CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 11849 depositata il 5 maggio 2023
Tributi – Accertamento irregolarità tributaria – Investimenti finanziari tramite intermediario – Esonero obbligo di dichiarazione – Cumulo giuridico sfavorevole – Revoca in autotutela – Remissione in termini – Atto rinnovabile – Potere di accertamento dell’Amministrazione – Cumulo materiale delle pene – Rigetto
Rilevato che
1. D.P. impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara tre atti di contestazione con i quali l’amministrazione finanziaria gli aveva erogato sanzioni in conseguenza dell’accertamento di irregolarità tributarie negli anni 2008, 2009 e 2010.
A monte degli atti impositivi vi era il rilievo del fatto che il D. aveva omesso di compilare il Quadro RW della dichiarazione dei redditi in relazione ad alcuni investimenti finanziari, che aveva effettuato in Lussemburgo per il complessivo importo di Euro 5.200.000,00 tramite l’intermediaria (…) s.r.l.; quest’ultima circostanza, ad avviso dell’Ufficio, non consentiva l’esonero dall’obbligo di dichiarazione – previsto, per il caso di ricorso ad intermediario, dal d.l. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4 comma 4, – poiché il contribuente non aveva prodotto l’incarico di riscossione dei proventi conferito a detta intermediaria e, inoltre, la stessa risultava posta in liquidazione volontaria con atto del 31 maggio 2007.
2. I ricorsi vennero respinti con sentenze che il contribuente appellò innanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana, la quale, riuniti i giudizi, accolse parzialmente il gravame.
I giudici regionali respinsero i motivi di appello formulati dal contribuente in ordine all’an debeatur.
Osservarono, in tal senso, che la circostanza che gli atti di contestazione fossero stati emessi dall’Amministrazione in sostituzione di altri precedentemente resi, e successivamente annullati in autotutela sul rilievo della mancata considerazione delle difese del contribuente ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 12 non precludeva all’Ufficio il potere di rinnovare la pretesa impositiva sulla base di una più approfondita valutazione degli elementi cognitivi acquisiti, come affermato da questa Corte con la sentenza n. 3248-2016.
Ancora, ritennero corretta la decisione di primo grado nella parte in cui aveva affermato che non sussistevano i presupposti per l’operatività dell’esonero, stante l’intervenuta cancellazione per liquidazione volontaria della società intermediaria e in assenza di contrari rilievi da parte del contribuente.
La sentenza d’appello accolse tuttavia le doglianze del D. relative al quantum debeatur, ritenendo violato il disposto del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 12 comma 5, in relazione al beneficio della continuità, cha andava concesso in presenza di un’identica violazione posta in essere per tre successivi periodi d’imposta.
L’ammontare complessivo delle sanzioni – pari ad Euro 520.000,00, somma corrispondente al 10% degli importi non dichiarati, per ogni anno d’imposta, e così in tutto Euro 1.560.000,00 – fu così rideterminato dalla C.T.R. con il criterio del cd. cumulo giuridico e ridotto a Euro 780.000,00.
3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate sulla base di due motivi. Il contribuente ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo del ricorso principale, denunziando violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12 l’Agenzia delle entrate deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha determinato la sanzione con ricorso al cumulo giuridico, ovvero mediante aumento della sanzione prevista per la violazione più grave dalla metà fino al triplo, come previsto dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12 comma 5, per il caso di violazioni formali relative a più periodi d’imposta.
Secondo l’Ufficio, il ricorso al cumulo giuridico avrebbe avuto, per il contribuente, effetti più sfavorevoli rispetto a quelli conseguenti all’applicazione del cd. cumulo materiale, e ciò in quanto: (a) per la determinazione della sanzione doveva farsi applicazione anche del comma 1 del citato art. 12, a mente del quale, sussistendo un’ipotesi di violazione connessa ad obblighi di carattere formale, la sanzione prevista per la violazione più grave andava anzitutto aumentata da un quarto al doppio, per poi soggiacere all’ulteriore aumento di cui al comma 5; (b) non poteva darsi luogo a un aumento nella misura minima, in considerazione della pluralità di violazioni, dell’assenza di valide giustificazioni e dell’ammontare dell’importo non dichiarato.
2. Il secondo motivo di ricorso principale deduce nullità della sentenza per violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, artt. 36, 53 e 61 e dell’art. 132 c.p.c.
L’Agenzia delle entrate lamenta l’assoluto difetto di motivazione della sentenza in punto alla misura della sanzione, che assume fissata senza alcun riferimento alle già richiamate modalità realizzative dell’illecito.
3. Il primo motivo del ricorso incidentale denunzia violazione del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2quater, conv. nella l. n. 656 del 1994, in relazione alla l. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 12, comma 7, e del d.lgs. n. 472 del 1997, 16, comma 2.
