Corte di Cassazione ordinanza n. 10887 depositata il 5 aprile 2022
accertamento analitico induttivo – percentuali di ricarico – motivazione apparente
Rilevato che:
1. Con sentenza 447/01/2011 depositata in data 2/12/2011 la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava sia l’appello principale proposto dalla società Tuttoscarpa di Giacomelli Riccardo & Giacomelli Patrizia S.n.c. e dai soci Giacomelli Patrizia, Bindi Paola sia l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 56/20/10 della Commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale a sua volta aveva par zialm ent e accolto il ricorso avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA, IRPEF, IRAP, sanzioni e interessi 2005, rideterminando i maggiori ricavi per l’anno di imposta.
2. Avverso tale decisione i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, che illustrano con memoria, cui replica l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Ritenuto che:
3. Con il primo motivo di ricorso – ai fini dell’art.360 primo comma 3 e 4 cod. proc. civ. – si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112 cod. proc. civ., 37 del d.P.R. n.600 del 1973 e la nullità della sentenza o del procedimento per violazione o falsa applicazione di tali regole, per aver la CTR avallato la “correzione” dell’atto impositivo operata dal giudice di primo grado, esorbitando dal thema decidendum della controversia, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Con il secondo motivo i ricorrenti – ai sensi dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ. – prospettano l’insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dalla ricostruzione analitica ex art.39 comma 1 lett. d) del d.P.R. n.600 del 1973, e l’esposizione di ragioni del tutto insufficienti ad assurgere ad idonea motivazione, sostanzialmente del tutto manchevole o, comunque, insufficiente se non contraddittoria.
4. I motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono affetti da profili di inammissibilità e di infondatezza. Innanzitutto, come eccepito in controricorso, la loro tecnica di formulazione che cumula una congerie di profili di doglianza tra loro incompatibili.
In ogni caso, il Collegio osserva che la controversia verte sui presupposti dell’accertamento presuntivo condotto in presenza di contabilità regolare nei confronti della società per II. DD. e IVA e, per trasparenza, nei confronti dei soci.
La consolidata giurisprudenza di legittimità afferma che l’accertamento analitico-induttivo del reddito di impresa previsto dall’art.39 comma 1 lett. d) secondo periodo del d.P.R. n.600 /1973, che consente l’utilizzazione di prove presuntive qualificate, non richiede che siano previamente accertate irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, essendo ben possibile che la contabilità sia formalmente regolare ma sostanzialmente inattendibile, e ciò sulla base delle prove presuntive indicate dall’Ufficio (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23550 del 05/11/2014).
5. Parallelamente, anche in tema d’IVA, l’Amministrazione, nel caso di regolarità formale della contabilità, può disconoscere la detrazione in ragione di presunzioni semplici basate su dati e notizie apprese da terzi o su accertamenti effettuati presso terzi, atteso l’ampio potere conoscitivo della posizione fiscale, riconosciuto dalla legge e limitato solo dal rispetto dei diritti costituzionali, con conseguente inversione dell’onere della prova, essendo il contribuente tenuto a dare prova dell’infondatezza della pretesa erariale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18232 del 16/09/2016). Nel caso di specie, l’accertamento analitico induttivo è stato legittimamente condotto anche sulla scorta anche di dati reperiti in sede di verifica e contenuti in un computer adibito alla gestione informatizzata del magazzino aziendale.
6. Quanto poi alla determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta in sede di accertamento induttivo, la giurisprudenza consolidata della Sezione afferma che questa deve avvenire adottando un criterio che sia: a) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi in esame; b) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; c) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in base alla composizione del campione di beni; tale modalità di determinazione della reale percentuale di ricarico prescinde del tutto dalla circostanza che la contabilità dell’imprenditore risulti formalmente regolare (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza 30276 del 15/12/2017, Rv. 646984 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 736 del 19/01/2021, Rv. 660296 – 01).
