Corte di Cassazione ordinanza n. 14784 depositata il 10 maggio 2022
sospensione necessaria – rapporto di pregiudizialità
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre sulla base di un solo motivo avverso la sentenza indicata in epigrafe, la quale, nel confermare la decisione di primo grado, aveva respinto il gravame dell’amministrazione finanziaria, sul rilievo che la cartella esattoriale – recante gli interessi per tardivo pagamento della tassa per la concessione governativa per servizi telefonici e le relative sanzioni – era stata emessa sulla base di due avvisi di accertamento già annullati dalla CTR della Lombardia.
Il Comune di Milano replica con controricorso, illustrato nelle memorie difensive. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO
2. Con l’unico motivo, l’Agenzia delle Entrate deduce ai sensi dell’articolo 360, 1 comma, n. 4 c.p.c., la violazione dell’articolo 2909 c. c., nonché dell’art. 295 c.p.c.; perché il giudice regionale non ha provveduto a sospendere il giudizio, nonostante la controversia sugl i avvisi recanti gli interessi relativi al ritardato pagamento della concessione governativa e alle relative sanzioni non fosse stata ancora definita con sentenza passata in giudicato( essendo pendente il ricorso per cassazione avverso le due decisioni che avevano annullato gli avvisi presupposti).
3. Il motivo è infondato.
Il d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39, che limita i casi di sospensione del giudizio tributario all’eventualità che sia presentata querela di falso o debba essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, va interpretato infatti nel senso che esso disciplina i rapporti esterni con la giurisdizione civile, ma non anche i rapporti interni tra processi tributari, per i quali valgono le disposizioni del c.p.c., tra cui l’art. 295 c.p.c. (Vedi Cass. n. 17937 del 2004 e n. 3420 del 2005).
Il rilievo costituzionale del principio della ragionevole durata del processo può giustificare il fatto che sia cresciuto il disfavore del legislatore per l’istituto della sospensione per pregiudizialità; tuttavia l’effettività della tutela giurisdizionale non può risolversi esclusivamente nella celerità del giudizio, ma richiede l’operatività di strumenti processuali capaci di garantire la realizzazione di una omogenea disciplina sostanziale dei rapporti giuridici: e uno di .questi strumenti è la “sospensione necessaria” prevista dall’art. 295 c.p.c. nelle ipotesi preordinate ad una armonizzazione dei giudicati intesa ad evitare l’emanazione di decisioni ingiuste e, quindi, la concretizzazione di situazioni non coerenti con il principio del giusto processo.
E’ stato più volte ribadito che la sospensione necessaria di cui all’art. 295 c.p.c. è applicabile anche in ordine ai rapporti tra processi tributari quando risultino pendenti procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicato. (Vedi Cass. n. 16210 del 2018; n. 21765 del 2017; n. 4485 del 2016; n. 16615, n. 22673 e n. 25468 del 2015; n. 8053, n. 10501 e n. 23323 del 2014; n. 12520 del 2013; n. 2396 e n. 1865
del 2012; n. 18540 del 2010). Indubbiamente sussiste altro orientamento secondo cui quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato può essere disposta soltanto ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c., sicché, ove il giudice abbia provveduto ex art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è illegittimo e deve essere, dunque, annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione in base al menzionato art. 337, comma 2, c.p.c. (Vedi tra le tante Cass. n. 80 del 2019; n. 17936 del 2018; n. 26251 del 2017; n. 13823 del 2016; n. 798 e n. 17473 del 2015; n. 10027 e n. 21348 del 2012).
In passato per il giudizio tributario sussisteva contrasto sull’applicabilità dell’art. 337, comma 2, c.p.c., stante il disposto dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, che, nell’operare un rinvio, quanto alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie, alle disposizioni del titolo III, Capo I, libro II del codice di procedura civile, salvo quanto disposto dal decreto stesso, escludeva l’operatività dell’art. 337 c.p.c.;
secondo alcuni, infatti, la deroga all’operatività nel processo tributario riguardava il solo primo comma dell’art. 337 c.p.c. e non anche il secondo comma, contenente la disciplina dell’efficacia, nel giudizio pregiudicato, del precedente, non definitivo, intervenuto, nel giudizio pregiudicante.
