Corte di Cassazione ordinanza n. 13078 depositata il 26 aprile 2022
interesse ad agire – luogo della notifica – natura dell’atto impositivo
Rilevato che:
1. All’esito di una verifica fiscale della Guardia di Finanza, conclusa con processo verbale di constatazione, l’Agenzia delle entrate ha notificato in data 17 novembre 2010 ad C.A., nella qualità di rappresentante legale pro tempore della M.E.S. Co. Ltd (poi divenuta P.A.E.S. Co. Ltd), società già controllata dalla predetta s.p.a. e residente in Cina, un avviso di accertamento, in materia di Ires, relativo al periodo d’imposta decorrente dall’ 1 luglio 2003 al 30 giugno 2004 (come risulta dalla sentenza e dall’accertamento, prodotto in atti dai ricorrenti).
Con tale atto impositivo l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 73, terzo comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sul presupposto che la predetta società cinese avesse la sede dell’amministrazione effettiva in Italia, e fosse quindi residente ai fini fiscali nel territorio nazionale, ha accertato nei suoi confronti un maggior reddito imponibile in Italia pari ad Euro 5.520.943,00, una maggiore imposta dovuta pari ad Euro 1.877.121,00 ed ha irrogato una sanzione amministrativa pari ad Euro 2.252.545,20 per omessa presentazione della dichiarazione ed una sanzione amministrativa di Euro 1.032,00 per omessa tenuta delle scritture contabili .
Lo stesso avviso è stato inoltre notificato, il 29 novembre 2010, sia presso la sede legale della P.I. s.p.a., sia ad A.C., quale rappresentante legale pro tempore della M.E.S. Co.Ltd.
C.A., P.I. s.p.a. e M.E.S. Co.Ltd., con distinti ricorsi, hanno impugnato lo stesso avviso dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Arezzo, che, dopo aver riunito i giudizi, li ha accolti.
Proposto appello principale dall’Amministrazione, ed appello incidentale condizionato dalle parti private, la Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza di cui all’epigrafe, ha accolto l’impugnazione erariale e rigettato quelle incidentali condizionate dei contribuenti.
Avverso la sentenza di secondo grado ogni contribuente ha proposto un distinto ricorso per cassazione e l’Agenzia si è costituita con distinti controricorsi, proponendo anche ricorso incidentale nei confronti di C.A. e di P.I. s.p.a.
Tutti i contribuenti hanno proposto memorie.
Considerato che:
I. Preliminarmente, va rilevato che l’Amministrazione controricorrente ha chiesto la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, l. 28.10.2020 n. 137, sull’errato presupposto che il ricorso fosse stato proposto per la trattazione in pubblica udienza, mentre è stato fissato per la decisione in camera di consiglio.
Tanto premesso, va comunque ribadita la legittimità della trattazione camerale, col rito ordinario, di questo giudizio.
Infatti, « Se è vero che nel giudizio di cassazione la rimessione di una causa alla pubblica udienza dall’adunanza camerale prevista nell’art. 380 bis.1, c.p.c. è ammissibile in applicazione analogica del comma 3 dell’art. 380 bis c.p.c., rientrando la valutazione degli estremi per la trattazione del ricorso in pubblica udienza e, in particolare, della particolare rilevanza della questione di diritto coinvolta, nella discrezionalità̀ del collegio giudicante e non del presidente della sezione (Cass. n. 5533/17 ord.), altrettanto indubbio è che il collegio giudicante ben può̀ escludere, nell’esercizio di tale valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza “in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie” (Cass. SSUU n. 14437/18, ord.), ed allorquando non si verta di “decisioni aventi rilevanza nomofilattica, idonee a rivestire efficacia di precedente, orientando, con motivazione avente anche funzione extra processuale, il successivo percorso della giurisprudenza” (Cass.n. 19115/17)» (Cass., Sez. Un. 23/04/2020, n. 8093); il che è quanto accade nel caso in esame.
II. La trattazione prosegue per paragrafi relativi ai diversi ricorsi ( e relativi controricorsi), essendo stati quelli successivi al primo iscritti sotto il medesimo r.g. ed inseriti nello stesso procedimento.
