Corte di Cassazione ordinanza n. 12128 depositata il 13 aprile 2022
regime del margine – onere della prova – spese di manutenzione su beni in locazione o comodato
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, staccata di Foggia, veniva accolto l’appello principale di Guerrieri Michelangelo e, parzialmente, l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia n.6/2/2012 la quale a sua volta aveva riunito e accolto i ri corsi del contribuente aventi ad oggetto due avvisi di accertamento per II.DO. e IVA 2006 e 2007, compensando le spese di lite.
2. In particolare le riprese erano dovute a costi indeducibili, maggiori ricavi, incongruenze nelle rimanenze finali e inapplicabilità del regime del margine IVA, e conseguivano a verifiche fiscali del novembre 2010, nel corso delle quali emergevano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili ed infedeltà dei dati dichiarati, oltre all’illegittimo assog gettamento degli acquisti di autovetture al regime del margine.
3. La CTR accoglieva l’appello principale condannando l’Agenzia al pa gamento delle spese di lite di primo grado e accoglieva parzialmente il gravame incidentale ritenendo, da un lato, che l’Agenzia dovesse de positare la delega di firma degli avvisi di accertamento impugnati con conseguente loro “irritualità” e, dall’altro, che le riprese per incon gruenze nelle rimanenze iniziali e finali non fossero state oggetto di appello da parte dell’Agenzia; quanto al resto delle riprese sostanzial mente condivideva la prospettazione del contribuente.
4. Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate per sette motivi, cui replica il contribuente con controricorso.
Considerato che:
5. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360, primo comma, n.4 cod. civ. – l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.112, 329 comma 2 cod. proc. civ., 56 del d.lgs. n.546 del 1992 per aver il giudice d’appello, in violazione del principio di ultrape tizione, ritenuto irrituali gli avvisi di accertamento impugnati in assenza del deposito di delega di firma, benché la doglianza sulla delega, avan zata dal contribuente in primo grado e disattesa dalla CTP, non fosse stata riproposta avanti al giudice d’appello.
6. Il motivo è fondato, dal momento che l’atto di appello incidentale del contribuente, riprodotto per autosufficienza dall’Agenzia in ricorso, non fa menzione della questione della delega di firma e, dunque, tale questione preliminare al merito non era materia contesa su cui la CTR potesse pronunciarsi.
7. Con il secondo motivo di ricorso – ex art.360, primo comma, n.3 proc. civ. – l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 109 n.4 TUIR e 2697 cod. civ., per aver la CTR indebita mente ritenuto omessa la considerazione da parte dell’Agenzia dei costi nella rideterminazione dei ricavi, alla luce del fatto che l’accertamento in questione non era induttivo “puro” ma analitico induttivo.
8. Il motivo è fondato. La Corte rammenta che il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità o inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non di chiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 cod. civ. (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 33604 del 18/12/2019, Rv. 656397 – 01).
9. Orbene, in ricorso sono riportati dati – incontestati – e riprodotte porzioni degli avvisi di accertamento impugnati dai quali emerge in primo luogo che l’Agenzia in sede amministrativa non ha disposto le riprese prescindendo dalle scritture contabili del contribuente. L’Agenzia ne anzi ha tenuto conto nell’individuare le lacune della dichiarazione reddituale, e da tanto deriva la sicura qualificazione dell’accertamento come analitico induttivo e non induttivo “puro”, con conseguente applicazione delle presunzioni semplici da un lato e, dall’altro, del consueto onere in capo al contribuente di dimostrare l’esistenza dei costi e la loro inerenza all’attività aziendale e non la loro determinazione induttiva ai fini del rispetto del parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3995 del 19/02/2009, Rv. 606915 – 01; conforme, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza 26748 del 23/10/2018, Rv. 651111 – 01).
In secondo luogo, dal menzionato compendio fattuale risulta anche che nel caso di specie sono stati riconosciuti i costi ai fini della ridetermi nazione del reddito di impresa, sia per l’anno di imposta 2006 sia per il 2007 (cfr. p.8 ricorso), ed eventualmente sarebbe stato onere del ricorrente allegare e dimostrare l’esistenza ed inerenza di costi in mi sura superiore, onere non assolto secondo un accertamento compiuto dal giudice del merito.
10. Con il terzo motivo di ricorso – ai sensi dell’art.360, primo comma, 3 e 4 cod. proc. civ. – viene dedotta la motivazione apparente della sentenza, in violazione degli artt. 111 Cost e 132 comma 2 n.4 cod. proc. civ. per aver la CTR dato per scontato che le auto contestate come “trasportate” nel 2005 presso il contribuente fossero quelle ef fettiva mente “vendute nel 2006, aderendo alla decisione di primo grado.
11. Il motivo è infondato. La sentenza d’appello può ben essere motivata “per relationem” senza che sia apparente la motivazione, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esami nate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019, Rv. 654951 – 01).
Nel caso di specie, con riferimento alla questione posta nel motivo, la CTR, benché in termini molto succinti, nell’aderire alla decisione di primo grado compie un’autonoma valutazione della fattispecie dando conto anche di un preciso riferimento istruttorio alle fatture dell’auto trasportatore, indice di esame del compendio probatorio e del fatto: «la maggior parte della autovetture vendute nell’anno 2006 erano state consegnate nell’anno 2005 attraverso gli autotrasportatori (Autotrasporti R. fatt.8-21-71/2005)» (cfr. p.4 sentenza impugnata), e ciò soddisfa il minimo costituzionale.