La sentenza impugnata è sottoposta a critica nella parte in cui ha ritenuto che la revoca in autotutela degli originari atti di contestazione non ne precludesse la rinnovazione all’Ufficio.
Il ricorrente, in proposito, richiama la stessa pronunzia di questa Corte richiamata dalla C.T.R., che, sul punto, ha condizionato la liceità della rinnovazione al fatto che l’Amministrazione abbia operato una valutazione più approfondita di elementi già in suo possesso.
Evidenzia, quindi, che, diversamente opinando, si finirebbe con l’introdurre una sorta di “costante remissione in termini” dell’amministrazione finanziaria, abilitata ad emettere atti sulla base di una valutazione iniziale e superficiale, con la certezza di poterli successivamente revocare in autotutela e sostituire con nuovi atti, alla luce delle doglianze espresse dal contribuente.
Osserva infatti, a tale ultimo riguardo, che nel caso di specie gli atti impositivi erano stati “rinnovati” dall’Ufficio dopo l’esame di documenti acquisiti sulla scorta di quanto egli stesso aveva evidenziato nella propria memoria, il cui esame era stato trascurato in prima battuta, come da lui evidenziato in sede giudiziale.
4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è denunziata violazione del d.l. n. 167 del 1990, art. 4 commi 1 e 4.
La censura investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i requisiti per l’ottenimento dell’esonero dall’obbligo di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi.
Il contribuente osserva, infatti, di aver dimostrato l’esecuzione di due bonifici, per il complessivo ammontare di Euro 5.200.000,00, a favore della società intermediaria, la quale aveva successivamente provveduto ad investire l’importo in prodotti finanziari lussemburghesi rimborsabili al 31.12.2011, a lui nominalmente intestati.
L’operazione, pertanto, era documentata e tracciabile, così da escludere ogni intento elusivo da parte sua, e perciò l’applicazione delle sanzioni comminate.
5. Vanno esaminati con priorità i motivi di ricorso incidentale, in quanto attengono alla legittimità della pretesa erariale.
5.1. Il primo motivo non è fondato.
Com’e’ noto, il d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43 consente all’Amministrazione di modificare un atto impositivo già emesso soltanto nell’ipotesi di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte sua.
Questa Corte, tuttavia, ha rilevato che siffatto limite non operi con riguardo a un atto impositivo annullato in sede di autotutela, alla cui rinnovazione l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che le compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti nei termini di legge, salva l’ipotesi nella quale l’atto rinnovato costituisca elusione o violazione dell’eventuale giudicato formatosi sull’atto nullo (così, fra le altre, Cass., n. 25023/2016; Cass. n. 4029/2015; Cass. n. 16115/2007).
Nel caso di specie, ferma restando l’insussistenza di giudicato sulla pretesa erariale esercitata con gli atti originari, l’Amministrazione ha sostituito questi ultimi con quelli oggetto della presente controversia, nell’esercizio del proprio potere di accertamento.
Quest’ultimo, infatti, e come rilevato da questa Corte con la pronunzia menzionata da entrambe le parti, non si consuma attraverso l’emanazione dell’atto annullato; l’Amministrazione deve integrare le parti che hanno dato luogo all’invalidità dell’atto precedente, in quanto essa, in ordine al proprio potere di autotutela, non gode di alcun margine di discrezionalità (Cass., n. 3248/2016; v. anche Cass., n. 6981/2021 in motivazione).
5.2. Anche il secondo motivo non è fondato.
Invero, la funzione dell’obbligo di compilazione del Quadro RW è quella di consentire il monitoraggio fiscale di investimenti e attività di natura finanziaria all’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva (così, fra le altre, Cass., n. 1311/2018).
Ciò spiega l’esonero del contribuente da tale obbligo per il caso in cui dell’attività di investimento sia incaricato un intermediario residente, o il contratto di gestione sia concluso suo tramite; il d.l. n. 167 del 1990, art. 1 commi 1 e 2, fa infatti carico a tali soggetti di trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati che consentono di individuare i termini, i mezzi di esecuzione e lo scopo del rapporto nonché di identificare il cliente e il titolare effettivo.
A tali obiettivi di trasparenza e’, dunque, funzionale l’accertamento dell’esistenza di un incarico effettivo conferito dal contribuente all’intermediario residente, in modo tale da consentire l’adempimento dei menzionati obblighi di rilevazione e segnalazione.
In continuità con tali indicazioni, la C.T.R. ha condiviso il rilievo dell’Ufficio in base al quale l’accertata cancellazione della società intermediaria in data anteriore alle annualità di riferimento impediva di ritenere effettivo l’incarico e, conseguentemente, di far pervenire all’Amministrazione le informazioni sull’investimento, esonerando il contribuente dall’obbligo di compilazione del Quadro RW.