Ricorso di Alberto C.A. e relativo ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate.
C.A. ha affidato il ricorso per cassazione ai seguenti otto motivi.
1. «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 60, comma 4, del P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 138, 139, 140, 141, 143 e 145 c.p.c., nella parte in cui i Giudici di appello confermano la legittimità del procedimento notificatorio dell’Avviso di accertamento (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.)».
2. « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui conferma la legittimità dell’Avviso di accertamento emesso dall’Ufficio prima del decorso dei 60 giorni successivi alla notifica del PVС (art. 360, с. 1, n. 3, с.p.c.)».
3. « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, comma 2, P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e degli artt. 23, 24, 56 e 57 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui i Giudici hanno dato applicazione ex officio alla norma sul raddoppio dei termini ai fini della ecadenza del potere accertativo dell’Agenzia nel caso di specie (art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.)».
4. « Violazione dell’art. 112 p.c. e del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, per aver accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate (che ritiene Magnetek Shenzhen residente ai fini fiscali in Italia) sulla base di una causa petendi diversa (esistenza di una stabile organizzazione in Italia) (art. 360, c. 1, n.4, с.p.c.).
5. « Inesistenza o nullità della sentenza nella parte in cui ravvede nel caso di specie l’esistenza di una “stabile organizzazione in Italia”, per violazione dei limiti oggettivi del giudizio tributario. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., 183, comma 4, c.p.c., nonché degli 18, 19, 24 e 53 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (art. 360, c. 1, nn. 3 e 4 c.p.c.)».
6. «Inesistenza o nullità della sentenza per inidoneità al raggiungimento dello scopo, dovuta al difetto del requisito essenziale di forma-contenuto della motivazione, per violazione degli artt. 156, comma 2, p.c., 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, comma 2, n. 4, del D.lgs. n. 546/1992 (art. 360, c.1, n. 4 с.p.c.)».
7. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 del c.c. per avere i Giudici ritenuto che gli elementi offerti dall’Ufficio a dimostrazione della legittimità della ripresa a tassazione siano dotati dei requisiti della gravità, precisione e concordanza (art. 360, c. 1, n. 3, p.c.)».
8. «Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti (art. 360, 1, n. 5, c.p.c.)».
9. L’ Agenzia delle Entrate ha proposto un unico motivo di ricorso incidentale, assumendo la « Violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, п. 4 с.р.с.».
Assume infatti l’Amministrazione che l’avviso di accertamento in contestazione è stato emesso nei confronti della società M.E.S. Co. Ltd (poi divenuta P.A.E.S. Co. Ltd ) ed è stato notificato al C.A., che tuttavia ha sempre negato di essere il legale rappresentante di tale società, con la conseguente carenza della sua legittimazione ad agire, tanto più in ragione delle eccezioni che lo stesso ricorrente ha sollevato, tutte relative esclusivamente all’interesse della menzionata società.
Pertanto, la sentenza impugnata ha violato gli artt. 81 (che vieta di far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui) e 100 cod. proc. civ. (che richiede un interesse personale a fondamento della propria azione).
9.1 Ritiene il Collegio che debba essere trattato preliminarmente il ricorso incidentale erariale, per la sua potenziale capacità di assorbire quello principale.
Il ricorso incidentale è fondato, nei termini che seguono.
Invero è lo stesso ricorrente principale C.A. che deduce che l’ (unico) accertamento sub iudice è stato emesso nei confronti della predetta società cinese e gli è stato notificato quale legale rappresentante di quest’ultima, carica che egli nega di aver ricoperto.
Nel ricorso principale, lo stesso C.A. non deduce che l’Amministrazione abbia avanzato, nell’unico atto impositivo di cui si discute, pretese anche nei suoi confronti, quale persona fisica, neppure in conseguenza della suddetta carica, che egli nega. Tanto meno lo stesso C.A. evidenzia quali riflessi diretti potrebbe avere, nei suoi confronti, la conferma della pretesa tributaria erariale. A sua volta l’Agenzia non assume di aver esposto, nell’atto impositivo, alcuna pretesa nei confronti del C.A. in proprio. Il quale, tuttavia, come risulta dal ricorso, non agisce in nome e per conto della società cui è diretto l’accertamento, ed è quindi parte in proprio.
