CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 11025 depositata il 26 aprile 2023
Tributi – Rimborso degli interessi su IRPEG e IVA – Aggio dovuto all’agente di riscossione – Tributo corrisposto in eccedenza – Ricorso rigettato
Rilevato che
1. F. s.p.a. (che nelle more del giudizio ha assunto la denominazione di A.H. s.p.a.) impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma il diniego tacito dell’amministrazione finanziaria alla propria istanza di rimborso degli interessi su Irpeg e Iva, imposte che essa aveva provvisoriamente versato dopo la notifica di un avviso di accertamento che era stato in seguito annullato.
In pendenza della lite, l’Erario effettuò il rimborso in termini che la società contribuente ritenne tuttavia non satisfattivi; l’importo rimborsatole, infatti, non comprendeva anche gli interessi sulla somma da lei versata a titolo di “aggio” dovuto all’agente di riscossione.
La C.T.P. respinse il ricorso.
2. Il successivo appello, proposto dalla contribuente innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, fu invece accolto.
I giudici del gravame richiamarono il contenuto del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68 – a mente del quale l’accoglimento del ricorso del contribuente avverso un atto impositivo comporta l’obbligo di rimborsare anche d’ufficio il tributo versato in eccesso, con i relativi interessi, entro novanta giorni dalla notifica della sentenza – e del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44 – che afferma il diritto del contribuente che ha effettuato versamenti diretti per un ammontare superiore al dovuto di vedersi corrispondere gli interessi in misura dell’1% semestrale sulla “maggior somma effettivamente pagata” – ed osservarono che tale ultima locuzione impone di non escludere alcuno degli importi versati in eccedenza all’Ente impositore.
Soggiunsero, poi, che la conseguente pretesa della contribuente di vedersi corrispondere anche gli interessi sulla somma dovuta a titolo di “aggio” era conforme alla previsione di cui all’art. 1282 c.c..
3. La sentenza d’appello è stata impugnata dall’Amministrazione finanziaria con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
La società intimata ha depositato controricorso, illustrato da successiva memoria.
Considerato che
1. L’unico mezzo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 68 e del d.p.r. n. 602 del 1973, art. 44.
Quest’ultima norma, secondo l’Agenzia ricorrente, sarebbe stata interpretata dalla C.T.R. in modo “sganciato dal necessario riferimento al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68 comma 2”, che prevede la corresponsione degli interessi “previsti dalle leggi fiscali”.
Nessuna disposizione, infatti, prevede il rimborso degli interessi sui compensi di riscossione.
Nell’articolare il motivo di ricorso, inoltre, l’Amministrazione si duole del fatto che la C.T.R. non abbia rilevato l’inammissibile mutatio libelli operata dalla contribuente, la quale solo dopo l’intervenuto pagamento aveva richiesto somme aggiuntive rispetto a quelle indicate nel ricorso introduttivo.
2. Il motivo è infondato.
2.1. La tesi dell’Agenzia ricorrente si fonda sul postulato in base al quale l’aggio riscosso dal concessionario non concorrerebbe a formare l’importo sul quale essa è tenuta a corrispondere gli interessi, al saggio previsto dalla normativa fiscale applicabile, a seguito dell’annullamento di un atto impositivo.
Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68 nel prevedere il rimborso d’ufficio al contribuente del tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza che ne abbia accolto il ricorso, determina la nascita di un’obbligazione ex lege riconducibile allo schema della condictio indebiti e sussumibile nella fattispecie dell’annullamento dell’atto presupposto in sede giurisdizionale, alla quale deve conseguire, come disposto dal comma 2 della norma citata, la restituzione del tributo con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali (v. fra le altre Cass. n. 30368/2018; Cass. n. 18027/2016).
Pertanto, come questa Corte ha già precisato (Cass. n. 26054/2022), l’esigenza che fonda tale previsione è quella di restaurare la situazione patrimoniale del contribuente anteriore alla decisione; e, sulla scorta di tale rilievo, la stessa pronunzia poc’anzi menzionata ha ritenuto che fra le voci oggetto di restituzione vada ricompreso anche il cd. “aggio” – consistente nella remunerazione che, fino al 2015, l’Agente della riscossione percepiva per la sua attività, in relazione a ogni singola cartella – “con gli interessi, sia pure nella misura prevista dalle leggi fiscali”.
