Corte di Cassazione ordinanza n. 11699 depositata l’ 11 aprile 2022
atto emesso ante tempus – nullità
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società I.C. Spa (ora fallita) avvisi di accertamento per Ires e Irap per gli anni 2005 e 2006, in relazione agli elementi emersi in occasione della verifica fiscale per l’anno 2007, anno nel quale era risultata la contabilizzazione di elementi positivi di reddito derivanti dall’incasso di somme corrisposte in esito a lodo arbitrale, che avrebbero dovuto essere considerate, per competenza, nel 2005, anno in cui era stato sottoscritto il lodo.
L’impugnazione della contribuente, che eccepiva la nullità degli avvisi perché emessi ante tempus rispetto al termine ex art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000 e l’infondatezza della pretesa, era accolta dalla CTP di Roma in relazione all’inosservanza del suddetto termine e l’assenza di ragioni di particolare e motivata urgenza.
La sentenza era confermata dalla CTR del Lazio, che escludeva la rilevanza della prossimità del termine di decadenza dell’azione accertatrice ai fini della configurabilità delle ragioni di urgenza.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con tre motivi limitatamente alla statuizione per l’avviso per l’anno 2005. La contribuente resiste con controricorso, poi illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, n. 212 del 2000 per aver la CTR, con riguardo all’avviso per l’anno 2005, escluso chesussistessero ragioni di urgenza, non esplicitate nell’avviso né ravvisabili nella scadenza del termine decadenziale di accertamento, trattandosi di evento prevedibile con un’adeguata programmazione delle attività di controllo, senza considerare che la contestazione era emersa, solo in via occasionale, in relazione a verifica per l’anno 2007, sicché, nel caso concreto, l’imminente scadenza del termine decadenziale poteva costituire idonea ragione giustificativa del mancato rispetto del termine.
1.1 Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, n. 212 del 2000 e dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, sotto un diverso profilo, per aver la CTR ritenuto il ritardo imputabile ad una inadeguata programmazione delle attività di controllo senza considerare se il ritardo fosse, o meno, colpevolmente imputabile all’Amministrazione per incuria, negligenza od inefficienza, dovendosi considerare solo in quest’ultima ipotesi non ravvisabili le ragioni di urgenza.
1.2 Il terzo motivo denuncia, in subordine, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione, identificato nella circostanza che il pvc si riferiva all’anno 2007 e che solo in via occasionale erano emersi fatti rilevanti relativi al 2005, sicché non poteva imputarsi, ai fini della valutazione dell’urgenza esonerativa, una gestione inefficiente o negligente.
2. I motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica investendo una unitaria questione, pur sufficientemente specifici avuto riguardo alle ragioni di censura dedotte, vanno disattesi.
2.1 In punto di fatto, è pacifico, in primo luogo, che il pvc è stato redatto, a seguito di verifica presso la società, in data 9 dicembre 2010, mentre l’avviso è stato emesso in data 15 dicembre dello stesso anno.
È altrettanto pacifico, inoltre, che la verifica riguardava l’anno 2007 e che, in relazione a quanto da essa emerso, erano stati altresì emessi gli avvisi per il 2005 e il 2006. La stessa CTR ne dà atto in termini ampi nello svolgimento in fatto della sentenza impugnata.
2.2 Già da tali elementi, quindi, deriva l’inammissibilità del terzo motivo, dovendosi escludere che il giudice d’appello abbia omesso di considerare tale circostanza ai fini delle sue valutazioni.
2.3 In punto di diritto, occorre prendere le mosse dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 18184 del 29/07/2013 che ha affermato, da un lato, la perentorietà del termine di giorni 60 previsto dall’art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000 (tale, dunque, da determinare la nullità dell’atto emesso ante tempus per essere il termine posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio endoprocedimentale) e, dall’altro, la possibilità di una deroga in presenza di una particolare urgenza a provvedere, ossia di «valida e “particolare” – cioè specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario in questione – ragione di urgenza, idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento», circostanza che deve esistere a prescindere dalla sua esplicita enunciazione nell’avviso.
A questa indicazione delle Sezioni Unite (ribadita e specificata, quanto ai tributi armonizzati, qui non rilevanti, da Sez. U, n. 24823 del 09/12/2015), si è poi uniformata la giurisprudenza successiva che ha puntualizzato, in particolare, «che la capacità paralizzante dell’urgenza rispetto alla nullità dell’atto notificato senza il rispetto del termine dilatorio deve rimanere agganciata a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell’accertamento delle pretese fiscali», sicché va escluso di poter ricondurre «l’urgenza a valutazioni correlate all’imminenza della scadenza del termine dilatorio che … non attengono a fatti specifici che esulano dalla volontà dell’amministrazione ma rappresentano, per converso, l’effetto dell’azione tardivamente esercitata dall’amministrazione proprio perché da tale esercizio deriverebbe l’impossibilità di garantire al contribuente il termine dilatorio e le esigenze fondamentali di garanzia del contraddittorio ad esse connesse» (Cass. n. 22786 del 09/11/2015).
Ne deriva dunque che se «non è idonea a giustificare l’urgenza la mera allegazione dell’impedimento costituito dalla imminente scadenza del termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo, ben può l’amministrazione offrire come giustificazione dell’urgenza la prova che l’esercizio nell’imminenza della scadenza del termine sia dipeso da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vederne dissolta la finalità di recupero delle imposte ritenute non versate dal contribuente. Ciò val quanto dire che non sarà mai l’imminenza della scadenza del termine ad integrare l’urgenza ma, semmai, l’insorgenza di fatti concreti e precisi che possano rendere giustificata l’attivazione dell’Ufficio quando non può più essere rispettato il termine dilatorio» (Cass. 22786 cit.; Cass. n. 5149 del 16/03/2016; Cass. n. 8749 del 10/04/2018; Cass. n. 15755 del 23/07/2020)
2.4 Nella concreta vicenda in giudizio, la CTR, in coerenza con i principi sopra esposti, ha affermato che «nell’atto di accertamento non è stata esplicitata alcuna ragione di urgenza, né essa può essere ravvisata … nella prossimità del termine di decadenza dell’azione accertativa (31 dicembre 2010) con riferimento a fatti accertati con il processo verbale redatto il 9 dicembre 2010» poiché l’approssimarsi di detta scadenza «non è un evento improvviso e inaspettato, ma è prevedibile e prevenibile con un’adeguata programmazione».
2.5 Orbene, tale accertamento toglie ogni rilievo, in primo luogo, alla censura con riguardo all’affermata carenza di indicazioni nell’avviso impugnato.
In secondo luogo, l’Ufficio con le sue deduzioni non ha indicato alcun fatto specifico e particolare rispetto alla prossimità del termine decadenziale ma, semplicemente, si è limitato a fornire una diversa interpretazione della rilevanza del medesimo fatto ancorandolo alla circostanza che la verifica era mirata sul 2007 e che, da essa, erano emerse irregolarità anche per gli anni precedenti.
Questa interpretazione, tuttavia, se, da un lato, finisce con l’attingere (anche) alla valutazione di merito operata dalla CTR, dall’altro si pone in contrasto con i principi sopra esposti, atteso che non vengono in rilievo fattori estranei all’Amministrazione e a lei non imputabili ma attengono, pur sempre, alla concreta programmazione dell’azione accertativa che, a prescindere da profili di “colpevolezza”, resta all’interno della sfera di responsabilità e di gestione delle attività da parte dell’Ufficio.
Il primo e il secondo motivo, pertanto, sono infondati.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese sono regolate per soccombenza, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali al contribuente, che liquida in complessive € 17.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, Iva ed accessori di legge.