CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 14853 depositata il 26 maggio 2023
Tributi – Diniego parziale di rimborso di eccedenza di imposta IVA – Regime dell’IVA all’esportazione – Esenzione – DAU – “Visto uscire” – Operazioni triangolari – Interposizione
Rilevato che
1. La società contribuente (…) S.r.l. ha impugnato un diniego parziale di rimborso di eccedenza di imposta IVA maturata nel periodo di imposta 2014 relativamente ad operazioni non imponibili a termini dell’art. 30, secondo comma, lett. b) d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, conseguenti a sette cessioni all’esportazione. Il diniego era stato motivato dal fatto che le bollette doganali di esportazione erano state rilasciate – come risultava dal codice alfanumerico MRN (Movement Reference Number) – da Uffici doganali non italiani (lituani e austriaci), benché le merci fossero state imballate e caricate in Italia, circostanza che impediva, ad avviso dell’Ufficio, l’accertamento dell’effettiva uscita dal territorio dell’UE. Il diniego di rimborso aveva, inoltre, ad oggetto quattro operazioni triangolari.
2. La CTP di Torino ha accolto il ricorso.
3. La CTR del Piemonte, con sentenza in data 9 gennaio 2019, ha parzialmente rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha osservato il giudice di appello che, stante l’assenza di contestazione sulla documentazione relativa all’uscita dal territorio UE e all’ingresso della merce in un Paese extra UE (Russia), vi è prova che le merci siano effettivamente uscite dal territorio dell’Unione. Ha, poi, ritenuto che la circostanza dell’imballo e del carico della merce in Italia non comporta l’obbligo per il contribuente di avviare la procedura doganale in Italia, posto che l’indicazione del MRN rilasciato da una dogana non nazionale non impedisce la tracciabilità dell’esportazione. Ha, sul punto, osservato il giudice di appello che gli artt. 793 e ss. del DAC – Disp. di Attuazione del Codice Doganale Comunitario di cui al Reg. (CEE) n. 2454/93 del 2 luglio 1993 – consentono l’emissione del «visto uscire» da parte dell’ultima dogana sita nel territorio dell’Unione e che la prova dell’esportazione possa essere data con ogni mezzo. Il giudice di appello ha, invece, accolto l’appello dell’Ufficio in relazione ai recuperi aventi ad oggetto le quattro operazioni triangolari per violazione dell’art. 58 d.l. 30 agosto 1993, n. 331, ritenendo che non vi sia prova che il trasporto o la spedizione sia avvenuta a cura e nome della società contribuente e che la documentazione CMR prodotta per alcune delle operazioni fosse inidonea.
4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a un unico motivo, cui resiste con controricorso la società contribuente, il quale propone a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
Considerato che
1.1. Con l’unico motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., falsa applicazione dell’art. 161, par. 5 Reg. (CEE) n. 2913/1992, dell’art. 791 Reg. (CEE) n. 2454/1993, nonché dell’art. 8 d.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che il fatto che le bollette doganali rechino un codice MRN rilasciato da dogana non nazionale non impedisca la tracciabilità dell’esportazione. Deduce l’Ufficio ricorrente che la dichiarazione di esportazione deve essere depositata presso l’Ufficio doganale del luogo in cui è stabilito l’esportatore, posto che il regime dell’IVA all’esportazione non possa individuarsi a prescindere dal sistema dell’esportazione doganale. Nel qual caso, l’esportazione definitiva può essere appurata – ad avviso dell’Ufficio ricorrente – unicamente facendo ricorso al DAU (Documento Amministrativo Unico) da presentarsi alla dogana di partenza, in assenza del quale sarebbe impedita l’attività di controllo dell’Ufficio, con preclusione della verifica dei presupposti per l’esenzione da imposizione ai fini IVA.
1.2. Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 58 d.l. n. 331/1993, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto legittimo il diniego di rimborso del credito IVA relativo alle prime due fatture concernenti le operazioni triangolari.
