CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 14156 depositata il 23 maggio 2023

Tributi – Servizio di pubblico interesse – Diniego rimborso IRAP 2008 – Costi fiscali dei pubblici servizi – Cuneo fiscale – Sovracompensazione – Accoglimento – l’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, pure nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata

Rilevato che

La (…) S.p.A. (d’ora innanzi (…) in virtù di contratto di servizio con la Società (…) S.p.A. (d’ora innanzi (…) svolgeva l’attività di gestione dei servizi di trasporto urbani e di area urbana. A decorrere dal 10 maggio 2010, all’esito di gara pubblica indetto dal Comune di (…), la contribuente, essendo stata l’unica a presentare offerta al bando di gara, continuava a svolgere l’attività di gestione del pubblico trasporto ma in forza di contratto stipulato direttamente con il Comune di (…). Assolti gli obblighi dichiarativi per l’anno d’imposta 2008, la contribuente procedeva al versamento delle somme dovute – in particolare, al versamento dell’IRAP – senza tuttavia avvalersi della deduzione prevista dall’art. 11, comma primo, lett. a), d.lgs. n. 15 dicembre 1997, n. 446 (c.d. disciplina del cuneo fiscale). In data 14 giugno 2012, per l’effetto, la società presentava all’ufficio istanza di rimborso per l’IRAP (oltre interessi) versata in misura superiore rispetto al dovuto. Con atto prot. n. 126005/2013, l’ufficio rigettava l’istanza della contribuente.

2. Avverso di esso, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva anche l’Agenzia delle Entrate con controdeduzioni, sostenendo la legittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso avversario.

3. La C.t.p., con sentenza n. 5963/02/2015, rigettava il ricorso della contribuente, negando il diritto al rimborso, ritenendo che la contribuente non avesse diritto all’agevolazione perché la norma espressamente escludeva le imprese operanti “in concessione e a tariffa” in alcuni settori, tra i quali, quello dei trasporti.

4. Contro tale decisione proponeva gravame la contribuente dinanzi alla C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche l’ufficio, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

5. Con sentenza n. 1069/2017, depositata in data 14 marzo 2017, la C.t.r. adita respingeva il gravame della contribuente, confermando l’operato del giudice di prime cure e compensando le spese di giudizio; in particolare, opinava che (…) subentrando di fatto nei medesimi diritti ed obblighi regolanti l’attività della sua controllante (…) in realtà esercitava un servizio di pubblico interesse sottoposto alla vigilanza ed al controllo dell’ente territoriale e che la tariffa altro non era che un prezzo fissato o comunque regolamentato dalla P.A.

6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

L’Ufficio si è costituito con controricorso.

La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 31 marzo 2023 per la quale la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.)» la società lamenta il difetto di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di esaminare nel dettaglio i documenti prodotti dalla società in entrambi i gradi di merito del presente giudizio (in particolare il contratto di gestione servizi stipulato tra (…) ed (…) dalle cui statuizioni risultava evidente la natura privatistica di tale accordo).

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 11, primo comma, lett. a), nn. 2 e 4, d.lgs. n. 446 del 1997 e degli artt. 18 e 19, d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata la C.t.r. ha ritenuto che il rapporto intercorrente (…) sarebbe di tipo concessorio, in quanto il contratto di natura privatistica troverebbe la sua fonte nella presupposta concessione con l’Amministrazione comunale e (…) avrebbe il controllo totalitario della (…).

1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 11, primo comma, lett. a), nn. 2 e 4, d.lgs. n. 446 del 1997 e degli artt. 5, 6 e della Tab. A, n. 5, della legge regionale Lombardia 25 marzo 1995, n. 13 (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha erroneamente interpretato il concetto di tariffa, così negando alla ricorrente il diritto di beneficiare della deduzione ai fini dell’IRAP di cui al c.d. cuneo fiscale.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE (già TCE)» la ricorrente chiede la sospensione del giudizio con rimessione della controversia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in ragione del contrasto tra la sentenza impugnata e la decisione della Commissione Europea C (2007) 4133 nonché l’art. 107 TFUE.