Deve allora rilevarsi la carenza dell’interesse ad agire del ricorrente, in proprio, rispetto all’impugnazione di un atto impositivo che non assume avanzi pretese nei suoi confronti e che riconosce essergli stato notificato solo n.q. di legale rappresentante della società accertata, qualità che egli stesso nega e che comunque, ove pure sussistesse, non lo legittimerebbe all’impugnazione dell’atto a titolo personale.
Peraltro la carenza dell’ interesse richiesto dall’art. 100 cod. proc. civ. (nel caso di specie denunciata dalla ricorrente incidentale) è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, anche in mancanza di contrasto tra le parti sul punto, poiché costituisce un requisito per la trattazione nel merito della domanda (Cass. 29/09/2016, n. 19268 e giurisprudenza ivi citata, in motivazione), e può quindi essere rilevato d’ufficio anche in Sede di legittimità, salvo l’effetto preclusivo del giudicato, ove la relativa questione abbia formato oggetto in sede di merito di specifica pronuncia non impugnata (Cass. 19/05/1980, n. 3265), ciò che nel caso di specie non è avvenuto.
All’accoglimento del ricorso incidentale consegue pertanto, ai sensi dell’art. 382, terzo comma cod. proc. civ., la cassazione senza rinvio, in parte qua, della sentenza impugnata, poiché la causa non poteva essere proposta con il ricorso introduttivo del C.A. in proprio.
9.2 Resta quindi assorbito il ricorso principale di A..
9.3 Le spese di merito e quelle di legittimità tra lo stesso A. e l’Agenzia delle entrate si compensano, considerato che la notifica dell’atto impositivo al C.A. ha comunque contribuito a determinare in fatto l’insorgere della lite.
Ricorso della P.I. s.p.a. e relativo ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate.
10. I. s.p.a. ha affidato il ricorso per cassazione ad otto motivi, identici a quelli proposti dal ricorrente C.A. ed ante già richiamati ai punti 1-8.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto un unico motivo di ricorso incidentale, deducendo anche in questo caso la « Violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma, п. 4 с.р.с.».
Assume infatti l’Amministrazione che l’avviso di accertamento in contestazione è stato emesso nei confronti della società M.E.S. Co. Ltd (poi divenuta P.A.E.S. Co. Ltd ) ed è stato notificato a quest’ultima «a fini meramente precauzionali», anche presso la sede della P.I. s.p.a., che quindi non è la destinataria della pretesa erariale, con la conseguente carenza della sua legittimazione ad agire, tanto più in ragione delle eccezioni che la stessa ricorrente ha sollevato, tutte relative esclusivamente all’interesse della menzionata società cinese P.A.E.S. Co. Ltd.
Pertanto, la sentenza impugnata ha violato gli artt. 81 (che vieta di far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui) e 100 cod. proc. civ. (che richiede un interesse personale a fondamento della propria azione).
10.1 Ritiene il Collegio che anche in questo caso, come già per il ricorso di C.A., debba essere trattato preliminarmente il ricorso incidentale erariale, per la sua potenziale capacità di assorbire quello principale.
Il ricorso incidentale è fondato, nei termini che seguono.
Invero è la stessa ricorrente principale che deduce che l’ (unico) accertamento sub iudice è stato emesso nei confronti della predetta società cinese ed ha interessato la medesima P.I. s.p.a. solo perché notificato presso la sede di quest’ultima, pur trattandosi «di soggetto giuridico del tutto diverso dalla società sottoposta all’accertamento», come la ricorrente ha sostenuto fin dal ricorso introduttivo (cfr. pag. 6 e passim, nel ricorso).
Nel ricorso principale, la stessa P.I. s.p.a. non deduce che l’Amministrazione abbia avanzato, nell’unico atto impositivo di cui si discute, pretese anche nei suoi confronti. A sua volta l’Agenzia non assume di aver esposto, nell’atto impositivo, alcuna pretesa nei confronti della P.I. s.p.a.
