussistenza del nesso causale tra esse e le varie utilizzazioni in somministrazione dell’O. per la ragione che questi venne ‘assunto’, per lo svolgimento di mansioni di cui alle dette causali, solo per periodi che, pur rientrando in quelli dei denunciati picchi produttivi, non coincidevano interamente con essi. La sentenza impugnata ha evidenziato, ad esempio (v. pag.10), che le esigenza produttive in questione sussistevano per archi temporali più ampi rispetto alle ‘assunzioni’ dell’O., spesso di breve durata.
In tal modo la Corte di merito ha violato la norma di cui all’art. 27, comma 3, del d.lgs. n. 276/03 secondo cui il controllo giudiziale sulle ragioni che consentono la somministrazione ‘non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all’utilizzatore’, essendo evidente che rientra nelle scelte imprenditoriali insindacabili dal giudice di merito stabilire, nell’ambito di un legittimo contratto di somministrazione lavoro ed in presenza di una causale legittima, per quanto tempo e quanti giorni l’utilizzatore debba avvalersi della prestazione lavorativa somministrata.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia alla luce delle considerazioni svolte, oltre che per la regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione
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