2. La presente controversia scaturisce dal diniego opposto dall’Agenzia delle Entrate alla richiesta di rimborso, avanzata dalla società (…) fusa per incorporazione nella (…) della somma di € 722.005,51, pari alla maggiore IRAP versata rispetto al dovuto per l’anno d’imposta 2008 – oltre interessi maturati e maturandi fino al soddisfo – per effetto dell’applicazione del beneficio della deduzione di cui al c.d. “cuneo fiscale” ex art. 11, co. 1, lett. a), nn. 2 e 4, D.Lgs. n. 446 del 1997.

3. Preliminarmente va rilevato che la ricorrente, con memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ., ha rilevato ed invocato l’applicazione del giudicato esterno rappresentato dalla recente sentenza 25/02/2022, n. 6332 con la quale la Corte, su questione identica ed afferente all’annualità 2009, si è espressa favorevolmente alla (…) riscontrando l’inesistenza del requisito della concessione.

4. Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.

4.1. Anzitutto, sul tema della natura del rapporto tra (…) Spa e il Comune di (…) opera il giudicato esterno, giusta ordinanza sezionale 24/12/2019, n. 32633 con la quale, in relazione al rapporto negoziale inter partes, con riferimento all’impugnativa del diniego di rimborso IRAP per la medesima annualità (appunto, il 2008) e fondata sui medesimi presupposti di questo giudizio, questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia d’appello demandando al giudice di merito il compito di scrutinare se la tariffa applicata dalla contribuente all’utenza sia remunerativa, ossia idonea a generare un profitto.

4.2. In relazione al giudicato esterno giova rammentare quanto chiarito da Cass. 20/04/2016, n. 7888 (cui dà continuità tra le altre Cass. 22/11/2021, n. 35983), e cioè che «La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, pure nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Ciò in quanto il giudicato è un elemento che non può essere incluso nel fatto e, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti ma, mirando a evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione, collegata all’attuazione dei princìpi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive (SS.UU. n. 13916 del 2006; n.14011/2007; n. 26041/2010; n. 6102/2014).»

4.3. Comunque, nella fattispecie in esame, si discute dell’applicazione dell’art. 11, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 446 del 1997, così come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, il quale esclude dal beneficio fiscale della deduzione, ai fini IRAP, di alcune poste relative al costo del lavoro, le «imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti». La Commissione Europea, con la decisione C (2007) n. 4133, del 12 ottobre 2007, ha ritenuto di non sollevare obiezioni relativamente a tale misura, in ragione della neutralità dell’esclusione rispetto ai servizi operanti in concessione ed a tariffa.

Come più volte affermato da questa Corte (anche di recente: Cass. 03/03/2022, n. 7122; Cass. 01/03/2022, n. 6789) la valutazione data dalla Commissione UE della disposizione di diritto interno costituisce la chiave di lettura per l’interpretazione conforme della medesima disposizione, ove incida sul libero mercato per effetto di misure di sostegno finanziario attribuite con risorse pubbliche o con sgravi fiscali. In coerenza con gli scopi del Trattato CE, dato imprescindibile è che le misure siano idonee ad attribuire un vantaggio economico alle imprese operanti sul territorio dello Stato ex art. 107 TFUE, misure che la Commissione UE valuta, volta per volta, nel contraddittorio con lo Stato interessato (art. 108 TFUE) e in relazione alle quali lo Stato interessato si impegna alla loro applicazione nei termini illustrati davanti alla Commissione, ritenendosi la stessa compatibile con la disciplina del mercato della comunità Europea, in quanto misura di carattere generale (punto 31) e non selettiva (punto 32), ancorché operante maggiormente per le imprese ad alta intensità di lavoro (punto 27). L’esclusione delle pubbliche amministrazioni nonché (per quanto qui rileva) dei pubblici servizi gestiti sulla base di una tariffa regolamentata e di una concessione (punto 12) è giustificata dalle esigenze connesse alle politiche di liberalizzazione di servizi originariamente gestiti dalle pubbliche amministrazioni (punto 13). In ogni caso, come osserva la Commissione, i casi di esclusione del vantaggio fiscale, concernerebbero soltanto i «casi in cui il metodo di fissazione della tariffa da parte dell’autorità di regolamentazione compensi i costi fiscali dei pubblici servizi» (punto 16) e, in particolare, i casi in cui l’Autorità regolamentare tenga conto, in sede di determinazione della tariffa, «dei costi fiscali (IRAP compresa)» (punti 19 e 33) Invero, la deduzione in parola spetta ai «soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a e)» con esclusione delle «imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti». La lettera a) dell’art. 3, comma 1, che qui rileva contempla le società e gli enti di cui all’art. 87, comma 1, lett. a) e b) T.U.I.R.; esse sono «le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato» e gli «enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali», con esclusione degli «enti pubblici e privati, diversi dalle società, che non svolgono attività commerciale». Non è invece richiamata la lettera e-bis) che contempla le amministrazioni pubbliche. Sono poi escluse le imprese operanti «in concessione e a tariffa» nei settori dell’energia, dell’acqua, dei infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti. Ai fini dell’esclusione del beneficio, debbono concorrere ambedue i presupposti di legge della «concessione» e della «tariffa» (Cass. 12/07/2022, n. 22062).