Deve allora rilevarsi la carenza dell’interesse ad agire di quest’ultima ricorrente principale, richiamando anche in questa sede le medesime argomentazioni già esposte a proposito del ricorso incidentale nei confronti del C.A..
All’accoglimento del ricorso incidentale consegue pertanto, ai sensi dell’art. 382, terzo comma cod. proc. civ., la cassazione senza rinvio, in parte qua, della sentenza impugnata, poiché la causa non poteva essere proposta con il ricorso introduttivo dalla P.I. s.p.a. Resta quindi assorbito il ricorso principale della P.I. s.p.a.
10.2 Le spese di merito e quelle di legittimità tra la della Power- One Italy s.p.a. e l’Agenzia delle entrate si compensano, considerato che la notifica dell’atto impositivo alla ricorrente ha comunque contribuito a determinare in fatto l’insorgere della lite.
Ricorso della P.A.E.S. Co. Ltd (già M.E.S. Co. Ltd).
11. A.E.S. Co. Ltd (già M.E.S. Co. Ltd) ha affidato il ricorso per cassazione ai medesimi otto motivi, già richiamati ai punti 1-8, proposti dai ricorrenti C.A. e P.I. s.p.a.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto controricorso.
12. Il primo motivo è infondato, sebbene debba essere corretta la motivazione adottata dalla CTR.
Infatti la ricorrente sostiene l’illegittimità del procedimento notificatorio dell’avviso di accertamento, in quanto la notifica è stata effettuata ad C.A. e ad A.C., ciascuno nella qualità di legale rappresentante della società cinese destinataria dell’atto impositivo, sebbene nessuno dei due fosse titolare di tale carica , che all’epoca della notifica era ricoperta da persona fisica residente negli Stati Uniti d’America.
Inoltre, secondo la contribuente, neppure sarebbe legittima la notifica dell’avviso eseguita in Italia e presso la sede della P.I. s.p.a., soggetto giuridico del tutto diverso dalla P.A.E.S. Co. Ltd, che peraltro, come riconosciuto dalla stessa amministrazione nel processo verbale di constatazione, dal 2007 era controllata da una diversa società, statunitense.
Secondo la ricorrente, la notifica alla società accertata, successivamente al 2007 non residente – né ai fini civilistici né ai fini fiscali – in Italia, sarebbe dovuta avvenire in Cina, risultando l’Amministrazione (come da dall’intestazione dell’avviso di accertamento) a conoscenza dell’indirizzo della sede legale della contribuente; o altrimenti negli Stati Uniti, dove era residente il suo legale rappresentante dell’epoca.
Rileva il Collegio che certamente è errato il riferimento del giudici di prime cure, nella motivazione, al procedimento di notifica della cartella esattoriale ed all’art. 139, secondo comma, cod. proc. civ., in tema di soggetti cui può essere consegnato l’atto qualora la persona fisica che rappresenta l’ente non venga trovata, giacché si tratta di argomentazioni non rilevanti, né comunque decisive, ai fini delle eccezioni proposte già nel merito dalla ricorrente. Tuttavia, va considerato che la contribuente ha proposto tempestivo ricorso introduttivo avverso l’atto impositivo, ampiamente censurandone anche il merito e dimostrando quindi di averne acquisito ampia conoscenza, con ciò esplicitando l’avvenuto conseguimento dello scopo della notifica dello stesso accertamento, sanante ogni eventuale invalidità della stessa. Infatti « La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l’applicazione, per l’avviso di accertamento, in virtù dell’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento.» (Cass. Sez. U, 05/10/2004, n. 19854; conformi, ex multis, Cass. 24/04/2015, n. 8374 del 24/04/2015; Cass. 24/08/2018, n. 21071; Cass. 29/09/2021, n. 26310).
L’effetto della sanatoria non è precluso dalla pretesa qualificazione in termini di inesistenza degli asseriti vizi delle notifiche. Infatti ( e ciò valga con particolare riferimento alla notifica effettuata presso la sede della società italiana, che sarebbe viziata per il luogo di esecuzione)
« Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..» (Cass., Sez. U, 20/07/2016, n. 14916).
