Corte di Cassazione ordinanza n. 13718 depositata il 2 maggio 2022
motivazione apparente – sanzione –
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’ Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n.16/24/13 della Commissione tributar a provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso della Vincenzo Z.M. spa contro gli avvisi di accertamento per Il.DD. ed IVA 2006.
La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare:
-che la ripresa per deduzione indebita di una perdita su credito per inesigibilità (rilievo n. 1, debitore T. srl) era da considerarsi infondata, poiché basata su considerazioni gestionali valide (benefici da prosecuzione del rapporto commerciale con la debitrice);
-che ugualmente doveva considerarsi infondata la ripresa per indebita deduzione di costi riaddebitati dalla controllata B.L. (rilievo n. 2 collegato al rilievo n. 3 IRAP ed 1 IVA, indennizzo per acquisizione della disponibilità di locali commerciali), trattandosi di costi inerenti;
-che invece doveva considerarsi fondata la ripresa per omessa
contabilizzazione di interessi attivi su prestito alla partecipata francese D., sussistendo la contestata violazione della normativa in materia di transfer pricing (rilievo n. 3);
-che ugualmente e per la stessa ragione giuridica doveva considerarsi fondata la ripresa relativa alla cessione di beni alle controllate estere (Francia, Spagna, Svizzera, Germania e Grecia; rilievo n. 4), non risultando idonei gli elementi controprobatori forniti dalla società contribuente;
-che di contro non era fondata la ripresa per indebita deduzione di costi per acquisti di beni e servizi da cedenti/prestatori residenti in Paesi extra UE inseriti in Black list, avendo la società contribuente adeguatamente controprovato l’effettiva sussistenza delle cessioni/prestazioni (rilievo n. 5 IRES/IRAP, n. 1 IVA);
-che doveva affermarsi fondata la ripresa per indebita detrazione IVA in relazione all’allestimento di manifestazioni fieristiche (in Germania e Francia), trattandosi di prestazioni “non territoriali” ex art. 7, comma 4, lett. b, dPR 633/1972, nel testo applicabile temporalmente (rilievo n. 2 IVA);
-che era pure fondata la ripresa per indebita deduzione del costo di impiego del personale della D.s, in quanto la normativa vigente ratione temporis la escludeva (rilievo n. 1 IRAP);
-che anche era fondata la ripresa per indebita deduzione del costo di impiego di Z.M., non avendo la società contribuente adeguatamente provato il rapporto contrattuale ai fini fiscali (rilievo n. 2 IRAP);
-infine, che non poteva esser, accolta la difesa della contribuente in ordine alla inapplicabiliti1 delle sanzioni per obiettiva incertezza circa l’interpretazione delle norme violate, trattandosi di eccezione generica e comunque infondata.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo cinque motivi.
Con successivo ricorso, che va dunque considerato incidentale, la sentenza è stata impugnata anche dalla società contribuente con quattro motivi.
Considerato che:
Con il primo motivo, il terzo ed il quarto motivo l’agenzia fiscale ricorrente -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- denuncia la nullità della sentenza impugnata per vizio motivazionale (motivazione apparente) in relazione alle statuizioni relative alle riprese per indebita deduzione di perdite su crediti, costi non inerenti e relativi ad operatori residenti in Paesi inseriti nella black list di cui al dm 22 marzo 2022.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.
Va ribadito che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “errar in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01).
Orbene, la motivazione della sentenza impugnata non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale.
Il giudice tributario di appello infatti ha, sinteticamente, ma chiaramente, illustrato le ragioni di merto per le quali ha affermato l’infondatezza delle riprese de quibus, sicchè il correlativo apparato argomentativo deve sicuramente considerarsi al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U, 80S3/2014).
In ogni caso va anche ribadito che «Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la :ui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante» (Cass., n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01).
Con il secondo motivo l’agenzia fiscale ricorrente -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 2704, cod. c: v., 109, commi 1-5, dPR 917 /1986, poiché la CTR ha affermato l’infondatezza della ripresa relativa all’indebita deduzione di costi riaddebitati dalla partecipata B.L. spa per indennizzo derivante dall’utilizzo di un negozio sito in Trieste, valorizzando in particolare una scrittura privata non autenticata che non le poteva essere opposta appunto per la previsione di cui alla disposizione codicistica evocata.
La censura è fondata.
Il giudice tributario di appello ha infatti basato la propria statuizione sul punto decisionale in questione essenzialmente sulla valorizzazione di un documento pacificamente non registrato, dunque privo di data certa, e nemmeno firmato dalla società contribuente.
Quanto al primo profilo ne risulta chiara la violazione dell’art. 2704, primo comma, cod. civ., trattandosi di prova documentale inopponibile all’agenzia fiscale appunto per la carenza dei presupposti di “certezza” da tale disposizione legislativa codicistica previsti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 7636 ciel 31/03/2006, Rv. 588675 – 01).
