Corte di Cassazione ordinanza n. 13084 depositata il 27 aprile 2022
violazione delle nome di legge – studi di settore – prova contraria con qualsiasi mezzo – omesso esame di elementi istruttori
Considerato che:
Dall’esposizione in fatto contenuta nel ricorso, emerge che l’Agenzia delle Entrate , avendo ritenuto che la dichiarazione afferente l’anno di imposta 2005 del contribuente Lovallo Vito non era congrua rispetto agli studi di settore , emetteva avviso di accertamento con cui rettificava l’imposta dovuta ai sensi degli artt. 62 bis, e 62 sexies del D.L. n. 331 /1993 , oltre sanzioni.
Tale atto era impugnato dal contribuente anche sotto il profilo della peculiarità dell’azienda con riferimento al territorio in cui operava , non inquadrabile negli studi di settore .
La commissione provinciale, ritenendo che l’avviso di accertamento si basava solo sui risultati degli studi di settore, accoglieva il ricorso .
Tale sentenza era impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la CTR di Potenza (sentenza 137/ 02/2015 ), respingeva l’appello ritenendo che gli studi di settore non erano stati rapportati alla realtà economica del contribuente.
Contro la sentenza di secondo grado propone ricorso per Cassazione l’Agenzia Delle Entrate , affidandosi a due motivi.
Non costituiva la controparte.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduceva “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti.
In particolare evidenziava che la Ctr non avesse dato conto di adeguata disamina dei fatti, specificati nell’accertamento.
Con il secondo motivo l’Agenzia deduceva ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc ed in particolare dell’art. 62 bis e 62 sexies D.L. 331/93 conv. in L. n427/1993 ; dell’art. 39 comma 1 lettd9 e dell’art. 54 del DPR 633/72,nonché degli art. 42 del dpr 600/73 e 56 del dpr 633/72, nonché dell’art. 2697 cc”.
I rilievi contenuti in tali motivi tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione. Vanno in premessa ribaditi , in ordine agli studi di settore, gli insegnamenti di questa Corte rilevanti ai fini della disamina dei motivi.
Per quello che qui rileva, sebbene per consolidato orientamento giurisprudenziale, gli studi di settore previsti dall’art. 62 bis D.L. 331/1993, convertito dalla legge n. 427 del 29.10.1999, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralita’ di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, ex art. 39, primo comma, lett. d, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma in tal caso il contribuente, sia nella fase amministrativa o nella fase contenziosa, ai fini dell’accoglimento del ricorso ha l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attivita’ dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, si’ da giustificare ricavi inferiori a quelli che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato. Nel caso è quello che ,secondo la Ctr, è avvenuto ritenendo che l’attività edilizia nel territorio, in cui operava il contribuente, era in profonda crisi il che escludeva di per sé l’applicazione degli studi di settore . Come si vede la CTR ha compiutamente esplicitato il proprio iter argomentativo. Nel caso la Agenzia ricorrente dolendosi con il primo motivo in sostanza per l’asserita erronea valutazione delle risultanze di causa (“non aver esaminato tutti gli elementi indicati nell’accertamento”) finisce per dolersi del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito. Tale doglianza così come formulata non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ.
L’art. 360, 1° co., n. 5, cod. pro. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive. A riguardo questa Corte ha chiarito che “L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, sicché il fatto storico non può identificarsi con il difettoso esame di tutti gli elementi indicati nell’accertamento visto che tale atto è stato preso in considerazione , avendo condotto la valutazione dei fatti rilevanti rispetto proprio a tale atto . Alla stregua dei principi sopra enunciati, la doglianza per violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. è inammissibile, in quanto si sostanzia in una censura di merito all’accertamento di fatto compiuto dalla CTR , prospettando una prevalenza dell’accertamento fiscale sulla eccezione accolta circa la non applicabilità nel caso concreto degli studi di settore implicando inevitabilmente una diversa lettura e interpretazione delle dei fatti .
Il vizio di motivazione rappresentato (travisamento di fatti decisivi) non è riconducibile al nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e la motivazione posta a base della decisione del giudice di merito si fonda su un nucleo argomentativo logico che ha evidenziato le ragioni della disapplicazione dell’accertamento.
Con il secondo motivo Il ricorrente, infatti, ha dedotto in modo del tutto generico la violazione delle nome di legge sopra indicate, attraverso il richiamo delle disposizioni asseritamente disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal Tribunale. Ma questa Corte ha più volte affermato il principio, secondo il quale «in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» se non nei limiti del vizio di motivazione come indicato dall’art. 360, comma, n. 5, c.p.c., nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (Cass. 24155/2017; 195/2016; 26110/2015). «Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa» (Cass. 7394/2010).Siccome nel caso in esame il giudice non ha violato le disposzioni di legge ma ha ritentuo che nel caso il contribuente abbia dato la prova della non applicabilità nel caso degli studi di settore anche tale motivo va rigettato . Poiché la controparte non si è costituita neppure vanno disciplinate le spese processuali .
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese ..