Corte di Cassazione ordinanza n. 11912 depositata il 12 aprile 2022
contenzioso tributario – sentenza per relationem – motivazione apparente
FATTI DI CAUSA
La società G.B. P. snc di B. e G. impugnava due avvisi di accertamento notificati dal Comune di Messina in relazione ad imposta di pubblicità per l’anno 2008, eccependone l’illegittimità per violazione di legge, difetto di motivazione, assoluta incertezza del presupposto oggettivo del rapporto tributario, omessa allegazione degli atti ed errore di calcolo dell’imposta, della sanzione e degli interessi.
La Commissione tributaria provinciale di Messina rigettava il ricorso.
Tale decisione era confermata dalla Commissione tributaria regionale che rigettava l’appello della contribuente.
Avverso la sentenza della CTR la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Il Comune di Messina è rimasto intimato.
Il Procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento dei restanti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, art. 118 disp. att. cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per mancanza di motivazione. Deduce il ricorrente che la CTR si sarebbe limitata richiamare in modo acritico la sentenza di primo grado facendone proprie le conclusioni con una motivazione apparente, senza dare conto delle ragioni della conferma della pronuncia della CTP.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio e per mancanza di motivazione sul primo motivo di ricorso in appello teso ad ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento. La sentenza impugnata non avrebbe valutato la censura con cui la contribuente denunciava che il Comune, notificando due avvisi di accertamento, avrebbe illegittimamente esercitato il potere di cd. autotutela sostitutiva, non essendo stata l’emanazione del secondo atto impositivo preceduta dall’annullamento del primo.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e per mancanza di motivazione sul secondo motivo di ricorso in appello teso ad ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento. La sentenza impugnata non avrebbe esaminato il motivo di appello con cui la società denunciava l’incompletezza della motivazione dei due atti impugnati, sicché sarebbero incomprensibili le ragioni della decisione e impossibile l’esercizio del diritto di difesa, in quanto la dichiarazione sulla quale gli avvisi si basavano non era mai stata presentata dalla contribuente.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e per mancanza di motivazione sul terzo motivo di ricorso in appello teso ad ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento. La CTR non avrebbe esaminato la censura con cui la società lamentava che gli avvisi facessero riferimento ad una dichiarazione che, non solo non era stata allegata agli atti impositivi, ma che la ricorrente sosteneva di non aver mai presentato.
Con il quinto motivo si censura la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e degli artt. 132, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e per mancanza di motivazione sul quarto motivo di ricorso in appello teso ad ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento. In particolare, la sentenza impugnata non avrebbe valutato la censura con cui la contribuente deduceva la mancata individuazione degli impianti pubblicitari cui gli avvisi si riferivano in tal modo impedendole di valutare la correttezza della determinazione dell’imposta e dunque di difendersi.
Con il sesto motivo si denuncia la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sul quinto motivo di ricorso in appello teso ad ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento per errore nel presupposto e nel calcolo dell’imposta e delle sanzioni non avendo la CTR considerato quanto già versato dalla contribuente.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, la sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione, oppure della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente; va invece cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Sez. 1, n. 20883 del 05/08/2019, Rv. 654951 – 01; Sez. L, n. 28139 del 05/11/2018, Rv. 651516 – 01).
Si è altresì precisato che la sentenza d’appello non può ritenersi legittimamente resa per relationem, in assenza di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame. È stata perciò cassata la sentenza d’appello che si era limitata ad esprimere la propria adesione alla pronuncia di primo grado e alle argomentazioni della Commissione territoriale, senza riportarne il contenuto e prescindendo da qualsiasi riferimento ai fatti allegati dall’appellante, sì da adottare una motivazione del tutto astratta, priva di ogni intellegibile aggancio con la fattispecie singolare portata alla sua cognizione (Cass., sez. 3, n. 2397 del 03/02/2021, Rv. 660394 – 01).
Secondo questa Corte è, inoltre, «nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., la motivazione solo apparente, la quale non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame» (Sez. L, n. 27112 del 25/10/2018, Rv. 651205 – 01).
Con specifico riferimento al processo tributario, si è affermato che «è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva confermato la decisione di primo grado attraverso il mero rimando al contenuto di tale pronuncia ed a quello agli scritti difensivi di una delle parti, in modo del tutto generico e senza esplicitare il percorso logico giuridico seguito per pervenire alle proprie conclusioni)» (Sez. 5, n. 24452 del 05/10/2018, Rv. 650527 – 01).
Di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. un., n. 22232 del 2016).
Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere quale fosse la fattispecie oggetto di causa, quale la decisione del primo giudice e quali le censure mosse con l’appello, esaurendosi la descrizione dei fatti di causa in espressioni assolutamente generiche. La CTR, inoltre, si è limitata a manifestare la propria adesione alla sentenza di primo grado e alle argomentazioni della Commissione territoriale, senza, tuttavia, riportarne il contenuto, prescindendo da qualsiasi riferimento ai fatti allegati dall’appellante – dei quali non si dà alcuna contezza, così come non si dà conto in modo specifico dei motivi di gravame, né delle ragioni per cui la documentazione prodotta dal contribuente, solo genericamente richiamata, viene ritenuta inidonea ad inficiare la pretesa del Comune. In definitiva, la sentenza impugnata reca una motivazione del tutto astratta, priva di ogni comprensibile aggancio con la fattispecie portata al suo esame che si risolve in una acritica adesione alla decisione di primo grado, senza che emerga una effettiva valutazione, da parte del giudice di appello, della infondatezza dei motivi di gravame.
Le caratteristiche appena descritte rendono la decisione impugnata affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso porta a ritenere assorbiti i restanti motivi.
In base alle considerazioni svolte, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Commissione tributaria regionale in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P Q M
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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