In particolare per Cass. n. 11441 del 2016 e n. 26429 del 2018 “Ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992 nella formulazione anteriore al d.lgs. n. 156 del 2015, applicabile “ratione temporis”, nel processo tributario non opera la sospensione ex art. 337 c.p.c., sicché il giudizio pregiudicato, in caso di decisione non ancora passata in giudicato della causa pregiudiziale, è suscettibile di sospensione ex art. 295 c.p.c., restando ammissibile, avverso la relativa ordinanza, regolamento di competenza ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 42 c.p.c. “. Di contro per Cass. n. 17613 del 2016 “In tema di contenzioso tributario, secondo la disciplina vigente “ratione temporis”, anteriormente al 10 gennaio 2016 ed alle modifiche di cui al d.lgs. n. 156 del 2015, la sospensione necessaria del processo civile di cui all’art. 295 c.p.c. non è applicabile allorché la ipotetica causa pregiudicante penda in grado di appello potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 33 7, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole e non ancora definitiva.” Tale contrasto ha trovato tuttavia soluzione normativa dopo il 1 gennaio 2016, data di entrata in vigore del testo novellato dell’art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, al caso di specie non applicabile, ove è stato soppresso l’inciso “escluso l’articolo 337” (cod. proc. civ.) e quindi eliminata l’inclusione dell’art. 337 tra le disposizioni del codice di procedura civile non applicabili al processo tributario, per cui è stato affermato che “In tema di contenzioso tributario, ex art. 49 del d.lgs. n. 546 del 1992, secondo la formulazione vigente “ratione temporis”, successiva alle modifiche di cui all’art. 9, comma 1, lett. u) del d.lgs. n. 156 del 2015,) allorché l’ipotetica causa pregiudicante penda in grado di appello trova applicazione l’art. 337, comma 2, c.p.c., in forza del quale il giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sé favorevole e non ancora definitiva“.( vedi Cass. n. 23480 del 2017).
Le SU. con sentenza n. 16329 del 2014, risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto in ordine alla linea di demarcazione della operatività dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 337 c.p.c., hanno definitivamente chiarito che l’ambito di applicazione della prima norma va circoscritta alla ipotesi in cui in alcuna delle due cause legate da nesso di pregiudizialità necessaria sia stata ancora pronunciata una sentenza di merito anche se non definitiva (cfr. Corte cass. SSUU 19.6.2012 n. 10027; id. SSUU 30.11.2012 n. 21348, cui si sono conformate le sezioni semplici: Corte cass. 6-2 sez. orci. 5.11.2012 n. 18968; id. 6-3 sez. 9.1.2013 n. 375; id. 6-3 19.9.2013 n. 21505).
E’ stato puntualmente osservato, al riguardo, come la esigenza derivante dal nesso di dipendenza tra le fattispecie oggetto delle cause pregiudicante e pregiudicata, di evitare pronunce contrastanti, con inutile spreco di attività giurisdizionale, e che induce pertanto ad attendere l’esito della causa che dovrà fornire il “criterio guida” all’altra, non ha più ragion d’essere dopo che è intervenuta una decisione di merito atteso che “quando nel processo sulla causa pregiudicante la decisione è sopravvenuta, quello sulla causa pregiudicata è in grado di riprendere il suo corso, perchè ormai il sistema giudiziario è in grado di pervenire al giudizio sulla causa pregiudicata fondandolo sull’accertamento che sulla questione comune alle due cause si è potuto raggiungere nell’altro processo tra le stesse parti, attraverso l’esercizio della giurisdizione“. Nella specie, esclusa l’applicabilità dell’art. 337, comma 2, c.p.c., come inferibile dai principi affermati da questa Corte ( n. 26429/2018), la Regionale aveva la facoltà e non l’obbligo di sospendere il giudizio vertente sulla cartella esattoriale.
In altri termini, il vizio di violazione dell’art. 295 c.p.c., è insussistente e la censura si palesa inconferente in quanto il potere in tesi esercitabile dal Giudice di appello trova titolo in una diversa norma processuale (art. 337 c.p.c.) ed ha comunque un carattere discrezionale; così come il vizio di violazione dell’alt. 2909 e.e. è manifestamente infondato in quanto venendo in questione un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause, rimane distinto, come precedentemente evidenziato, l’oggetto dei due giudizi tributari.
Deve, infine, rilevarsi che il giudizio di cui si è chiesta la sospensione non poteva avere ad oggetto, ex art. 19 d.P.R. n. 131 del 1986, che i vizi propri dell’atto di riscossione indipendentemente dalla fondatezza dell’avviso di liquidazione. Non era dunque un caso di sospensione necessaria per pregiudizialità in senso tecnico, perché non si può dire che il giudice investito dell’impugnazione della cartella di pagamento – atto non di espropriazione, rha a questa prodromico – non potesse decidere sui v1z1 propri di quest’ultima senza la previa pronuncia del giudice deputato alla trattazione sulla legittimità dell’atto impositivo presupposto.
Nel caso in esame, la CTR si è limitata a prendere atto che gli atti presupposti della cartella, erano stati annullati ed ha annullato in conseguenza la cartella; ritenendo di non sospendere il giudizio ai sensi degli artt. 337 e 295 c.p.c., atteso che la sospensione rientrava tra le facoltà discrezionali del giudice tributario.
In defir1itiva, il ricorso deve essere respinto con aggravio di spese.
P.Q. M.
La Corte
Rigetta il ricorso;
condannà l’Agenzia alla refusione delle spese sostenute dal Comune che liquida in euro 6.5oo,oo, oltre 200,00 euro per esborsi, rimborso forfettario ed accessori come per legge.