Corte di Cassazione ordinanza n. 13219 depositata il 27 aprile 2022
cartella di pagamento – motivazione
Rilevato che:
1. E.S. s.r.l. impugnò la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, conseguente al controllo automatizzato della dichiarazione presentata dalla contribuente per l’anno d’imposta 2008.
La Commissione tributaria provinciale di Napoli accolse il ricorso.
La Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello erariale e l’Agenzia ha quindi proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza d’appello.
La contribuente si è costituita con controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per avere il giudice a quo ritenuto nulla la cartella per difetto di motivazione, con la quale l’Ufficio non ha provveduto a rettificare la dichiarazione della contribuente, ma ha azionato esclusivamente la pretesa relativa ad imposte che la società aveva dichiarato, ma non
2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, per avere il giudice a quo ritenuto che, sussistendo incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, fosse necessaria la preventiva comunicazione alla contribuente dell’avviso
3. I due motivi sono connessi e vanno trattati congiuntamente. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, « La cartella con cui l’Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine applicabile né l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale prevede siano messi a disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), né l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente. Spetta, eventualmente, a quest’ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento dell’obbligo in questione.» (Cass., 16/12/2011, n. 27140).
In conformità, questa Corte ha quindi ritenuto che « In tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa.» (Cass. 20/09/2017, n. 21804; conformi, ex plurimis, Cass. n. 11612 del 2017, n. 15564 del 2016, n. 14236 del 2017, n. 25329 del 2014, n. 13335 del 2009, n. 26671 del 2009).
Quanto poi alla pretesa nullità della cartella di pagamento impugnata, emessa a seguito di controllo formale automatizzato della dichiarazioni della stessa contribuente, senza previo invito al contribuente e fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un congruo termine, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte:
– « In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997.» (Cass. 06/07/2016, n. 13759; conforme, da ultimo, Cass. 28/06/2019, n. 17479; nello stesso senso, altresì, Cass. 10/06/2015, n. 12023, con riferimento alle sanzioni);
– « In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36-bis citato, poiché in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione“.» (Cass. 31/03/2011, 7536; conformi, ex plurimis, Cass. 28/07/2016, n. 15740; Cass. 21/11/2017, n. 27716).
L’incertezza circa aspetti rilevanti della dichiarazione deve essere interpretata nel senso che la cartella sia preceduta da un’attività dell’Ufficio che esorbiti quel controllo, di tipo documentale, sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione e senza margini di tipo interpretativo, che è proprio dell’ art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 17/12/2019, n. 33344).
Nel caso di specie, nel quale non è in contestazione l’allegazione della ricorrente che la cartella avesse per oggetto imposte dichiarate, ma non versate dalla contribuente, e fosse stata emessa ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 (come del resto risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso controricorso, a pag. 7), la CTR non ha fatto buon governo di tali principi, avendo affermato la necessità di una dettagliata motivazione della cartella ( piuttosto che la sufficienza di un mero richiamo alla dichiarazione della contribuente) e della comunicazione preventiva alla notifica dello stesso atto, a prescindere dall’effettivo contenuto di quest’ultimo e sulla base di un dato meramente quantitativo (il numero delle irregolarità rilevate dalla cartella), di per sé solo non determinante necessariamente l’incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione, nel senso precisato.
Inoltre, la CTR ha errato anche nel non considerare che, comunque, ove pure fosse stata dovuta (come si è escluso) la comunicazione del preventivo avviso bonario, la relativa omissione non avrebbe comportato la nullità della cartella, costituendo invece al più una mera irregolarità.
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va casata, con rinvio al giudice a quo, per tutte le ulteriori questioni rimaste assorbite.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.