Pertanto, deve ritenersi sanata ogni eventuale nullità del procedimento notificatorio dell’avviso d’accertamento, fermo restando che ogni ulteriore valutazione della correlata questione della decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento dipende dall’esame del terzo motivo di ricorso, che ne fa specifico oggetto di censura, e va rinviata alla trattazione di quest’ultimo.
13. Il secondo motivo è fondato
La ricorrente deduce l’inosservanza dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, per l’avvenuta emanazione dell’atto impositivo prima della scadenza del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di constatazione, che ha concluso la verifica nei suoi confronti, e di aver sollevato l’eccezione sin dal ricorso introduttivo e poi in appello.
Il rilascio della copia del processo verbale emesso nei confronti della società M.E.S. Co. Ltd (doc. 12 allegato al ricorso) è pacificamente datato (nel ricorso e nel controricorso – che a pag. 5, pur indicando il 29 settembre 2010, rimanda però a pag. 29
del ricorso, dove si legge 27 e non 29) il 27 settembre 2010.
L’emissione dell’avviso d’accertamento (doc. 1 allegato al ricorso), come si evince dalla data in calce allo stesso (e come non è contestato) è avvenuta il 9 novembre 2010.
Pertanto l’atto impositivo, avuto riguardo alla sua sottoscrizione (il 9 novembre 2010) è stato emesso prima dei 60 gg. dal rilascio della copia del p.v.c. (il 27 settembre 2010), ovvero quando non era ancora decorso il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, dello statuto del contribuente (e lo stesso, peraltro, dovrebbe dirsi ove pure il verbale fosse stato consegnato il 29 settembre 2010).
Premessa tale ricostruzione, pacifica, della sequenza temporale, deve darsi atto che altrettanto incontestata è, tra le parti, l’applicabilità al caso di specie del ridetto art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212.
Esplicito, in tal senso, è lo stesso p.v.c. del 27 ottobre 2010 (doc. 12 allegato al ricorso, pagg. 3 s. e penultima pagina, quinto capoverso della “sezione conclusiva”). Inoltre, nello stesso controricorso, l’Agenzia non contesta l’applicabilità della norma in questione, che anzi necessariamente presuppone, formulando unicamente difese relative alle modalità del computo del termine in questione, che nel caso di specie sarebbe stato, a dire dell’Ufficio, rispettato, poiché dopo la sua scadenza si colloca comunque la data di conoscenza, da parte della contribuente, dell’ avviso d’accertamento, che dovrebbe coincidere con la data di proposizione del ricorso, attese le invalidità delle notifiche eccepite dalla società accertata. Infine, anche la sentenza impugnata, in parte qua non censurata, non esclude, ma presuppone che al caso di specie sia applicabile l’ art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, ritenendo tuttavia operativa la deroga giustificata dalla «prossimità del termine per emanare l’accertamento».
L’applicabilità dell’ art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, comunque incontestata tra le parti, trova poi conferma nei passaggi del p.v.c. dai quali si evince che la verifica ha compreso una fase di accesso presso la ritenuta sede effettiva della contribuente.
Tanto premesso, deve rilevarsi che, a differenza di quanto assume la controricorrente, prima della scadenza del termine de quo l’atto non deve essere «emanato», per cui, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, nullo l’accertamento firmato prima che sia decorso il termine dilatorio, anche qualora l’atto impositivo sia stato notificato dopo di essa: «In tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contradditorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora “in fieri”, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato.» (Cass. 12/07/2017, n. 17202 del 12/07/2017; Cass. 31/07/2018, n. 20267; Cass. 23/02/ 2021, n. 4762).
Non vi sono ragioni per escludere che il medesimo principio valga nelle ipotesi in cui l’atto, emanato illegittimamente ante tempus, sia stato conosciuto dal contribuente, dopo la scadenza del termine, non per effetto della sua notifica, ma aliunde (come l’Amministrazione sostiene sia avvenuto nel caso di specie). Anche in tale ipotesi, infatti, non si consente al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri.