7. Orbene, la sentenza impugnata si è attenuta sotto il profilo oggetto del motivo, ai principi di diritto che precedono. La pur succinta motivazione della sentenza impugnata esprime una chiara “ratio decidendi“, che non si limita a riportarsi sulla decisione di primo grado. La CTR ritiene che l’avviso di accertamento sia congruamente motivato, e individua anche gli elementi istruttori alla base della statuizione, costituiti dalle percentuali di ricarico desumibili dall’attività di impresa concretamente svolta, sia pure per un anno di imposta diverso da quello oggetto di ripresa, il 2008. Il giudice d’appello ritiene che si deve presumere che gli elementi raccolti per quell’anno di imposta non abbiano subito significative variazione con riferimento all’anno 2005, oggetto delle riprese.
8. La pronuncia della CTR è conforme al maggioritario e condiviso orientamento di codesta Sezione (Sez. 5 – , Sentenza n. 27330 del 29/12/2016, 642387 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 5049 del 02/03/2011, Rv. 617124 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 23550 del 05/11/2014, Rv. 632959 – 01) secondo cui, in linea generale, in tema di accertamento analitico induttivo le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi.
9. A tale orientamento va data continuità, in considerazione anche del fatto che, in base all’esperienza, la tipologia di merci trattate e la misura del ricarico sulle stesse non è una variabile occasionale. Ciò è d’altro canto confermato anche da quanto è concretamente avvenuto nel caso in esame, nel quale la regola di ripartizione dell’onere probatorio non è stata violata, perché l’Amministrazione finanziaria ha provveduto al calcolo della percentuale media di ricarico sulla base delle fatture prodotte dalla stessa contribuente, la quale le ha evidentemente ritenute rappresentative della propria attività commerciale, pur essendo relative a diverso anno di imposta rispetto a quelli oggetto di accertamento.
10. In secondo luogo, rientra tra le facoltà dei contribuenti indicare le specifiche ragioni per cui i prodotti ritenuti concordemente significativi nell’anno di imposta 2008 non lo sarebbero stato per l’anno 2005, ma i contribuenti non hanno fornito neppure in sede di ricorso per Cassazione concrete indicazioni in ordine ad una eventuale diversa composizioni dei campioni di prodotti più venduti negli anni pregressi.
Va al proposito considerato che il contribuente è il soggetto “più vicino” (cfr., per altre applicazioni del medesimo criterio, Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 14999 del 15/07/2020, Rv. 658359 – 02; Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 13571 del 19/05/2021, Rv. 661309 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 297 del 09/01/2020, Rv. 656455 – 01) al soddisfacimento dell’onere della prova ex art. 2697 cod. civ., perché necessariamente al corrente di eventuali mutamenti della tipologia di merci commerciate nell’attività della propria impresa e, di conseguenza, è giusto e conforme a legge che su di lui gravi l’onere di dimostrare gli eventuali mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse. La decisione della CTR è conforme ai principi di diritto che precedono, e accerta anche che la continuità del campione merceologico è conforme alle risultanze degli studi di settore.
11. Quanto alla misura delle riprese, nessuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste: attraverso l’espressione “motivatamente corretto”, il giudice d’appello conferma il parziale accoglimento del ricorso da parte del giudice di prime cure attraverso la riduzione delle riprese, com’era facoltà del giudice tributario fare, perché il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, sia dell’accertamento dell’Ufficio (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 18777 del 10/09/2020, Rv. 658860 – 01). Non si configura dunque alcuna nullità della sentenza per i profili evidenziati nel primo motivo non avendo esorbitando dal “thema decidendum” della
12. Non sussiste neppure il vizio motivazionale denunciato nel secondo motivo, sostanzialmente di motivazione apparente. Si ribadisce infatti che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “errar in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232). Nel caso di specie, la CTR indica le proprie fonti di convincimento, confermando la riduzione del quantum delle riprese da parte della CTP sulla base quadro istruttorio raccolto nel processo, avendo il giudice di primo grado tenuto conto delle specifi che indicazioni e documenti forniti dai contribuenti, secondo un iter logico argomentativo logico che rispetta il minimo costituzionale.
13. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5. 600, 00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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