2.3. Il Collegio ritiene di dover dare continuità a tale indirizzo anche sulla base di un’ulteriore considerazione.
La censura formulata dall’Agenzia ricorrente si fonda infatti sul presupposto in base al quale l’aggio non rientrerebbe nel perimetro del “tributo corrisposto in eccedenza” del quale il citato art. 68 prevede il rimborso.
A tale proposito, questa Corte ha effettivamente ritenuto che l’aggio non abbia natura intrinseca di tributo, poiché costituisce il compenso per l’attività esattoriale ed è pertanto munito di connotazione retributiva (così anche, fra le numerose altre, Cass. n. 8714/2020; Cass. n. 3524/2018; Cass. n. 25932/2015; Cass. n. 7868/2014).
Tuttavia, il fatto che l’entità dell’aggio sia stata determinata dal legislatore in percentuale fissa sulle somme iscritte al ruolo, e non commisurata all’attività effettivamente svolta dal concessionario per la riscossione, rende evidente che, in realtà, la sua funzione è quella di coprire i costi complessivi dell’attività di riscossione (Cass. n. 27650/2020).
Come, infatti, è stato osservato dalla Corte costituzionale – investita della questione di legittimità del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 17 comma 1, (come sostituito dal d.l. 29 novembre 2008, n. 185, art. 32 comma 1, lett. a), conv. in l. n. 2 del 2009), che ha rideterminato l’ammontare della percentuale di tale compenso – attraverso l’aggio si attua il meccanismo di finanziamento ordinario dell’intera attività di riscossione, che fra i principali fattori di costo presenta quello della mancata esazione; pertanto, al fine di remunerare i costi che l’Agente della riscossione sconta in relazione alle operazioni infruttuose, le spese complessive del sistema vengono poste a carico di tutti i contribuenti che siano stati raggiunti da una cartella di pagamento (sentenza n. 120 del 2021).
2.4. In coerenza con tale impostazione, la giurisprudenza di questa Corte (si veda, in particolare, la sentenza n. 27650/2020 poc’anzi menzionata) ha dunque escluso la natura tributaria dell’aggio, ma all’unico fine di giustificarne la sottrazione ai limiti imposti dal principio di capacità contributiva, affermando che rientra nella discrezionalità del legislatore la fissazione dei criteri di quantificazione e dei presupposti di erogazione degli importi a tale titolo dovuti; al contempo, infatti, la stessa giurisprudenza ha più volte ritenuto che l’aggio ha “natura accessoria al tributo” (Cass. n. 25932/2015; Cass. n. 7868/2014; Cass. n. 11230/2013; Cass. n. 6646/2013).
Nello stesso senso, la richiamata pronunzia della Corte costituzionale – seppur sollecitando, per ragioni che qui non rilevano, un intervento legislativo (poi realizzatosi) volto ad evitare il rischio di una quantificazione sproporzionata – ha osservato che la previsione e la determinazione dell’aggio hanno lo stesso fondamento del dovere tributario, riconducibile al valore inderogabile della solidarietà di cui alla Cost., art. 2 e “preordinato al finanziamento del sistema dei diritti costituzionali, i quali richiedono ingenti quantità di risorse per divenire effettivi”
Siffatto carattere “funzionalmente tributario” dell’aggio costituisce, pertanto, ulteriore ragione per annoverarlo fra le somme rimborsabili ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 68 comma 2 “con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali”, così come ritenuto dai giudici d’appello.
2.5. Tale rilievo conduce a ritenere infondata la censura anche nel profilo che denunzia la tardività della richiesta della contribuente perché non contenuta nell’originario ricorso, laddove, infatti, era stato richiesto il rimborso “di tutte le somme corrisposte, maggiorate dei relativi interessi”, con un evidente riferimento all’intero novero degli importi dovuti, comprensivi anche dei compensi per l’agente della riscossione.
3. In conclusione, il ricorso è meritevole di rigetto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché la parte soccombente è un’Amministrazione patrocinata dall’Avvocatura dello Stato, non si fa luogo alla condanna della stessa al pagamento di un importo pari al doppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfetario al 15% e oneri accessori.
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