Inoltre la mancata sottoscrizione della scrittura da parte della società contribuente ne rende altresì incerto, di per sé, il vincolo contrattuale correlativo e, in ultima anc11isi, inficia il giudizio di merito della CTR lombarda in quanto si sostanzia in una falsa applicazione dell’art. 109, comma 1, dPR 917/1985, con particolare riguardo appunto alla “certezza/determinabilità” della componente negativa di reddito de qua.
Con il quinto motivo l’agenzia fiscale ricorrente -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- deduce la violazione degli artt. 80 della Costituzione, 2697, cod. civ ., 110, commi 10-11, dPR 917/1986, poiché la CTR ha sancito l’infondatezza della ripresa attinente alla deduzione di costi da rai:;porti con operatori economici situati in Paesi rientranti nella black list.
La censura è inammissibile.
Vi è infatti da rilevare che sul punto decisionale in esame la ratio decidendi è sostanzialmente diversa da quella indicata dalla ricorrente principale, posto che il giudice tributario di appello ha affermato l’infondatezza della ripresa fiscale primariamente sulla scorta del materiale probatorio documentale prodotto dalla società contribuente sin dalla fase del contraddittorio endoprocedimentale, dalla stessa ricavandone il convincimento che i costi de quibus siano stati effettivamente sostenuti a fronte di prestazioni reali delle controparti extra UE.
Ne consegue la sostanziale irrilevanza della questione relativa all’applicabilità della convenzione sulle doppie imposizioni tra l’Italia ed Hong Kong.
Con il primo motivo la ricorrerte incidentale -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la CTR ha omesso di pronunciarsi sulla sua eccezione pregiudiziale di illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati per violazione dell’art. 12, comma 7, legge 212/2000.
In particolare la società contribuente lamenta che detti atti impositivi non abbiano tenuto in alcun conto nella propria motivazione delle sue controdeduzioni al PVC.
La censura è infondata. Va ribadito che:
-«Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cast., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ . ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto» (Cass. n. 2313 del 01/02/2010; ex pluribus conf. Cass. n. 16171 del 28/06/2017; Cass. n. 9693 del 19/04/2018);
-«In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo» (Cass. n. 8378 del 31/03/2017).
In applicazione di tali, consolidati, indirizzi giurisprudenziali, deve ritenersi che, trattandosi di un’eccezione infondata, posto che l’agenzia fiscale non aveva alcun obbligo di “motivazione rinforzata” degli atti impositivi medesimi, con specifico riguardo alle deduzioni difensive endoprocedimentali della società contribuente, ancorchè possa, in astratto rilevarsi il denunciato vizio di attività1 tuttavia non debba pronunciarsi la cassazione in parte qua della sentenza impugnata.
Con il secondo e con il terzo motivo la ricorrente incidentale – ex art. 360, primo comma, n. 3, ccd. proc. civ.- denuncia la violazione degli artt. 110, comma 7, 9 . comma 3, dPR 917/1986, poiché la CTR ha, rispettivamente, ritenuto la fondatezza delle riprese fiscali relative al contestato transfer pricing per interessi attivi sul finanziamento alla società controllata estera D. e su cessioni di beni ad altre controllate estere.
In particolare la società contribuente sostiene che l’evocata disciplina sui rapporti infragruppo non è applicabile qualora, come nel caso di specie, sia stata esercitata l’opzione per il “consolidato mondiale” ex artt. 130 ss., dPR 917/1986.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.
Risulta anzitutto necessario individuare le disposizioni legislative di stretto riferimento alla fattispecie concreta, nella versione vigente ratione temporis, e quindi:
-l’art. 110, comma 7, dPR 917/1986 che prevede «I componenti del reddito derivanti da operazioni con societa’ non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa societa’ che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva aumento del reddito; la stessa disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorita’ competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali “procedure amichevoli” previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. La presente disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da societa’ non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l’impresa esplica attivita’ di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotti»;
-art. 9, comma 3, dPR 917/1986 che prevede «Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sJno stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo piu’ prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore’>-•;
-l’art. 131, dPR 917/1986 che prevede «L’esercizio dell’opzione consente di imputare al soggetto controllante indipendentemente dalla distribuzione i redditi e le perdite prodotti dalle controllate non residenti di cui all’articolo 133 per la quota parte corrispondente alla quota di partecipazione agli utili dello stesso soggetto controllante e delle societa’ controllate residenti di cui al comma 2, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena societaria di controllo. 2. Nel caso in cui la partecipazione in una controllata non residente sia detenuta in tutto o in parta per il tramite di una o piu’ controllate residenti, per la validita’ dell’opzione di cui all’articolo 130 e’ necessario che la società controllante e ciascuna di tali controllate residenti esercitino l’opzione di cui alla sezione II. In tal caso la quota di reddito della controllata non residente da includere nella base imponibile del gruppo corrisponde a/la somma delle quote di partecipazione di ciascuna società residente di cui al presente comma. 3. L’imputazione di cui al comma 1 avviene nel periodo d’imposta del soggetto controllante e delle societa’ controllate di cui al comma 2 in corso alla data di chiusura dell’esercizio della societa’ non residente. Nel caso in cui quest’ultima non abbia l’obbligo della redazione annuale del bilancio d’esercizio, l’imputazione avviene l’ultimo giorno del periodo cui si riferisce il bilancio volontario di cui all’articolo 132, comma 2. 4. Ai fini del comma 3 si considera la quota di partecipazione agli utili alla data di chiusura dell’esercizio della societa’ non residente o se maggiore quella alla data di approvazione o revisione del relativo bilancio. 5. Gli obblighi di versamento a saldo ed in acconto competono alla controllante. L’acconto dovuto e’ determinato sulla base dell’imposta relativa al periodo precedente, al netto delle detrazioni e dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, come indicata nella dichiarazione dei redditi presentata ai sensi dell’articolo 130. Per il primo esercizio la determinazione dell’acconto dovuto dalla controllante e’ effettuata sulla base dell’imposta, al netto delle detrazioni, dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto, corrispondente al’a somma algebrica degli imponibili relativi al periodo precedente, come indicati nelle dichiarazioni dei redditi presentate per il periodo stesso dalle societa’ residenti singolarmente considerate. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui all’articolo 4 del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154».