4.4. Ancora, questa Corte, con il recente arresto 03/03/2023, n. 6467, ha fissato i principi in materia statuendo, sin da Cass. 12/12/2019, n. 32633 che «In tema di IRAP, il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata, in applicazione delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cd. riduzione del cuneo fiscale introdotta dalla legge finanziaria del 2007), che ha modificato l’art. 11, comma primo, lett. a), nn. 2 e 4 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, non si applica alle imprese che svolgono attività regolamentata (cd. “public utilities”) in forza di una concessione traslativa ed a tariffa remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la ratio giustificatrice del cd. cuneo fiscale».

4.5. Di recente, ancora, Cass. 12/07/2022, n. 22062, nel ribadire, con ampia ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali, i superiori principi ha precisato che «In tema di IRAP, le società “in house providing” non sono automaticamente escluse dall’applicazione del beneficio fiscale della riduzione della base imponibile di cui all’art. 11, comma primo, lett. a), nn. 2 e 4 del d.lgs. n. 446 del 1997 come modificato dalla legge n. 296 del 2006, poiché tale disposizione, postulando la concorrenza dei due presupposti della “concessione” e della “tariffa”, richiede che sia previamente verificata la natura del rapporto, se derivante da appalto o da concessione, avendo l’esclusione lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione conseguente al fatto che, nella determinazione della tariffa, si è già tenuto conto dell’onere fiscale».

4.6. Nella fattispecie in esame, i giudici d’appello hanno fatto malgoverno dei superiori principi e soprattutto del principio di diritto secondo cui “Il vantaggio fiscale della riduzione della base imponibile dichiarata in applicazione delle deduzioni introdotte dall’art. 1, comma 266, della legge n. 296/2006 (c.d. riduzione del cuneo fiscale prevista dalla legge finanziaria 2007), che ha modificato l’art. 11, comma 1, lett. a), n. 2 e 4, del d.lgs. n. 446/1997, non si applica alle imprese che svolgono attività “regolamentata” (cosiddette public utilities), in forza di una “concessione traslativa” e a “tariffa”, intendendosi per “tariffa” una “tariffa remunerativa”, capace di generare un profitto” perché non hanno approfondito adeguatamente il dato essenziale per l’applicazione del cuneo fiscale che è, anzitutto, la natura dell’attività svolta dal contribuente ossia se sia sussumibile nell’alveo della concessione con traslazione di funzioni di pubblico interesse da un soggetto pubblico ad un operatore privato.

Sul precipuo punto, infatti, la C.t.r. asserisce che il rapporto contrattuale di natura privatistica stipulato dall’appellante con la concessionaria del servizio non prescinde affatto dalla presupposta concessione ma da essa dipende e deriva, avendo per oggetto parte di quegli stessi servizi di trasporto pubblico oggetto della concessione in favore di (…) s.p.a., stante pure il fatto che la (…) controlla il 100% della (…) s.p.a. Quanto al corrispettivo, asserisce la C.t.r. che “è innegabile che l’appellante operi a tariffa, cioè debba applicare un prezzo del biglietto fissato o regolamentato dalla P.A.” rimanendo del tutto irrilevante se, nel caso concreto, l’importo di questa tariffa sia adeguata a far raggiungere alla società un finale equilibrio economico della gestione.