La motivazione della sentenza impugnata, con formula invero poco comprensibile, sembra comunque voler giustificare l’emanazione dell’accertamento ante tempus con la deroga prevista dalla ridetta norma per i « casi di particolare e motivata urgenza», che individua nella prossimità della scadenza del termine di decadenza per emettere l’accertamento, individuandolo nel 31 dicembre 2010. A prescindere dalla correttezza o meno dell’indicazione di tale data, comunque la contribuente nel ricorso e nella memoria rileva che l’Agenzia delle entrate « nell’Avviso di accertamento (pag. 6, doc. 1 del Ricorso) affermava che “trattandosi di annualità per la quale i termini di decadenza dell’azione accertatrice scadono il 31/12/2010, tale circostanza, considerato anche i tempi necessari per la notifica, di fatto rende impossibile rinviare l’emanazione del presente atto e rispettare il predetto termine”.».
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio (Cass. 30/10/2018, n. 27623). Ebbene la controricorrente (che ne aveva dunque l’onere) non deduce di aver diversamente motivato (nell’avviso, ma eventualmente anche nei giudizi di merito) tale anticipazione, che di per sé sola (oltre che non giustificata in ordine al residuo lasso intertemporale comunque intercorrente tra la maturazione del termine dilatorio ed il compimento del termine decadenziale), è comunque infondata.
Infatti, come questa Corte ha già precisato, « In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non rappresenta una ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000.» (Cass. 10/04/2018, n. 8749, ex plurimis), in quanto «le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, l. n. 212 del 2000, debbono consistere in elementi di fatto che esulino dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescano dalla sua diretta conoscibilità, sicché non possono in alcun modo consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa» (Cass. 05/05/2021, n. 11685). Dunque la sola imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa non integra una ragione di urgenza valida ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, statuto del contribuente, « spettando piuttosto all’Amministrazione offrire come giustificazione dell’urgenza la prova, sulla base di fatti concreti e precisi, che l’emissione dell’avviso in prossimità del maturare dei termini decadenziali sia dipesa da fattori ad essa non imputabili che hanno inciso al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, pena la dissoluzione della finalità di recupero delle imposte non versate.» (Cass. 23/07/2020, n. 15755).
La violazione del termine dilatorio de quo, non giustificata dall’urgenza, determina ex se la nullità dell’atto impositivo, a prescindere da ogni considerazione ulteriore sugli effetti che ne siano derivati sulla difesa della contribuente e con esclusione della necessità di una prova di resistenza o meno dell’atto impositivo viziato. Infatti, « In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui all’art. 12, l. n. 212 del 2000, debbono consistere in elementi di fatto che esulino dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescano dalla sua diretta conoscibilità, sicché non possono in alcun modo consistere nella imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa. Peraltro, detto obbligo, imposto per gli accertamenti eseguiti mediante accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, comporta che il legislatore, nel comminare la nullità dell’atto impositivo in caso di sua violazione, ha operato una valutazione “ex ante” del rispetto del contraddittorio, che assorbe a monte “la prova di resistenza”, ciò che giustifica la mancata distinzione, nella norma, tra tributi armonizzati e non, scattando detta prova quando la normativa interna non sanzioni tale violazione con questa forma di invalidità» (Cass. 05/05/2021, n. 11685; conforme, ex plurimis, Cass. 15/01/2019, n. 701).
All’accoglimento del secondo motivo, pertanto, consegue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, l’accoglimento del ricorso introduttivo della M.E.S. Co. Ltd, poi divenuta P.A.E.S. Co. Ltd.
14. Restano assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo, con la conseguente caducazione dell’atto impositivo invalido, tutti gli ulteriori successivi motivi di ricorso proposti dalla medesima
15. Le spese di lite relative al ricorso della P.A.E.S. Co. Ltd si compensano per i giudizi di merito e, per quello di legittimità, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale nei confronti di C.A., dichiara assorbito il ricorso principale di quest’ultimo e cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, compensando le spese dei giudizi di merito e di legittimità;
accoglie il ricorso incidentale nei confronti della P.I. s.p.a., dichiara assorbito il ricorso principale di quest’ultima e cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, compensando le spese dei giudizi di merito e di legittimità;
accoglie il secondo motivo del ricorso della P.A.E.S. Co. Ltd, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento , agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge
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