Corte di Cassazione ordinanza n. 14795 depositata il 10 maggio 2022
superamento del limite compensabile in F24 – sanzioni – favor rei
Fatti di causa
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Imperia 171/4/2009 la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso della società S.P. S.r.l. avente ad oggetto un avviso di accerta mento per !VA 2005 per sanzione conseguente ad indebita compensa zione di credito IVA oltre il plafond annuale.
2. In particolare, a differenza del giudice di primo grado, la CTR riteneva che il superamento del limite annuo compensabile di Euro 516.456,89 previsto dall’art.25 del d.lgs. n.241 del 1997 non potesse considerarsi violazione formale bensì sostanziale, e confermava la ri presa sanzionatoria.
3. Avverso la decisione propone ricorso la società contribuente, affidato a tre motivi, che illustra con memoria, cui resiste l’Agenzia con controricorso. La contribuente ha depositato istanza di trattazione della con troversia ai fini e per gli effetti dell’art.6 comma 13 del d.l. n.ll9 del 2018.
4. Alla luce delle deduzioni contenute nella memoria autorizzata datata 1.2021 la presente controversia è stata rimessa alla pubblica udienza in relazione all’applicazione dello ius superveniens dell’art.l5 primo comma lett. o) del d.lgs. 158 del 2018 inclusi i profili della con tinuità o discontinuità sanzionatoria del superamento del plafond an nuale dei crediti !VA compensabili ex art.l3 del d.lgs. n.471 del 1997 e le sue condizioni di applicabilità.
Da ultimo la contribuente deposita ulteriore memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso- ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. civ.- la contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.l3 comma l del d.lgs. n.471 del 1997, in relazione al principio di legalità e al correlato divieto di analogia, nell’ambito delle sanzioni conseguenti alle violazioni tributarie, dall’art.3 comma 1 del d.lgs. n.472 del 1997 e, più in generale, dall’art.25 comma 2 Cost., dall’art.l4 delle Preleggi e dall’art.l della l. n.689 del 1981 e, segnatamente, sull’illegittima applicazione alla fattispecie della sanzione prevista dall’art.l3 comma l del d.lgs. n.471 del 1997 per ritardati od omessi versamenti.
6. Il motivo è infondato nella parte in cui denuncia la illegittima applicazione analogica dell’art.l3 comma l d.lgs.n.472 del 1997. La sen tenza impugnata è immune dalla censure prospettata in quanto si è attenuta alla giurisprudenza già allora prevalente, ulteriormente con solidata in seguito, secondo cui «In tema di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dall’art.13 del d.lgs. n. 471 del1997, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti.» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 18080 del 21/07/2017, Rv. 645020 – 01; Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 8247 del 04/04/2018, Rv. 647559- 01), interpretazione estensiva e non analogica.
7. Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie da tale consolidato insegnamento giurisprudenziale e, dunque, non è accoglibile la prospettazione della società secondo la quale il superamento del limite massimo annuale compensabile di Euro 51 6.456,89 previsto dall’art.25 del d.lgs. n.241 del 1997 sarebbe una violazione meramente formale, in quanto non rispondente ai due concorrenti requisiti di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle operazioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22430 del 22/10/2014, 632737 – 01).
Il superamento del limite massimo dei crediti compensabili per l’anno di imposta non integra una violazione formale, ma una violazione sostanziale, dal momento che l’utilizzazione contra legem della compensazione si traduce in ultima analisi in un omesso pagamento del debito non estinto per compensazione (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 10708 del 17/04/2019, Rv. 653659- 01), condotta integrante la violazione di cui al citato art.13.
8. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, proc. civ.- la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 comma 3 della l. n.212 del 2000, 6 comma 5 bis del d.lgs. n. n.472 del 1997, sull’illegittimità del capo della sentenza di secondo grado che ha legittimato l’applicazione analogica al caso di specie della sanzione del 30% espressamente prevista dall’art.l3 comma l del del d.lgs. n.471 del 1997 per le diverse fattispecie del ritardato od omesso versamento d’imposta, configurando quale violazione sostanziale l’accertato superamento del plafond e ritenendo, per l’effetto, non appli cabili le esimenti previste dagli artt.10 comma 3 della l. n.212 del 2000 e 6 comma 5 bis del d.lgs. n.472 del 1997 per le violazioni meramente formali, nonostante il fatto che nella specie il superamento del limite alla compensazione dei crediti previsto dall’art.25 comma 2 del d.lgs. n.241 del 1997 non avesse arrecato alcun pregiudizio all’attività di con trollo dell’amministrazione alla determinazione dell’imposta né alcun danno alle casse erariali.