Tale rilievo, come pure correttamente osservato dai giudici d’appello, non è scalfito dagli argomenti del contribuente, il quale rappresenta di aver effettuato il versamento alla società di intermediazione, ma non svolge alcuna considerazione in punto al fatto all’intervenuta estinzione della stessa.
6. Venendo all’esame del ricorso principale, il primo motivo non è fondato.
Nell’accogliere la tesi del contribuente circa la necessaria applicazione del cd. cumulo giuridico, infatti, la sentenza d’appello si è conformata al costante indirizzo assunto da questa Corte (v. per tutte Cass. n. 24649/2017; Cass. n. 2597/2016) secondo cui l’omessa o ritardata trasmissione di più dichiarazioni fiscali consente all’Ufficio di sanzionare le relative condotte, riconoscendo tuttavia l’applicazione del cumulo giuridico ammesso dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12 comma 5.
Sul punto, peraltro, non può essere condivisa la tesi dell’Agenzia ricorrente, secondo la quale la base sanzionatoria di riferimento dovrebbe calcolarsi avendo riguardo anche alla previsione di cui al comma 1, vertendosi in ipotesi di pluralità di violazioni formali.
Al riguardo, infatti, si deve osservare che le diverse previsioni applicative del cd. cumulo giuridico in presenza di più sanzioni tributarie sono state individuate dal legislatore in stretta considerazione degli elementi che caratterizzano la scelta di attenuare, sotto il profilo dell’esigenza di effettività e proporzionalità della sanzione da applicare e della risposta dell’ordinamento in caso di pluralità di violazioni, il rigore sanzionatorio che sarebbe derivato dall’applicazione del cumulo materiale per ogni singola violazione tributaria realizzata.
In tal senso, il comma 5 prende a specifico riferimento il caso di violazioni aventi la stessa indole commesse in periodi di imposta diverse; pertanto va escluso che possa trovare applicazione la diversa disciplina del cumulo giuridico previsto dal comma 1, non ravvisandosi né l’unicità della condotta, né la natura formale delle violazioni della stessa disposizione di legge commesse con più azioni ad omissioni (cfr.Cass., n. 34868/2021, ove è espressamente affermato il principio secondo il quale la previsione contenuta nel comma 5 si configura “in termini di autonomia precettiva rispetto alle altre previsioni di favore”).
7. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Nel determinare la sanzione ai sensi del d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12 comma 5, la C.T.R. ha preso a riferimento “la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave”, pari ad Euro 520.000,00, aumentandola nella misura minima prevista dalla norma, ovvero della metà.
Siffatta ultima scelta si pone su un piano di continuità con il trattamento sanzionatorio adottato dall’Ufficio, il quale, nell’applicare il cumulo materiale delle pene, aveva determinato l’ammontare della sanzione nella misura minima prevista per ogni anno.
Il riferimento all’importo già adottato in sede di irrogazione della sanzione consente di rinvenire una sufficiente base argomentativa alla scelta dei giudici d’appello e quindi, per converso, esclude la sussistenza del denunziato difetto di motivazione.
8. In conclusione, vanno respinti tanto il ricorso principale quanto quello incidentale.
La reciproca soccombenza costituisce giusta ragione di compensazione delle spese del giudizio.
Sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente incidentale al versamento di un importo pari a quello del contributo unificato, ove dovuto; lo stesso non dicasi per la ricorrente principale, in quanto Amministrazione patrocinata dall’Avvocatura generale dello Stato, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale; spese compensate.
Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29891 - In tema di determinazione del reddito da lavoro dipendente, la disposizione agevolativa che esclude l'imputazione della plusvalenza per le cd. "stock options" ai sensi dell'art. 51, comma 2,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 giugno 2022, n. 20690 - In tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) deve applicarsi la stessa disciplina prevista per gli…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 luglio 2022, n. 22923 - In tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) deve applicarsi la stessa disciplina prevista per gli…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 25785 depositata il 5 settembre 2023 - In tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, agli iscritti all'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) deve applicarsi la stessa disciplina…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 18177 depositata il 7 giugno 2022 - In tema di accertamento del corrispettivo ricavato dalla vendita di partecipazioni sociali, ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile ex art. 2 del d.l. 28 gennaio…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 8611 depositata il 15 marzo 2022 - Il reato deve ritenersi già perfezionato, in prima battuta, nel momento e nel mese in cui l'importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il giudice penale per i reati di cui al d.lgs. n.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 44170 depositata il 3…
- E’ legittimo il licenziamento per mancata es
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30427 depositata il 2 novembre 2…
- Processo tributario: ricorso in cassazione e rispe
Ai sensi dell’art. 366 c.p.c. , come modificato dalla riforma Cartabia (le…
- In tema di IMU la qualità di pertinenza fonda sul
In tema di IMU la qualità di pertinenza fonda sul criterio fattuale e cioè sulla…
- Il giudice può disporre il dissequestro delle somm
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 40415 depositata il 4…