Le prime due disposizioni legislative contengono la disciplina del c.d. transfer pricing, la terza quella degli effetti per l’opzione per il c.d. consolidato mondiale.
Risulta piuttosto evidente che si tratta di discipline giuridiche autonome, che nella loro letteralità non contengono elementi diretti di collegamento/coordinamento.
Il che porta alla soluzione ermeneutica sistematica che in caso di rapporti di cessione di beni o servizi infragruppo la tassazione a “valore normale” non risente della costituzione della c.d. fiscal unito, ancor meglio, che l’unificazione della dichiarazione reddituale delle società appartenenti ad un gruppo optante per il consolidato (mondiale), secondo la logica della somma algebrica dei redditi societari individuali, si regge sulla previa -autonoma determinazione degli stessi secondo le regole generali.
Del resto, indagando sulla ratio della disciplina interna del transfer pricing, questa Corte ha reiteratamente statuito, con indirizzo nettamente prevalente, che essa non deve rinvenirsi in finalità antielusive, bensì in quelle di prevenzione della distorsione della libera concorrenza e della preservazione del potere fiscale degli stati membri dell’Unione europea (ex pluribus, in questo senso, v. Cass., 1232/2021, 16948/2019, 9673/2018, 18392/2015).
Quest’ultimo profilo in particola, re è altresì ben presente nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE (v. sentenza del 21 gennaio 2010, C-311/08, Sociétè del Gestion Incfustrielle SA, punti 60-64).
La sentenza impugnata dunque risulta aver fatto corretta interpretazione ed applicazione dell’,,rt. 110, comma 7, dPR 917/1986 in relazione ad entrambe le riprese de quibus, peraltro in espressa adesione alla giurisprudenza di legittimità ed unionale citata.
Concludendo sui punti decisionali in esame, è opportuno formulare il seguente principio di diritto:
«Le discipline del transfer pricing ex art. 110, comma 7, in relazione all’art. 9, comma 3, dPR 917/1986 e del “consolidato mondiale” ex 130, ss., dPR 917/1986 sono distinte ed autonome, sicchè non interferiscono reciprocamente e vanno separatamente applicate, essendo gli effetti dell’opzione per la tassazione di gruppo delimitati dalla specifica previsione dell’art. 131 dello stesso TU».
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- si duole della violazione degli artt. 6, comma 2, d.lgs. 472/1997, 8, d.lgs 546/1992, 10, comma 3, legge 212/2000, poiché la CTR ha rigettato il suo motivo di appello relativo alla inapplicabilità del trattamento sanzionatorio per “obiettiva incertezza normativa”.
La censura è inammissibile e comunque infondata.
In primo luogo, quanto alla rilevata inammissibilità del mezzo, deve notarsi, in sostanziale consonanza con quanto già, nel merito, sancito dal giudice tributario di appello, sia pure nell’ambito di questo giudizio di legittimità e rispetto al parametro valutativo evocato (violazione di legge), che la critica è del tutto priva di specificità, non comprendendosi rispetto a quali norme ed in quali termini vi sarebbe la dedotta “incertezza”.
Conseguentemente, sempre sul piano dell’ammissibilità della censura, si deve poi osservare che la stessa attinge il merito della decisione d’appello, il che non rientra nel perimetro del presente giudizio.
In ogni caso va ribadito che «In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria ai sensi dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando è ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione» (tra le molte, per tutte, v. Sez. 5 – , Ordinanza n. 3108 del 01/02/2019, Rv. 652716 – 01).
E, come detto, la condizione indicata in tale arresto giurisprudenziale non è nemmeno stata illustrata dalla ricorrente incidentale nel mezzo in esame.
In conclusione, accolto il secondo motivo del ricorso principale, rigettati tutti gli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta tutti gli altri motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione a motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater ciel d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.