CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 14777 depositata il 26 maggio 2023

Tributi – Rimborso maggiore IRAP – Plusvalenze – Cessione di singoli beni strumentali allo svolgimento dell’attività d’impresa – Carattere di “straordinarietà” dell’operazione economica – Assimilabilità al trasferimento di azienda – Insussistenza – Determinazione della base imponibile dell’IRAP – Rigetto

Rilevato che

B. chiese il rimborso della maggiore Irap versata, per l’anno d’imposta 2008, in relazione alla plusvalenza (dell’importo di Euro 7.399.910,00) derivante dalla dismissione del proprio stabilimento produttivo di (…), mediante “alienazione del fabbricato, dell’area circostante e di tutti i beni strumentali” (pag. 3 del ricorso per cassazione);

il susseguente provvedimento di diniego dell’Agenzia delle Entrate (Direzione regionale della Lombardia) venne impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale accolse il ricorso, sul presupposto che l’operazione in questione avesse natura straordinaria, sicché la plusvalenza derivatane non doveva computarsi ai fini della determinazione della base imponibile Irap;

l’Agenzia delle Entrate propose appello, deducendo la rilevanza, ai fini dell’Irap, delle plusvalenze generate dalla cessione di singoli cespiti strumentali allo svolgimento dell’attività d’impresa (quale quella posta in essere nel caso di specie doveva considerarsi);

la C.T.R. accolse l’appello, facendo propria l’interpretazione contenuta nella circolare dell’Agenzia delle entrate n. 27/E del 26 maggio 2009, secondo cui devono considerarsi pienamente rilevanti-ai fini che in questa sede occupano – le plusvalenze emergenti dalla alienazione di beni strumentali, non concorrendo alla determinazione del valore di produzione unicamente quelle generate dalla cessione d’azienda, quale “operazione che genera sempre componenti straordinarie” (così la citata circolare, a pag. 8);

avverso tale sentenza la B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo; l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

Considerato che

con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 446 del 1997, artt. 4 comma 1, e 5, commi 1, 3 e 5, per avere la C.T.R. erroneamente escluso il carattere di “straordinarietà” dell’operazione economica in discorso, la quale invece deve considerarsi “del tutto assimilabile, per caratteristiche, funzione ed effetti, al trasferimento di azienda (che rappresenta il prototipo dell’operazione di carattere straordinario)” (pag. 7 del ricorso);

in particolare, posto che “la Società non si era limitata a cedere singoli beni strumentali nell’ambito dell’ordinaria attività di gestione dell’impresa, ma (..) aveva definitivamente dismesso l’intera attività produttiva cedendo tutti i beni strumentali (incluso l’immobile adibito alla produzione) con la contestuale risoluzione di tutti i rapporti di lavoro in essere con il personale” (pag. 12 del ricorso), si era venuta a determinare una situazione del tutto assimilabile alla cessione d’azienda, irrilevante essendo, da un punto di vista funzionale, la natura frazionata di tale cessione;

il motivo non merita accoglimento;

questa Corte ha più volte precisato che la determinazione della base imponibile dell’Irap, ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 11 comma 3, (nel testo applicabile ratione temporis, le cui previsioni, peraltro, devono ritenersi, sul punto, sostanzialmente immutate, come osservato nella sopra richiamata circolare), comprende le minusvalenze e plusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda (Cass. 25/01/2019, n. 2145; Cass. 6/09/2013, n. 20533; Cass. 17/03/2010, n. 6462);

in un caso di vendita frazionata delle diverse unità immobiliari facenti parte di un complesso edilizio destinato ad attività turistico-alberghiera, si è esclusa la non tassabilità, ai fini IRAP, della relativa plusvalenza, proprio argomentando nel senso di che non potesse “ragionarsi in termini di cessione frazionata d’azienda, in quanto la stessa presuppone il trasferimento di un’entità economica organizzata in maniera stabile, ed in cui, a seguito del trasferimento, sia mantenuta l’identità e conservata l’esercizio di una attività economica” (mentre, “stando a quanto accertato dal giudice del gravame, la fattispecie era caratterizzata dalla vendita di singole unità immobiliari a distinti soggetti acquirenti, sebbene con il vincolo di destinazione, profili che non possono condurre a ritenere che si fosse realizzata una cessione di azienda”) (Cass. 4/11/2020, n. 24599);

nella specie, a fronte della incontestata ricostruzione delle circostanze di fatto rilevanti (nel senso dell’avvenuta alienazione frazionata di tutti i beni strumentali all’esercizio dell’impresa), l’interpretazione della norma fatta propria dalla pronuncia impugnata si mostra pienamente legittima, nella parte in cui ricusa l’impostazione (avallata dalla ricorrente) che enfatizza unicamente l’apprezzamento complessivo ex post dell’effetto dell’operazione (e dal solo, limitato angolo visuale della società “dismettente”), a scapito delle sue modalità di attuazione (contrastanti, nella specie, con una considerazione unitaria dell’azienda quale oggetto del contratto);

pertanto il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuale in favore della controricorrente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.