CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 13525 depositata il 17 maggio 2023
Lavoro – Licenziamento orale – Pagamento dei contributi previdenziali – Obbligo del datore di lavoro – Inadempimento – Credito retributivo del lavoratore calcolato al lordo della quota contributiva originariamente a suo carico – Restituzione di somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado – Accoglimento
Rilevato che
1. con sentenza 1 aprile 2019, la Corte d’appello di Messina ha dichiarato dovuta da CO.CI.B. s.r.l. a C.M. la somma di € 135.731,50 oltre accessori di legge e il suo diritto di ripetere da questo le somme eccedenti eventualmente corrispostegli in esecuzione della sentenza di primo grado, compensando tra le parti le spese del grado in misura della metà e condannando la società alla rifusione al predetto della residua metà: in accoglimento in tali limiti dell’appello della società, così riformando la sentenza di primo grado, di condanna della prima al pagamento, in favore del lavoratore, della complessiva somma di € 172.972,50 oltre accessori di legge al lordo delle ritenute previdenziali ed assistenziali, con detrazione dell’aliunde perceptum;
2. ricostruita la controversia tra le parti, originata dal licenziamento orale della società datrice il 6 dicembre 2002, pertanto dichiarato inefficace dal giudicato del Tribunale di Patti n. 27/2011 – di condanna della predetta alla reintegrazione del lavoratore e al risarcimento del danno in suo favore, in misura pari alla retribuzione globale di fatto maturata dal licenziamento alla reintegrazione – con la successiva opzione del lavoratore per la relativa indennità sostitutiva, il quale aveva agito per le proprie pretese creditorie ottenendo due separati decreti ingiuntivi (oggetto di distinti giudizi di opposizione riuniti dalla sentenza del Tribunale gravata), la Corte territoriale ha disatteso le questioni processuali poste con i plurimi motivi dedotti dalla società appellante;
3. per quanto ancora rileva, essa ha liquidato la suindicata somma di € 135.731,50, in misura di € 115.493,91 a titolo risarcitorio, in esito a disposta C.t.u. contabile, al netto (anziché al lordo) dei contributi previdenziali e assistenziali, con detrazione dell’aliunde perceptum accertato in € 18.314,00, e di € 22.534,79, a titolo di indennità sostitutiva della reintegrazione;
4. con atto notificato il 20 giugno 2029, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la società ha resistito con controricorso e ricorso incidentale con unico motivo, cui il primo ha replicato con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.
Considerato che
1. il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 19 legge n. 218/1952 e di altre norme di CCNL e di legge (non specificate), per erronea liquidazione delle somme riconosciute al lavoratore, a titolo risarcitorio e non retributivo, al netto anziché al lordo delle ritenute previdenziali (primo motivo);
2. esso è fondato;
3. in tema di contributi previdenziali, posto che, in applicazione dell’art. 23 legge n. 218/1952, il datore di lavoro, che non abbia provveduto (come tenuto dall’art. 19 legge cit., secondo cui: “1. Il datore di lavoro è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico del lavoratore; qualunque patto in contrario è nullo. 2. Il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce”) ad eseguire tempestivamente i versamenti dovuti, resta obbligato in via esclusiva al loro pagamento anche per la quota a carico del lavoratore, sicché il credito retributivo di quest’ultimo deve essere calcolato al lordo della quota contributiva originariamente a suo carico, che, divenuta parte della retribuzione dovuta, non deve essere detratta dal danno subito dal lavoratore per il mancato tempestivo adempimento del datore di lavoro, non essendone egli più il debitore (Cass. 31 ottobre 2017, n. 25956; Cass. 15 luglio 2019, n. 18897; Cass. 25 giugno 2020, n. 12708, in specifico riferimento all’omissione contributiva datoriale nel periodo compreso tra il licenziamento dichiarato illegittimo e la reintegrazione; Cass. 18 agosto 2021, n. 23071);
4. il ricorrente ha dedotto violazione di norme e principi in materia di prova liberatoria e di onere datoriale di pagamento degli oneri previdenziali, omesso esame di irrilevanza e comunque di assenza di effetto liberatorio della loro imputabilità e detraibilità dalle somme liquidate al lavoratore, nonché violazione degli artt. 416, 437 c.p.c., per inammissibilità della produzione tardiva da parte della società datrice di documenti e della sua domanda nuova di ripetizione di somme neppure pagate (secondo motivo);
5. esso è parzialmente assorbito, per effetto dell’accoglimento del precedente motivo, nei profili di censura diversi dall’inammissibilità, in quanto nuova, della domanda di ripetizione di somme, invece infondata;
6. in riferimento alla pronuncia di accertamento del diritto della società datrice di ripetizione delle somme eccedenti eventualmente corrisposte al lavoratore in esecuzione della sentenza di primo grado, occorre ribadire che la richiesta di restituzione di somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, anche nel rito del lavoro, consegue a quella di modifica della decisione impugnata e, non costituendo domanda nuova, è ammissibile in appello, se formulata, a pena di decadenza, con l’atto di gravame, ove a tale momento la sentenza sia stata già eseguita, ovvero nel corso del giudizio, qualora l’esecuzione sia avvenuta dopo la proposizione dell’impugnazione (Cass. 6 gennaio 2016, n. 1324; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2292; Cass. 15 marzo 2021, n. 7144);
7. la controricorrente ricorrente ha dedotto, a propria volta in via di ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per erronea compensazione delle spese del giudizio d’appello nella sola misura della metà con la condanna della società alla loro rifusione per la residua metà al lavoratore, senza considerazione del suo comportamento processuale di sollecitazione del curatore (del fallimento della società datrice, dichiarato e chiuso nel corso del giudizio) alla regolarizzazione del rapporto da parte dell’Inps, nonostante l’incasso di somme neppure dovutegli, oltre che del principio di causalità, senza una motivazione adeguata (unico motivo);
8. esso è assorbito;
9. pertanto il primo motivo di ricorso deve essere accolto, il secondo rigettato e il ricorso incidentale assorbito; con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo ed assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione.
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