CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 10746 depositata il 21 aprile 2023
Lavoro – Impiego irregolare di collaboratore domestico – Mancata consegna della dichiarazione sottoscritta contenente i dati della registrazione effettuata nel libro matricola – Mancata comunicazione dell’assunzione al Centro per l’Impiego nel termine previsto – Maxi sanzione per il lavoro nero – Sanzioni amministrative pecuniarie per omessa registrazione nelle scritture contabili dei lavoratori dipendenti assunti – Natura istantanea a effetti permanenti dell’illecito omissivo – Inapplicabilità – Rigetto
Svolgimento del processo
In seguito ad un accertamento ispettivo condotto dai Carabinieri di Prato, è stato riscontrato l’impiego irregolare di una collaboratrice domestica da parte di M.C.M.Z..
Pertanto, l’Ispettorato territoriale del Lavoro di Prato-Pistoia ha notificato alla detta Z. tre ordinanze ingiunzione: con la prima, la n. 468/2013, è stata inflitta la sanzione di € 31.868,75 per avere irregolarmente impiegato una collaboratrice domestica per 577 giornate di lavoro effettivo;
con la seconda, la n. 469/2013, è stato intimato il pagamento di € 618,75 per non avere consegnato alla lavoratrice, all’atto dell’assunzione, la dichiarazione sottoscritta contenente i dati della registrazione effettuata nel libro matricola;
con la terza, la n. 470/2013, è stato richiesto il pagamento di € 226,50 per non avere comunicato al competente Centro per l’Impiego, entro il termine prescritto di cinque giorni, l’assunzione della lavoratrice.
M.C.M.Z. ha proposto tre opposizioni contro le menzionate ordinanze presso il Tribunale di Prato il quale, nel contraddittorio delle parti, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 815/2015, li ha accolti, ritenendo non sufficientemente provata l’esistenza di un rapporto di lavoro domestico.
L’Ispettorato territoriale del Lavoro di Prato-Pistoia ha proposto appello.
M.C.M.Z. ha presentato appello incidentale condizionato.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 2750/2019, ha accolto in parte il gravame, rigettando le originarie opposizioni di M.C.M.Z. contro le ordinanze n. 469/2013 e n. 470/2013, con conferma, per il resto, della decisione di primo grado.
L’Ispettorato territoriale del Lavoro di Prato-Pistoia ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
M.C.M.Z. si è difesa con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1) Preliminarmente si osserva l’irrilevanza dell’errore materiale denunciato dalla controricorrente e concernente l’ordinanza interlocutoria n. 26036 del 5 settembre 2022 della Sezione VI-L della Core di cassazione, trattandosi di un atto meramente interno e non definitivo destinato ad essere integralmente superato dall’odierna ordinanza decisoria.
2) Con un unico motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3, comma 3, legge n. 73 del 2002, come modificato dall’art. 36 bis, coma 7, lett. a), d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla legge n. 248 del 2006 e dall’art. 12 delle preleggi, in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere applicabile, nella specie, la c.d. maxi sanzione per il lavoro nero nella versione di cui al citato art. 36 bis. In particolare, detta sanzione era applicabile non solo all’imprenditore professionale, ma, in generale, ad ogni datore di lavoro, atteso che la normativa in esame si riferiva, oltre che alle scritture contabili obbligatorie, pure ad “altra documentazione obbligatoria”.
La doglianza è infondata, anche se la motivazione della Corte d’appello di Firenze deve essere corretta ex art. 384, u.c., c.p.c.
Infatti, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie per omessa registrazione nelle scritture contabili dei lavoratori dipendenti assunti, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002, conv., con modif., dalla legge n. 73 del 2002, la modifica apportata a detta norma dall’art. 36 bis, comma 7, lett. a), del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla legge n. 248 del 2006, non si applica alle violazioni antecedenti all’11 agosto 2006, in ragione della natura istantanea ad effetti permanenti del detto illecito omissivo, che si consuma nel momento in cui, decorso il termine stabilito per la comunicazione dell’assunzione agli uffici competenti, detta comunicazione non sia effettuata (Cass., Sez. L, n. 35978 del 22 novembre 2021).
Ne deriva che la P.A. ricorrente non può invocare, a sostegno della propria pretesa, una normativa successiva al momento della realizzazione della condotta sanzionata risalente, nella specie, come accertato dalla sentenza impugnata (non impugnata sul punto), al 2004 (per l’esattezza, il rapporto di lavoro in esame è iniziato il 3 dicembre 2004).
La corte territoriale ha, invece, erroneamente ritenuto che trovasse applicazione la successiva sanzione introdotta dall’art. 36 bis, comma 7, lett. a), del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla legge n. 248 del 2006, sul presupposto della natura permanente della violazione de qua.
3) Il ricorso è rigettato.
La correzione della motivazione della sentenza impugnata consiglia di compensare le spese del presente giudizio di legittimità.
Non sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, per dichiarare l’obbligo di parte ricorrente di corrispondere un importo pari a quello del contributo unificato versato, se dovuto, trattandosi di P.A. non tenuta a versare detto contributo.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– compensa le spese.
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