Corte di Cassazione ordinanza n. 11422 depositata l’ 8 aprile 2022

contenzioso tributario – motivi di appello

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. G.B. impugnava l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate con riferimento alla dichiarazione di successione presentata dalla predetta, in qualità di erede di M.E., con il quale venivano liquidate maggiori imposte di successione, ipotecarie e catastali, riducendo la franchigia applicabile prevista dall’art. 2 comma 49, d.l. 262/2006, per un importo pari al valore rivalutato di una pregressa donazione effettuata dalla de cuius nel 2003 in favore della erede ( pari ad euro 552.833,00), contestando la violazione dell’art. 8 d.lgs. 346/90, sul rilievo che il valore dell’asse ereditario non può essere maggiorato delle donazioni disposte in vita dal defunto se non ai ai fini della determinazione delle aliquote, ma non anche ai fini della determinazione della

La CTP di Sondrio accoglieva parzialmente il ricorso statuendo l’applicabilità dell’art. 8 cit., dichiarando dovuto il rimborso delle somme versate in eccedenza a causa dell’erronea indicazione del valore dei beni indicati nella denuncia di successione.

La contribuente impugnava la decisione avverso la CTR della Lombardia che respingeva il gravame.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la contribuente sulla base di tre motivi.

L’agenzia ha depositato nota al solo fine di partecipare all’udienza.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’illegittimità della sentenza ex art. 360, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 53 primo comma e dell’art. 56 del d.lgs. 546/92, nella parte in cui i giudici regionali hanno dichiarato inammissibile l’appello perché con esso erano state riproposte le medesime questioni dedotte in primo grado.

A tal fine la ricorrente ha trascritto a pagina 9 del ricorso la censura prospettata in secondo grado con la quale si criticava “la decisione impugnata per non aver ritenuto abrogato dalla nuova legge sulle imposte di successione e donazione l’art. 8 comma 4, del d.lgs. 346/90, atteso che la L 286/2006 non prevede alcuna disposizione che contempli la riduzione della franchigia in presenza di una donazione e….. considerato che non sono previste aliquote crescenti per scaglioni, l’art. 8 cit. non è più applicabile”.

3. Il motivo è fondato.

4. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni originarie poste a fondamento  della pretesa fatta valere in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di  primo  grado assolve l’onere di impugnazione  specifica imposto dall’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere «i motivi specifici dell’impugnazione» e non già «nuovi motivi»,  atteso  il  carattere  devolutivo pieno, nel processo  tributario,  dell’appello.  Si è in  proposito  ritenuto  che «in tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito» (Cass. n. 1200 del 22/01/2016; per identica statuizione di diritto espressa con riguardo all’appello dell’amministrazione, cfr. n. 24641 del 05/10/2018, ove si precisa che l’art. 53 cit. è norma speciale rispetto all’art. 342 cod. proc. civ. V., inoltre, Sez. 6-5, n. 30525 del 23/11/2018; Sez. 5, n. 32838 del 19/12/2018; Sez. 6-5, n. 7369 del 22/03/2017).

Si è, altresì, affermato che il requisito della specificità dell’appello non può essere inteso nel senso che l’appellante sia tenuto a ricercare nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione, quasi che gli sia precluso di sottoporre all’esame del giudice del gravame quelli già respinti dal primo giudice (Cass., Sez. 5, n. 32838 del 19/12/2018).

Al riguardo questa Corte ha ritenuto che «la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni poste a fondamento dell’originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 quando il ‘cfissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci» (Cass., Sez. 5, n. 32954 del 20/12/2018, Rv. 652142 – 01).

5. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 2 commi 48 e 50 l. n. 262/2006 nonché dell’art. 8, comma 4, d.lgs. n. 346/90 in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.; per avere i giudici regionali affermato che occorre considerare le donazioni pregresse ai fini del calcolo della franchigia.

Deduce al riguardo che l’art. 8 cit. è applicabile ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, con la conseguenza che non può estendersi l’applicazione della disposizione in esame anche ai fini del calcolo della franchigia, come disposto dalla Regionale, la quale avrebbe dovuto applicare la norma vigente, vale a dire l’art. 2 comma 48 della I. 262/2006 che non prevede affatto la decurtazione dalla franchigia delle donazioni pregresse.

