CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 12066 depositata l’ 8 maggio 2023
Capacità lavorativa specifica – Sinistro stradale – Lesioni fisiche e danni materiali al mezzo – Responsabilità esclusiva – Ctu cinematica e ctu medico legale – Violazione dell’art. 112 c.p.c. – Decesso riconducibile all’evento infortunistico – Danno patrimoniale – Perdita capacità lavorativa – Principio dell’integralità del risarcimento – Accoglimento
Rilevato che
1. In data (…) si verificava un sinistro stradale nel territorio della provincia di (…), lungo la strada provinciale n. (…), nel quale rimanevano coinvolti: C., alla guida di un motocarro (…) (di sua proprietà) e B.A., alla guida di un autocarro (…) (di proprietà di D.N.V. ed assicurato per la r.c.a. con la compagnia di assicurazioni A.I. s.p.a.).
In conseguenza del sinistro il Ce. riportava gravissime lesioni fisiche e danni materiali al mezzo, di seguito indicate.
2. Nel 2011 il Ce. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Foggia il D.N., il B. e la compagnia assicuratrice, chiedendo: in via principale, accertarsi e dichiararsi la esclusiva responsabilità dei convenuti nella causazione del sinistro e, per l’effetto, condannarsi i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni da lui patiti, nella misura di Euro 1.136.446,13 da lui quantificata ovvero nella diversa misura (maggiore o minore) che sarebbe risultata all’esito del giudizio, oltre al danno da ritardato adempimento ed agli interessi legali dalla data del sinistro al soddisfo. In via subordinata: dichiararsi la concorsualità della condotta nella causazione del sinistro e condannare i convenuti, sempre in solido tra loro, al pagamento della somma proporzionata al grado di responsabilità che sarebbe risultata ad esito dell’istruttoria, con rivalutazione ed interessi ed oltre alla rifusione delle spese processuali (da liquidarsi in favore dei procuratori antistatari).
Si costituiva la compagnia assicurativa, sollevando eccezioni preliminari (in rito oltre che inerenti il massimale di polizza) e contestando comunque in fatto e in diritto la domanda attorea, della quale chiedeva il rigetto.
Gli altri convenuti rimanevano invece contumaci.
La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e mediante espletamento di ctu cinematica e di ctu medico legale.
Durante lo svolgimento del giudizio di primo grado il Ce. moriva, quando erano decorsi circa sette anni e mezzo dal sinistro.
Il Tribunale di Foggia con sentenza n. 1980-2016, in accoglimento della domanda introduttiva, proposta in via subordinata, dichiarava la concorrente responsabilità dei due conducenti nella misura del 50% nella causazione del sinistro e, per l’effetto, condannava i convenuti, in solido tra loro, a corrispondere agli eredi del Ce. la somma di Euro 290.905, 42 oltre interessi legali dalla pronuncia al soddisfo nonché il 50% delle spese e competenze professionali di lite, oltre rimborso forfettario 15% Iva e Cpa.
3. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano appello gli eredi del Ce. chiedendo che la Corte territoriale: in via principale, accogliesse per intero la domanda proposta in primo grado; in via subordinata, riconoscesse il maggiore concorso di colpa del B. nella causazione del sinistro e conseguentemente condannasse gli appellati, in solido tra loro, al risarcimento in loro favore delle somme riterminate e proporzionali al grado di responsabilità, con rivalutazione ed interessi; in ogni caso, riformasse la sentenza di primo grado nella parte in cui erano state compensate nella misura del 50% le spese legali.
Si costituiva anche nel giudizio di appello la compagnia di assicurazioni, che, oltre a contestare l’appello avversario, proponeva appello incidentale, con il quale chiedeva che fosse riconosciuta la prevalente responsabilità del Ce. nella causazione del sinistro.
La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 1134/2020 respingeva sia l’appello principale che quello incidentale.
4. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso gli eredi del Ce..
Ha resistito con controricorso la compagnia di assicurazione.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni scritte.
Il Difensore degli eredi di C. ha depositato memoria con la quale ha controdedotto al contenuto del controricorso di parte resistente. In particolare, ha rilevato che la critica mossa con l’atto di appello alla sentenza di primo grado aveva riguardato (non la percentuale della capacità lavorativa specifica, che il ctu non poteva che riconoscere in misura pressoché totalmente invalidante considerate le gravissime lesioni subite dal Ce. che lo hanno costretto a restare allettato e totalmente immobile fino alla sua morte – ma) la capitalizzazione per soli 7 anni e mezzo (pari al periodo intercorso tra la data del sinistro ed il decesso) anziché per il numero di anni della vita media lavorativa di un soggetto di sesso maschile.
