Corte di Cassazione ordinanza n. 12837 depositata il 22 aprile 2022
accertamento bancario – onere probatorio
Rilevato che
nella controversia originata dall’impugnazione da parte di M.N. di due avvisi di accertamento, relativi a Irpef degli anni 1998 e 1999, questa Corte, con sentenza 14.05.2014 n.10491, in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente, annullava, per assoluta carenza di motivazione, la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, richiamata integralmente, la sentenza di primo grado, aveva rigettato il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
Riassunto il giudizio, la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dal contribuente, condannandolo alle spese processuali.
Il Giudice di appello rilevava che, al di là dell’ammissibilità o meno delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà rilasciate dai sig.ri C.S. e C.N. (costituenti semplici elementi indiziari), il contribuente non aveva fornito la prova che le somme incassate e versate sul conto corrente bancario fossero, poi, state riversate al predetto Sig. C.S. e che, pertanto, in mancanza di prova, era legittima la pretesa erariale.
Avverso la sentenza M.N. ha proposto ricorso affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione, ai sensi dell’art.380 bis-1 cod.proc.civ., in camera di consiglio in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con il primo motivo, articolato in relazione all’art.360, primo comma, 3 cod.proc.civ., il ricorrente deduce che la motivazione, posta dalla C.T.R. a fondamento della decisione, violerebbe i principi sulla valutazione della prova in quanto le dichiarazioni sostitutive erano state completate da ulteriori elementi quali le dichiarazioni contenute nel processo verbale di constatazione rese da A. M. (padre del ricorrente) che confermavano i fatti di cui alle dichiarazioni dei terzi, e soprattutto l’atto notarile contenente la transazione tra il Capacchione e la SPC s.p.a. che giustificava l’emissione degli assegni, sui quali era fondato l’accertamento, in favore del contribuente.
2. Con il secondo motivo, articolato ai sensi dell’art.360, primo comma, numeri 3 e 5 proc.civ., il ricorrente si duole che la C.T.R. abbia omesso qualsivoglia motivazione sulla circostanza che, il rapporto produttivo di reddito, sottostante ai movimenti bancari, ipotizzato dall’Ufficio era rimasto totalmente indimostrato. A conclusione dell’illustrazione del mezzo si rassegna il seguente quesito: se sia legittima l’adozione a presunzione legale di redditualità ex art.32 d.P.R. n.600 del 1973 del mero versamento in conto corrente di un assegno bancario in assenza di qualsivoglia riferibilità a rapporti, anche di lavoro dipendente, intercorsi tra emittente e prenditore e di qualsiasi prova dello svolgimento di attività professionale o imprenditoriale da parte del contribuente.
3. Le censure, connesse, possono trattarsi congiuntamente e sono infondate.
3.1 In tema di accertamenti bancari la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che la limitazione dell’utilizzabilità degli accertamenti bancari ai soli imprenditori e lavoratori autonomi “è priva di qualsiasi riscontro normativo ed è, pertanto, consentita, ai fini fiscali, l’esecuzione di accertamenti bancari anche nei confronti di chi non abbia la qualifica di imprenditore o lavoratore autonomo, e sia un lavoratore dipendente o risulti non occupato (v. Cass. sez. V, 2.12.2013, n. 22514, ripresa, di recente, da Cass. n. 31627 del 04/11/2021 che ha ritenuto la legittimità delle indagini bancarie anche nei riguardi di chi non abbia la qualifica di imprenditore o di lavoratore autonomo e sia, invece, un lavoratore dipendente o un soggetto che risulti non occupato).
Per altro verso, in tema di riparto dell’onere probatorio, è altrettanto consolidato il principio per cui < <in tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 e.e. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e dì dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze>> (cfr., di recente, tra le altre Cass.Sez.5, 30.06.2020 n.13112 e, in precedenza, in senso conforme Cass. n.10480 del 2018).
3.2 La sentenza impugnata si muove lungo il solco interpretativo della normativa di riferimento, tracciato da questa Corte, onde va esente da censura.
3.3 Non sussistono, infatti, alla luce dei principi sopra esposti le dedotte violazioni di legge e anche le censure, articolate ai sensi dell’art.360, primo comma, num.5 cod.proc.civ., non meritano accoglimento, risolvendosi in un’inammissibile rivisitazione dell’accertamento in fatto compiuto dal Giudice di merito.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso senza pronuncia sulle spese, in mancanza di svolgimento di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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