Corte di Cassazione ordinanza n. 12695 depositata il 21 aprile 2022

contenzioso tributario – natura del giudizio tributario- garanzie e diritti del contribuente 

RILEVATO CHE

1. l’Agenzia delle entrate ricorre con cinque motivi contro Nicolosi Carmelo, che resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale, avverso la sentenza n.8/12/14, depositata il 15 gennaio 2014 e non notificata, con la quale la Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l’appello principale dell’ufficio ed accolto quello incidentale del contribuente contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino, che aveva accolto in parte i ricorsi riuniti relativi all’impugnazione degli avvisi di accertamento sintetico del reddito ai fini Irpef per gli anni di imposta 2004 e 2005;

2. con la sentenza impugnata, la c.t.r. esponeva in fatto:

<<l’Agenzia Entrate Direzione Provinciale I di Torino emetteva accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38 DPR 600/1973 per gli anni 2004- 2005 nei confronti di Nicolosi Carmelo ai fini IRPEF e Addizionale comunale e regionale, considerando principalmente le spese relative a 5  autovetture  possedute  dal  contribuente  e  quelle  relative  alla  sua abitazione principale. Contro gli accertamenti ricorreva il contribuente contestandone la legittimità e la fondatezza nel  merito. La Commissione Provinciale di Torino accoglieva in parte i ricorsi riuniti rideterminando il reddito accertato  in via  equitativa.  Appellava  l’ufficio chiedendo la riforma della sentenza e la conferma del proprio operato. Si costituiva il contribuente e controdeduceva presentando altresì appello incidentale con il quale chiedeva l’annullamento degli atti impugnati>>;

tanto premesso, la C.t.r. rilevava che la pronuncia di primo grado, nel considerare il conteggio delle spese effettuato dall’ufficio ai fini della determinazione sintetica del reddito, aveva tenuto conto del fatto che, delle 5 autovetture intestate al contribuente, solo 2 (Maserati e Mercedes) erano nella sua disponibilità, mentre le altre erano beni strumentali;

il giudice di appello riteneva che le 2 autovetture in realtà non rappresentavano “un reale ed effettivo indice di capacità contributiva” in quanto utilizzate solo raramente, con riflessi sulle spese di manutenzione, riparazione e impiego di carburante;

inoltre, secondo la C.t.r., il giudice di prima istanza aveva rilevato che le spese relative all’abitazione principale erano da valutare in misura inferiore a quella individuata dall’ufficio, tenendo presente la circolare del Ministero delle Finanze del 30 aprile 1999 nr. 101/E, che sottolineava l’esigenza di un attento e ponderato utilizzo dello strumento presuntivo nei casi in cui la ricostruzione presuntiva del reddito era essenzialmente fondata su fatti indice che costituivano soddisfacimento di bisogni primari (in particolare spese per l’abitazione e spese per mutui immobiliari);

la C.t.r. concludeva affermando che < <a parte il fatto che sembra non sia stato svolto il contraddittorio preventivo che è necessario ogni qual volta la determinazione dei redditi è avvenuta su basi presuntive cosicché tale carenza inficerebbe la validità dell’accertamento, va rilevato che la pronuncia di primo grado è stata formulata in via equitativa. Ciò non è consentito e di conseguenza essa va annullata in quanto la Commissione avrebbe dovuto pronunciare l’annullamento dell’accertamento e non la riduzione del reddito accertato in via equitativa>>;

3. avverso la decisione di appello l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste il contribuente con controricorso contenente ricorso incidentale;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 9 marzo 2022, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

CONSIDERATO CHE: 

1. con il primo motivo, la ricorrente denunzia la motivazione apparente sub specie dell’incomprensibilità, in relazione all’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ.;

secondo la ricorrente, dal testo della sentenza impugnata non emergerebbe la valutazione della C.t.r. distinta da quella della Commissione di primo grado;

inoltre, sarebbe incomprensibile se il dictum della C.t.r. sia rivolto all’annullamento della sentenza di primo grado, perchè formulata in via equitativa, o se statuisca l’annullamento degli atti di accertamento, sull’eventuale illegittimità dei quali non vi sarebbe alcuna motivazione;

il motivo è infondato, in quanto, sia pure in maniera non  sempre lineare e logicamente coerente, la sentenza presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’iter logico seguito dai giudici di appello, che hanno inteso annullare l’avviso di accertamento, ritendo non significativi gli indici di ricchezza oggetto di accertamento;

2. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione degli 101 e 112 cod. proc. civ., 50, 53, 54 e 57 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.;

la C.t.r. non avrebbe potuto disporre l’annullamento del provvedimento impositivo, in quanto l’appello avverso la determinazione equitativa contenuta nella sentenza di primo grado era stato avanzato dall’Agenzia delle entrate al fine di ottenere la piena conferma degli accertamenti impugnati;

anche tale motivo è infondato, in quanto la C.t.r. ha disposto l’annullamento degli atti impositivi in accoglimento dell’appello incidentale del contribuente;