9. Il motivo è infondato. Non è accoglibile la prospettazione della società secondo la quale la violazione del superamento del plafond an nuale compensabile di Euro 516.456,89 previsto dall’art.25 del d.lgs. n.241 del 1997 sarebbe una violazione meramente formale, in quanto non rispondente ai due concorrenti requisiti di non arrecare pregiudizio all’esercizio delle operazioni di controllo e, al contempo, di non incidere sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versa mento del tributo (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22430 del 22/10/2014, Rv. 632737 – 01).
10. Con il terzo motivo, la società – ai fini dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- censura la motivazione apparente e perplessa su questione decisiva e rilevante ai fini del decidere e, in particolare, sulla natura sostanziale o formale della violazione dell’art.25 comma 2 del d.lgs. n.241 del 1997, in violazione degli artt.36 comma 2 n.4 del d.lgs. n.546 del 1992, 132 comma 2 n.4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ; secondo la ricorrente la CTR dopo aver dato atto nella parte motiva della sentenza che tale natura non è pacifica in giurisprudenza e che la materia è oggettivamente opinabile, perviene a ritenere so stanziale la violazione di che trattasi, senza supportare con autonomo e coerente iter logico argomentativo il convincimento raggiunto.
11. Il motivo non può trovare ingresso. Non sussiste la supposta motivazione perplessa, censurata oltretutto anche come motivazione ap parente, in quanto la motivazione nell’esporre compiutamente il fatto processuale, i motivi di appello e le ragioni delle parti, le norme di legge e le interpretazioni giurisprudenziali delle stesse certamente rispetta il minimo costituzionale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830- 01) e non si risolve in contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
Infatti, il giudice d’appello ha con sicurezza individuato l’interpretazione prevalente nel senso della violazione sostanziale ai fini della legittimità delle sanzioni di cui all’atto impositivo impugnato, e si è limi tato da ultimo a compensare le spese per l’ «oggettiva opinabilità della materia e il non consolidato indirizzo giurisprudenziale». Tuttavia da un lato la società non impugna- né avrebbe interesse ex art.100 cod. proc. civ. per farlo- il capo della decisione relativo alla compensazione delle spese di lite e, dall’altro, l’opzione interpretativa accolta dal giu dice d’appello nel corpo della motivazione era già al tempo della decisione prevalente e pienamente rispettosa della giurisprudenza consoli data della Corte di cui sopra si è dato conto, senza che la compensa zione delle spese abbia revocato in dubbio tale motivata e ragionata adesione all’interpretazione giurisprudenziale della Corte.
12. Da ultimo, ha rilevanza nella presente fattispecie lo ius superve niens invocato nelle memorie autorizzate, con riferimento alle sanzioni per cui è causa.
L’art.9 comma 2 del d.l. n.35 del 2013, conv, in l. n. 64 del 2013, ha disposto: «2. A decorrere dall’anno 2014, il limite di 516.000 euro pre visto dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 è aumentato a 700.000 euro.». La Corte ha recentemente interpretato tale disposto affermando che il predetto innalzamento della soglia (da Euro 516.546,90 a Euro 700.000,00) per la compensazione dei crediti IVA ha determinato una riduzione della condotta rilevante ai fini dell’applicazione della sanzione ex art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, la quale risulta pertanto Circoscritta all’omesso versamento di importi eccedenti il più elevato tetto, con conseguente applicazione, ai processi ancora in corso, del regime sanzionatorio più favorevole per il contribuente, in ossequio al principio del “favor rei” di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 18367 del 30/06/2021, Rv. 661799 – 01).
Inoltre, l’art.22 del d.l. 25 maggio 2021 n.73 ha ulteriormente elevato il limite a 2 milioni di Euro per ciascuna annualità, estendendo la soglia annuale dei crediti compensabili o rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale per l’anno 2021.
13. A tale orientamento merita essere data continuità anche nel caso di specie, dovendosi fare applicazione dello ius superveniens più favorevole, secondo la quale non costituisce violazione sanzionabile la compensazione effettuata sino alla soglia di Euro 700.000,00, limite da ul timo ulteriormente innalzato per effetto dell’art.22 del d. l. 25 maggio 2021 n.73, ed è pacifico che nella fattispecie la compensazione è stata effettuata per complessivi euro 658.078,43, entro il limite consentito dalla legge più favorevole sopravvenuta.
In conclusione il ricorso dev’essere rigettato, ma, pronunciando sul ri corso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Liguria, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame in relazione al profilo evidenziato e provveda sulle spese di questo giudi zio di legittimità.
Considerato che la sentenza impugnata è stata comunque cassata con rinvio, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello- stesso articolo 13, comma l-bis.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e, pronunciando sullo stesso, cassa la sen tenza impugnata e rinvia alla CTR della Liguria, in diversa composi zione, in relazione allo ius superveniens di cui agli artt. 9 comma 2 del d.l. n.35 del 2013 e 22 del d.l. n.73 del 2021, oltre che per provvedere sulle spese di lite.