Orbene, tale ratio decidendi si profila assolutamente inadeguata dal punto di vista del rispetto della disciplina in argomento perché anzitutto, ciò che caratterizza la natura concessoria del rapporto tra soggetto pubblico e soggetto privato ai fini dell’esclusione della deducibilità dei costi non è la tipologia dell’atto di affidamento del servizio quanto, piuttosto, la funzione di interesse pubblico sottesa all’attività economica affidata al soggetto privato. Di poi, secondo i principi comunitari contenuti nella direttiva 2004/18/CE la concessione amministrativa viene descritta come il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura dei servizi consiste unicamente nel diritto a gestire i servizi accompagnato da un prezzo. Tale configurazione è ripresa nel codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006) che all’art. 12 definisce la concessione di servizi come il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all’art. 30 il quale, a sua volta, individua come controprestazione unicamente il diritto di gestire funzionalmente e sfruttare economicamente il servizio addossandosi, il concessionario, il rischio imprenditoriale di un negativo andamento del mercato o di gestione.

4.7. Comunque, sul tema della natura del rapporto tra (…) Spa e il Comune di (…) opera, come si è detto a § 4.1, il giudicato esterno giusta ordinanza sezionale n. 32633/2019. In particolare, nella precitata ordinanza questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia d’appello per demandare al giudice di rinvio il compito di scrutinare se, dato il rapporto concessorio, la tariffa applicata dalla contribuente all’utenza sia remunerativa, ossia idonea a generare un profitto. Analogamente, nel presente giudizio, ciò che non è assolutamente approfondito è la caratteristica della tariffa, se sia o meno remunerativa, ossia capace di generare un profitto, essendo tale interpretazione del concetto di tariffa coerente con la ratio giustificatrice del cd. cuneo fiscale; essa è quella di scongiurare il vantaggio che ne trarrebbe l’impresa che, in regime concessorio, riceva già il corrispettivo rappresentato dalla tariffa (di regola corrisposta dall’utenza). Ove tale tariffa (fissata dalla pubblica amministrazione e non dipendente dal mercato) fosse altresì remuneratoria e compensativa del servizio prestato, aggiungere ad essa anche la riduzione del cuneo fiscale dando luogo alla succitata “sovracompensazione”.

4.8. Occorre altresì aggiungere che soltanto la tariffa remunerativa, nell’accezione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità e desumibile dalla Decisione della Commissione europea, vale ad escludere dal beneficio fiscale le imprese operanti in regime di concessione, senza che, al medesimo fine, possa tenersi conto di ulteriori corrispettivi (di natura latamente tariffaria, in quanto fissati dalle pubbliche amministrazioni) determinati genericamente in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione del pubblico servizio.

Infatti, la tesi di una “tariffa ampliata” non sarebbe coerente con la corretta esegesi dell’articolo 11, che esclude l’agevolazione fiscale soltanto per le imprese operanti in determinate settori a tariffa, “remunerativa”, che tenga conto del costo fiscale dell’Irap, secondo i dettami della Commissione europea e in aderenza a quanto era stato rappresentato dal Governo italiano nelle interlocuzioni presso la medesima Istituzione unionale (cfr., su questo specifico tema, Cass. 22/12/2021, n. 41282, in materia di agevolazione Irap a favore di un’impresa di gestione di strutture ospedaliere e sociosanitarie). La C.t.r., quanto al corrispettivo, asserisce che “è innegabile che l’appellante operi a tariffa, cioè debba applicare un prezzo del biglietto fissato o regolamentato dalla P.A.” rimanendo del tutto inspiegato se, nel caso concreto, detta tariffa, in relazione all’annualità in contestazione, fosse o meno di entità tale da fare raggiungere alla società l’auspicato obiettivo di un finale equilibrio economico della gestione, in quanto l’esclusione dell’agevolazione era collegata alla struttura giuridica e ai vincoli economici dell’attività esercitata e non a un determinato e variabile risultato di bilancio.

5. In ordine al quarto motivo di ricorso, per simmetriche ragioni, resta assorbita l’istanza (subordinata) di sospensione del giudizio e di rimessione all’esame della Corte di giustizia della questione se, alla luce della Decisione della Commissione europea 12/09/2007 C(2007) 4133, def., l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 358 del 24 settembre 2008), che esclude dal beneficio fiscale l’intero comparto del trasporto pubblico locale (ivi compresa la stessa ricorrente), determinando uno svantaggio selettivo, si ponga in contrasto con l’art. 107, TFUE, e sia perciò illegittima (Cass. 25/02/2022, n. 6332).

6. In conclusione, vanno accolti i primi tre motivi di ricorso, va dichiarato assorbito il quarto motivo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche alle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda anche alle spese del giudizio di legittimità.