3. con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, nonché dei principi generali in materia di contenzioso tributario e degli artt. 2 e 36 d.lgs. 31 dicembre 1992 n.546, in relazione all’art.  360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

la  pronuncia,  ove  tesa  all’annullamento  dell’atto  impugnato, sarebbe palesemente erronea, in quanto il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dei provvedimenti impugnati, ma alla pronuncia di merito sostitutiva dell’accertamento dell’ufficio, ricondotto alla corretta misura;

con il quarto motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, nonché degli artt. 2697 e 2728 cod. civ, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

secondo la ricorrente, le statuizioni contenute nella sentenza impugnata privano di efficacia probatoria il calcolo del reddito così come determinato in base al redditometro, anziché valutare le prove contrarie presentate dal contribuente;

invero, il giudice tributario <<non ha il potere di togliere agli indicatori sintetici di reddito la capacità presuntiva contributiva che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei. beni indicati dalla norma>> (Cass., ord. 19 dicembre 2011, n. 27545, cfr. anche Cass. n. 13776 del 2013, cit.; Cass. n. 9549 del 2011, cit.; Cass. n. 2726 del 2011, cit.; Cass., 26 maggio 2009, n. 12187; Cass., 30 ottobre 2007, n. 22936; Cass. n. 14367 del 2007, cit.; Cass., n.  19252 del 2005, cit.; Cass., 24 settembre  2003, n. 14161; Cass., 30 agosto 2002, n. 12731);

con il quinto motivo, il ricorrente denunzia la violazione dell’art.38 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, nonché degli artt. 2697 e 2728 cod. civ, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.;

secondo la ricorrente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, l’accertamento sintetico, a differenza di quello basato sugli studi di settore, non richiedeva l’instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente;

3.2. i motivi terzo, quarto e quinto sono fondati e vanno accolti; con riferimento al terzo motivo, con orientamento costante, questa Corte  ha  chiarito  che   < <il  giudizio tributario non  si  connota   come un giudizio di “impugnazione-annullamento”, bensì come un giudizio di “impugnazione-merito”, in quanto non è finalizzato soltanto ad eliminare l’atto impugnato, ma è diretto alla pronuncia di una decisione di merito sul rapporto tributario, sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria, previa quantificazione della pretesa erariale, peraltro entro i limiti posti da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente>> (Cass. 20/10/2011 n.21759; conf. N.22400/2014 e n.21695/2017);

in relazione al quinto motivo, da esaminare  prioritariamente rispetto al quarto, questa Corte ha più volte affermato che < <in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi armonizzati di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli non armonizzati, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l’accertamento sintetico, in virtù dell’art.  38,  comma  7,  del  d.P.R.  n.  600  del  1973,  nella formulazione introdotta dall’art. 22, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale> >    (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11283    del 31/05/2016, che fa riferimento alla sentenza delle SS.UU. n. 24823/2015);

nella specie, è pacifico che si verte in ipotesi di accertamento sintetico notificato nel 2009, ma per gli anni d’imposta 2004 e 2005, in relazione ai quali non opera la modifica normativa di cui al d.l. n. 78/2010, convertito dalla l. n. 122/2010;

invero, il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, ha disposto (con l’art. 22, comma 1), con specifica norma di diritto transitorio, che le modifiche operano in relazione agli < <accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non e’ ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto>> e quindi la norma ha effetto dal periodo d’imposta 2009 (cfr. Cass.21041/2014; Clss. 22746/2015);

non vi era, quindi, per gli anni di imposta oggetto di accertamento l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale, introdotto con norma successiva;

in relazione al quarto motivo di ricorso, questa Corte ha chiarito che <<in tema di accertamento  in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore>> (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27811 del 31/10/2018; Massime precedenti Conformi: N. 16912 del 2016);

la diretta disapplicazione del c.d. redditometro implica una confutazione, di per sé inammissibile, delle valutazioni legislative alla base dello strumento di accertamento sintetico;

nella fattispecie, la Commissione Tributaria Regionale, ritenendo che il possesso delle autovetture non costituisse indice di capacità contributiva, non ha fatto corretta applicazione dei principi in materia, poiché aveva il potere ed il dovere di valutare la prova contraria fornita dal  contribuente,  ma  non  quello  di rideterminare autonomamente, in tutto o in parte, il valore probatorio/induttivo degli indici di capacità contributiva normativamente stabiliti;

4. passando al ricorso incidentale del contribuente, esso si articola in due motivi, relativi, l’uno alla violazione dell’art.5 lgs. n.472/1997, in tema di irrogazione delle sanzioni, e l’altro alla erronea compensazione delle spese del grado di appello, in cui il contribuente è risultato completamente vittorioso;

tuttavia, agli atti non vi è prova della ricezione della notifica a parte ricorrente del controricorso, contenente  il ricorso  incidentale; pertanto, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile;

inoltre, esso ha ad oggetto questioni attinenti al profilo sanzionatorio ed a quello delle spese di lite, che dovranno essere esaminate dal giudice di rinvio, dopo che avrà assunto la decisione sul merito del ricorso principale;

all’esito del giudizio, il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

la Corte accoglie il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso principale, rigettati il primo ed il secondo e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.t.r. del Piemonte, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, .dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.