Aggiunge che i giudici di appello hanno altresì violato il disposto dell’art. 50 I. 262/2006 ritenendo compatibile il citato art. 8 con la disciplina sulle successioni introdotta dall’art. 2 comma  47 e ss I.  262/2006, atteso che le disposizioni del citato d.lgs. sono applicabili fatto slavo quanto previsto  dai commi  da  48 a  54 e se compatibili.

6. Con la terza censura si lamenta la violazione dell’art. 2 comma 53  l. 262/2006 nonché dell’art.  3 della I.  212/2000 in relazione all’art. 360 n.3, c.p.c., per avere il giudicante affermato che ai fini della franchigia rilevano le donazioni pregresse non assoggettate ad imposta sulle donazioni.

7. Il secondo motivo è fondato, assorbito l’ultimo.

L’art. 8, 4° comma, d.lgs. n. 346/1990 prevedeva una forma di riunione fittizia dei beni donati alla massa ereditaria ai soli fini della determinazione delle aliquote con la precisazione che, a quei fini, il valore delle donazioni di beni diversi dal denaro o da crediti in denaro doveva essere determinato in base al valore venale dei beni medesimi al momento dell’apertura della successione. Anteriormente alle modifiche apportate al Testo Unico n. 346/1990 dalla l. n. 342/2000, l’art. 8 rispondeva all’esigenza di determinare le aliquote progressive per scaglioni, applicabili sul valore eccedente le franchigie stabilite dalla Tariffa allegata al predetto Testo Unico. A seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 342/2000, l’art. 8 rimane immutato nella sua formulazione, sicché alcuni interpreti hanno ritenuto che la disposizione debba essere riferita non più alla determinazione delle aliquote, ma all’applicazione delle franchigie, posto che sotto tale profilo le modalità applicative previste precedentemente sono analoghe a quelle attuali.

Secondo la giurisprudenza di legittimità il cosiddetto “coacervo” (o cumulo) del donatum con il relictum, allo scopo di evitare che il de cuius possa eludere la progressività dell’imposta procedendo in vita ad una serie di donazioni ai futuri eredi o legatari, è previsto al solo fine di determinare le aliquote da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti, non potendosi attribuire un diverso significato al chiaro dettato della norma (Cass. n. 5972/2007; Cass. n. 29739/2008). In particolare, l’art. 8, 4° comma, cit., laddove prescrive il coacervo o il cumulo del donatum con il relictum, non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di riunione fittizia nella massa ereditaria dei beni donati, ai soli fini· della determinazione dell’aliquota  da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti. Ciò in quanto, anche prima della formale abrogazione dell’art. 7, comma 1, 2 quater, d.lgs. n. 346/1990 ad opera dell’art.  2, 50° comma, della l. n.  286/2006,  il disposto dell’art. 8, 4° comma, cit. trovava, in forza della menzionata modificazione da parte della l. n. 342/2000 della norma di riferimento sostanziale di cui all’art. 7 medesimo, insuperabile limite di compatibilità.

Con le sentenze n. 24940/2016 e n.  26050/2016,  questa  Corte  ha espressamente affermato che il “coacervo” non opera ai fini del calcolo della franchigia nell’imposta di successione, per la ragione che l’istituto non è compatibile con il nuovo sistema di tassazione delle successioni e delle donazioni organizzato con aliquote fisse, introdotto dalla l. n. 342/2000 in luogo del previgente sistema di tassazione impostato su aliquote progressive.

La Corte è poi intervenuta a precisare che: «In tema di imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza dell’art. 69 della l. n. 342 del 2000, deve ritenersi implicitamente abrogato l’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 346 del 1990, che prevedeva il cumulo del donatum con il relictum al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato» (Cass. n. 24940/2016; conf. Cass. n. 10255/2020; Cass. nn. 24940/16, 12779/18, 758/2019 ed altre).

8. Il ricorso va pertanto accolto; la sentenza impugnata va cassata con conseguente accoglimento del ricorso originario della contribuente.

In considerazione della recente evoluzione giurisprudenziale, sussistono presupposti per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito l’ultimo; cassa la sentenza impugnata, con conseguente accoglimento del ricorso originario della contribuente.

compensa le spese dell’intero giudizio.