12. Con il quarto motivo di ricorso – ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ. – l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 108, 109 comma 5, 102 TUIR per aver la CTR ritenuto che il contribuente potesse portare in deduzione i costi di ristrutturazione 2006 relativi al locale in cui il contribuente svolge l’attività di impresa detenuto in comodato, pur in assenza di contratti dimostranti l’esecuzione delle prestazioni e di fatture, ai fini dell’inerenza.
13. Il motivo è Va data continuità alla giurisprudenza della Corte secondo cui «l’esercente attività d’impresa o professionale può dedurre dai redditi d’impresa i costi occorsi per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di un immobile condotto in locazione, anche se si tratta di un bene di proprietà di terzi, purché sussista il requisito dell’inerenza, avente valenza qualitativa, e quindi da intendersi come nesso di strumentalità, anche solo potenziale, tra il bene e l’attività svolta» (Cass . S.U. n. 11533/2018; conformi, Cass. n. 23278 del 27/09/2018; Cass. n. 6022/2020), né osta a questo il fatto che il pro prietario dell’immobile dato in comodato fosse il padre del contribuente.
14. Ciò detto, la CTR afferma sia l’esistenza dei lavori da cui derivano i costi oggetto del motivo, individuando anche una delle prestazioni («messa in opera di rete elettrosaldata per rinforzare il pavimento stante il peso delle auto», 5 sentenza) sia l’inerenza dei costi. La censura si rileva così essere meritale e diretta ad ottenere una revisione dell’accertamento operato dal giudice d’appello, senza introdurre e dimostrare un fatto decisivo e contrario al duplice accertamento di merito, che non sia già stato valutato dalla CTR.
15. Col quinto motivo – ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ. – viene dedotta l’omessa pronuncia su domanda dell’ Ufficio, in violazione dell’art.112 cod. proc. civ., relativo alla medesima ripresa oggetto della precedente Il motivo non può trovare ingresso, atteso che la CTR si è pronunciata sulla questione, affermando che le spese di manutenzione in discussione potevano essere dedotte anche se l’immobile era in comodato, anche perché il contribuente si era obbligato a pagare gli oneri di manutenzione.
16. Con il sesto motivo – ai fini dell’art.360, primo comma, n.4 cod. civ. – la ricorrente censura la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., per l’omessa pronuncia su domanda dell’Agenzia, avanzata nell’appello incidentale.
17. Il motivo è fondato in quanto, sulla base dell’atto di appello incidentale a pag.12 del ricorso risulta riproposta la questione della legittimità del disconoscimento delle spese per manutenzione di autovettura non identificata in fattura e trasferimento di proprietà dichiarate dalla parte per Euro 1.618,57, ma documentate sulla base delle fatture esibite in sede di verifica dal contribuente solo per Euro 1.516,74, e che il giudice d’appello non si è pronunciato riguardo alla questione posta alla sua attenzione.
18. Con il settimo motivo – ex art.360, primo comma, n.5 proc. civ. – l’Agenzia denuncia con riferimento al capo della decisione relativo alla ritenuta corretta applicazione del regime del margine IVA, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’eccepita discrepanza tra quanto riportato nelle fatture di vendita di automobili usate rilasciate dalla fornitrice e nelle dichiarazioni asseritamente rilasciate dal venditore, tenuto anche conto del suo comportamento successivo al rilascio delle fatture.
19. Il motivo è Le Sezioni Unite della Corte hanno autorevolmente affermato che «In tema di IVA, il regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in l. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata as solta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad es sere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con con seguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.» (Cass. Sez. U – , Sentenza n. 21105 del 12/09/2017, Rv. 645308 – 01).
20. Orbene, nel motivo sul piano dell’autosufficienza l’Agenzia trascrive le corrispondenti parti degli avvisi di accertamento impugnati in cui si legge che la venditrice tedesca PA ha incluso nelle fatture relative alle vetture in cui è fatta questione di applicazione dell’Iva del Margine le diciture “Steuerfreie Umsaetze nach 6a USTG” (in Italiano, «Esente tasse fatturato ai sensi del paragrafo 6 a USTG») e “Die Er werbesteuerung wird in Foggia Italien durchgefuhrt” (nella lingua del processo, «La tassazione verrà effettuata a Foggia in Italia»). Ciò contrasta per tabulas con quanto riportato nelle dichiarazioni asserita mente rilasciate del venditore, in parte dattiloscritte in parte a mano, esibite dal contribuente, contrasto evidente anche alla luce del comportamento tenuto successivamente all’emissione delle fatture da parte della venditrice, la quale ha anche comunicato all’anagrafe tributaria italiana le vendite in questione, qualificandole espressamente come cessioni infracomunitarie. Infine, che la questione dell’Iva del margine fosse devoluta alla cognizione del giudice d’appello risulta dalla stessa sentenza la quale non si confronta con gli elementi di fatto che precedono, incorrendo con ciò nel denunziato vizio di motivazione, non avendo chiarito perché siffatte prove documentali e il comporta mento stesso della venditrice sarebbero irrilevanti ai fini della decisione sulla ripresa.
21. In conclusione, accolti i motivi primo, secondo, sesto, settimo, ri gettato il terzo, quarto e quinto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Puglia, sez. staccata di Foggia, in diversa compo sizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie i motivi primo, secondo, sesto, settimo, rigettato il terzo, quarto e quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia, sez. staccata di Foggia, in diversa composizione, in relazione ai profili accolti e per la liquidazione delle spese di lite.