Corte di Cassazione ordinanza n. 13839 depositata il 3 maggio 2022
interesse ad impugnare – vizio di motivazione – mancata impugnazione dal legale rappresentante – possibilità del socio di contestarne i presupposti
RILEVATO CHE
– con sentenza n. 2579/21/2014, depositata l’l settembre 2014, la CTR della Sicilia – sezione staccata di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso dei predetti contribuenti avverso tre distinti avvisi di accertamento: uno emesso nei confronti della A.C. s.r.l. (di cui fino al 19.03.2009 i T. erano stati soci e T.G. amministratore unico, avendo poi ceduto le rispettive quote a tale Dragai Alexandru), ma notificato a T.G., ai fini dell’IRES, IRAP e IVA, per il maggiore reddito d’impresa accertato induttivamente nei confronti della società per l’anno d’imposta 2005, e gli altri due intestati a ciascuno dei ricorrenti personalmente, per il conseguente reddito da capitale derivante dalla distribuzione degli utili extracontabili, trattandosi di società di capitali a ristretta base partecipativa;
– la CTR ha rigettato l’appello con riferimento all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, confermando sul punto la decisione del primo giudice in ordine all’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire in giudizio di T.G. che, all’epoca dell’accertamento, non era legale rappresentante della società;
– la decisione impugnata ha ritenuto che anche in ordine agli avvisi di accertamento, emessi nei confronti dei soci personalmente, l’appello fosse infondato, non avendo gli stessi fornito la prova contraria per superare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili e non avendo chiesto di accertare “incidenter tantum” l’eventuale illegittimità dell’avviso di accertamento, emesso nei confronti della società e divenuto definitivo in assenza di impugnazione;
– avverso la suddetta sentenza, T.G. e T.D. propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati con memoria ex 380-bis 1 cod. proc. civ.;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
preliminarmente occorre dichiarare l’inammissibilità del controricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, che si sarebbe dovuto notificare entro il 27.04.2015 (lunedì), essendo stato il ricorso ricevuto in data 18.03.2015, mentre la notifica del controricorso è stata effettuata, dal punto di vista della notificante, solo in data 30.04.2015;
– con il primo motivo, i contribuenti deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, dolendosi della mancanza di motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della motivazione apparente e/o incomprensibile, non avendo la CTR considerato le eccezioni sollevate dai contribuenti sulla insussistenza dei maggiori redditi accertati nei confronti della società e, di conseguenza, sulla mancata distribuzione di utili extrabilancio;
– con il secondo motivo, deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 e 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 2797 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., non avendo la CTR posto a fondamento della propria decisione le prove documentali prodotte dai ricorrenti nel giudizio di primo grado e non contestate dall’Agenzia delle Entrate, dalle quali si evinceva l’inerenza e la deducibilità dei costi sostenuti dalla società nell’anno 2005 (come era stato riconosciuto dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione) e, quindi l’insussistenza del maggiore reddito accertato;
– con il terzo motivo, denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. n. 3 cod. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 100 cod. proc. civ., degli artt. 2 e 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 27, 111 e 113 Cost., contestando la ritenuta carenza di legittimazione ad agire di T.G. in ordine al ricorso da lui proposto avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della A.C.. s.r.l., sostenendo di avere interesse ad impugnare detto avviso, avendolo ricevuto per la sua qualità “di amministratore della società e responsabile per le violazioni amministrative e penali”;
– con il quarto motivo, denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, deducendo che il giudice di appello non si era pronunciato sull’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento, emesso nei confronti della A.C., in relazione all’insussistenza del maggiore reddito accertato, sollevata dai contribuenti anche nei ricorsi proposti avverso gli avvisi di accertamento loro notificati, e che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, in nessuno dei propri scritti difensivi avevano mai eccepito la definitività dell’avviso emesso nei confronti della società, di cui non è stata provata la notifica alla società e/o all’amministratore;
– con il quinto motivo, denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., non avendo i giudici di appello risposto alle doglianze dedotte in appello con riferimento all’insussistenza del maggiore reddito accertato nei confronti della società, della conseguente mancata distribuzione degli utili, nonchè in relazione alla mancanza di contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate dei rilievi dedotti con riferimento all’illegittimità delle sanzioni irrogate;
– esigenze di priorità logica impongono di esaminare prima il terzo motivo che è infondato;
– nella specie non rileva la carenza di legittimazione di T.G. ad impugnare l’avviso di accertamento emesso nei confronti della GE.CO, ma la sua mancanza di interesse a detta impugnazione (rilevabile d’ufficio anche nel giudizio di legittimità);
– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, “la persona che, in un avviso di accertamento, è indicata erroneamente come legale rappresentante della società di capitali cui l’avviso rivolto, è priva di interesse ad impugnare l’avviso stesso, con la conseguenza che l’eventuale ricorso da essa proposto va dichiarato inammissibile, potendo essa, qualora l’esattore inizi l’azione di riscossione della sanzione nei suoi confronti, impugnare l’avviso di mora, al fine di contestare il rapporto di rappresentanza e la propria responsabilità” (Cass. 06.2012, n. 9282; Cass. 16.12.2008, n. 29377, Cass. 20.03.2019, n. 7763);
– ciò vale a maggior ragione per l’ex socio (come T.G.) della società di capitali a ristretta base partecipativa, qual è quella di cui ci si occupa, in quanto solo la società può dolersi (qualora ne venga a conoscenza) dell’erronea notificazione effettuata nei confronti di un terzo;
– anche il primo motivo è infondato;
la deducibilità del vizio di motivazione deve essere coordinata con la possibilità da parte del giudice di pronunciare una sentenza con motivazione “succinta”, espressamente prevista proprio dall’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ. (oltre che dall’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 per il processo tributario), per cui la nullità della sentenza può configurarsi solo quando non sia possibile individuare il percorso argomentativo della decisione, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione (ex multis, Cass. 15.11.2019, n. 29721);
– come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza del 7.04.2014, 8053), infatti, l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
– deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;
– solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “errar in procedendo”, in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. U. 3.11.2016, n. 22232);
– a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 54, comma 1, b), del ci.I. 22.06.2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7.08.2012, n. 134 (ratione temporis applicabile, essendo stata la sentenza impugnata depositata in data 8.05.2015), non assume alcun rilievo il semplice difetto di motivazione o la motivazione insufficiente;
nella sentenza impugnata sono stati indicati in maniera sufficientemente esaustiva gli elementi dai quali la CTR ha tratto il proprio convincimento, argomentando con autonomo processo deliberativo sulle ragioni del mancato accoglimento del gravame;
– il secondo motivo è, invece, fondato;
– il giudicato formatosi nel giudizio riguardante l’accertamento dei maggiori redditi nei confronti della società di capitali a ristretta base sociale ha un effetto riflesso nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio della medesima società (Cass. 11.2015, n. 23899) e il socio non può, di norma, dolersi dell’accertamento effettuato nei confronti della società proponendo doglianze ad esso riferibili (Cass. 18.02.2020, n. 3980);
– nel caso in cui l’avviso di accertamento non sia stato correttamente notificato al legale rappresentante della società, tuttavia, il socio potrà fare valere le proprie ragioni nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento che lo riguarda, perché l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, proprio perché non correttamente notificato, non è opponibile al socio, con la conseguenza che questi può contestare anche la sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria della società e non solo dimostrare la propria estraneità alla gestione societaria o eccepire che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società (Cass. 24.06.2021, n. 18200);
– poiché nella specie l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società risulta notificato solo a T.G. (non essendoci evidenze sulla sua notificazione alla società), legittimamente i ricorrenti potevano dedurre e provare, nel ricorso avverso gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti, per il maggiore reddito di partecipazione accertato nel periodo in cui erano soci della A.C., anche l’inesistenza dell’obbligazione tributaria riguardante la società, contestando in modo autonomo e diretto la pretesa erariale anche sotto il profilo della stessa sussistenza degli utili extracontabili asseritamente distribuiti, senza alcuna limitazione;
– occorre rammentare, poi, che il socio può contestare la sussistenza di tutti i fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria, senza alcuna limitazione, anche quando l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società non sia stato impugnato dal suo legale rappresentante (Cass. 03.2019, n. 6626);
– la sentenza impugnata, invece, ha omesso di pronunciarsi, nel merito, sulle doglianze proposte dai T. in ordine all’insussistenza della pretesa erariale, limitandosi ad affermare che non era stata provata la mancata distribuzione degli utili extracontabili e nulla osservando sulla documentazione prodotta dai ricorrenti nei giudizi di merito che li riguardavano;
– nell’accoglimento del predetto motivo resta intuitivamente assorbito l’esame del quarto e del quinto motivo;
– in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettati il primo e il terzo motivo ed assorbiti il quarto e il quinto motivo; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto e va rinviata alla CTR della Sicilia – sezione staccata di Caltanissetta, in diversa composizione, per nuovo esame sugli appelli proposti avverso gli avvisi di accertamento emessi personalmente nei confronti di T.G. e T.D.;
– quanto alle spese, la liquidazione delle stesse va rimessa al giudice del rinvio;
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e il terzo e dichiara assorbiti il quarto e il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Caltanissetta, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.