Ritenuto che
1. Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui incidentalmente la corte territoriale, senza che nessuna delle parti avesse avanzato domanda al riguardo, né avesse mai dedotto o contraddetto sul punto, ha “autonomamente ed immotivatamente” affermato che il Ce. è deceduto “per altra causa non riconducibile all’evento infortunistico”.
1.2. Con il secondo motivo denunciano la sentenza impugnata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nella parte in cui:
a) in punto di an debeatur, non ha tenuto conto che gli atti di causa contengono elementi che, scrutinati correttamente nel loro insieme, consentono senza margini di dubbio di diversificare le condotte dei conducenti e di stabilire in percentuale il grado di responsabilità in maniera preponderante in capo al B., come da essi invocato in sede di atto di appello;
b) in punto di quantum debeatur, ha omesso di considerare pienamente l’estrema gravità delle lesioni riportate dal Ce. in conseguenza del sinistro (il Ce., che aveva riportato postumi permanenti nella misura del 90%, era rimasto completamente paralizzato, impossibilitato a qualsiasi movimento e immobilizzato a letto; situazione questa che si è protratta per almeno sette anni) sia nel liquidare l’aumento personalizzato del danno biologico;
c) sempre in punto di quantum debeatur, a fronte del riconoscimento operato dal ctu medico della perdita del 100% della capacità lavorativa specifica, ha confermato la liquidazione del danno, che era stata effettuata dal giudice di primo grado, capitalizzando il reddito annuo goduto dal Ce. per soli sette anni e mezzo, mentre la capitalizzazione avrebbe dovuto essere effettuata per il numero della vita media lavorativa di un soggetto di sesso maschile.
2. Il ricorso è fondato e va accolto nei termini e limiti, di seguito indicati.
2.1. I ricorrenti si dolgono che nella impugnata sentenza la corte territoriale abbia “autonomamente ed immotivatamente” affermato che il danneggiato C. è deceduto durante il giudizio di primo grado “…per altra causa non riconducibile all’evento infortunistico”.
Lamentano che – a fronte della censura mossa alla sentenza di primo grado “nella parte in cui, a fronte del riconoscimento operato dal CTU medico della perdita del 100% della capacità lavorativa specifica, il Tribunale di Foggia ha liquidato il risarcimento del danno patrimoniale capitalizzandolo per soli 7 anni e mezzo. Cioè parametrandolo al residuo periodo di vita del povero sig. C. la corte territoriale abbia erroneamente affermato che il decesso è avvenuto per altra causa non riconducibile all’incidente.
Orbene, siffatta affermazione risulta dalla corte di merito del tutto apoditticamente formulata, senza indicare su quali emergenze processuali e probatorie essa si fondi, a tale stregua appalesandosi altresì del tutto decontestualizzata.
2.2. Quanto alla censura relativa all’aumento personalizzato del danno biologico, va osservato che:
– il giudice di primo grado ha quantificato nella misura del 25% detto aumento personalizzato, tenendo sì conto “della sofferenza soggettiva e degli aspetti anatomo funzionali e relazionali di un uomo di anni 51, nonché del disagio correlato alla lunga malattia” (cfr. sentenza impugnata, p. 5, primi 3 righi), ma omettendo di valutare del tutto la circostanza che C, ad esito del sinistro, era rimasto completamente in stato vegetativo ed impossibilitato a compiere qualsiasi movimento, avendo riportato postumi invalidanti permanenti riconosciuti dal ctu nella misura del 90%;
– tale circostanza è stata oggetto di censura da parte degli eredi del Ce. in sede di atto di citazione in appello, con richiesta di un aumento dell’importo liquidato a tale titolo.
Orbene, la Corte territoriale – dopo aver correttamente affermato che la personalizzazione non costituisce mai un automatismo e richiede sempre l’individuazione di specifiche circostanze – ha successivamente rigettato il motivo, senza tuttavia dar conto di aver adeguatamente valutato siffatta circostanza ai fini considerati.
2.3. Quanto alla censura relativa alla quantificazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, va osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. Cass., 25/6/2018, n. 16913; Cass. n. 10499 del 2017), il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica, in applicazione del principio dell’integralità del risarcimento ex art. 1223 c.c., deve essere liquidato moltiplicando il reddito perduto per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, utilizzando quale termine di raffronto la retribuzione media dell’intera vita lavorativa della categoria di pertinenza (desunta da parametri di rilievo normativo o altrimenti stimata in via equitativa) e i coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti (quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali o quelli elaborati specificamente nella materia del danno aquiliano).
Orbene, nel liquidare l’ammontare di tale danno rapportandolo al mero periodo di sopravvivenza del defunto C, la corte di merito ha invero del tutto immotivatamente disatteso tali principi.
3. In accoglimento del ricorso nei suddetti termini e limiti assorbiti ogni altra questione e diverso profilo – l’impugnata sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Bari, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso per quanto di ragione e, per l’effetto:
– cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte;
– rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
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