Osserva il ricorrente incidentale che tali operazioni attenevano alla spedizione di merce in Svezia, in relazione alle quali il giudice di appello ha dato rilievo decisivo al fatto che il trasporto fosse stato effettuato dal promotore della triangolazione (…) anziché dalla contribuente quale prima cedente; diversamente, prosegue il ricorrente incidentale, ciò che rileva è che la merce sia ceduta fuori dal territorio nazionale e che il primo acquirente sia meramente interposto in funzione della successiva esportazione sulla base dell’accordo stipulato con il cliente, dovendosi dare rilievo alla comune volontà delle parti di trasferire la merce al cessionario residente in altro Paese UE.
1.3. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 41 e 58 d.l. n. 331/1993, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto legittimo il diniego di rimborso del credito IVA in relazione alle due ulteriori fatture concernenti le operazioni di triangolazione per mancata sottoscrizione delle CMR da parte del vettore. Osserva il ricorrente incidentale che tali documenti sarebbero stati sottoscritti dal vettore, laddove il giudice di appello si sarebbe limitato a dare rilievo alla difformità delle CMR, senza che fosse mai stata messa in dubbio la circostanza in fatto che la merce fosse arrivata nel Paese di destinazione.
1.4. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dal fatto che uno degli esemplari delle lettere CMR contenesse tutte le firme richieste, circostanza che comporterebbe che – ove tale fatto fosse stato valutato – sarebbe stata raggiunta la prova che i beni sarebbero giunti nel Paese di destino (Svezia).
2. Vanno rigettate le preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso principale articolate dal controricorrente (e ribadite in memoria), essendo il ricorso incentrato sulla falsa applicazione della disciplina IVA e non anche sulla revisione degli accertamenti in fatto, né essendovi censura in ordine alla valutazione del materiale probatorio documentale operata dal giudice di appello.
3. Il ricorso principale è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, menzionata anche nella sentenza impugnata, in tema di esportazioni al di fuori del territorio doganale dell’Unione in regime di non imponibilità a termini dell’art. 8, primo comma, lett. a), d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, è necessario unicamente che sussistano elementi presunzivi per ritenere che la merce sia stata trasportata oltre il territorio dell’Unione e che la destinazione dei beni all’esportazione sia documentata con mezzi di prova certi e incontrovertibili; risultano, all’uopo, idonee le attestazioni di pubbliche amministrazioni del paese di destinazione dell’avvenuta presentazione delle merci in dogana o la vidimazione apposta dall’ufficio doganale sulla fattura (Cass., Sez. V, 23 dicembre 2023, n. 37765; Cass., Sez. V, 13 dicembre 2023, nn. 36417 e 36394; Cass., Sez. VI, 8 novembre 2022, n. 32771; Cass., Sez. V, 22 giugno 2022, n. 20078; Cass., Sez. V, 6 aprile 2022, n. 11112; Cass., Sez. V, 31 marzo 2022, n. 10356).
4. Questa documentazione, consistente nel visto dell’ultima dogana in uscita (cd. «visto uscire»: Cass., Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 33483) è equipollente al rilascio del DAU (Documento Unico Amministrativo) dell’ufficio doganale nazionale, laddove risultano invece inidonei documenti di fonte privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento (Cass., Sez. V, 18 febbraio 2015, n. 3193; Cass., Sez. V, 12 ottobre 2018, n. 25454: Cass., Sez. V, 21 febbraio 2018, n. 4161).
5. Questa giurisprudenza è conforme al diritto dell’Unione, secondo cui ciò che occorre è che l’esenzione da IVA (conformemente all’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), direttiva 2006/112/CE), richiede la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali per l’esenzione (…).
6. Questa prova del rispetto dei requisiti sostanziali non può risolversi, in un dato meramente formale – come nel caso in cui sia richiesta in ogni caso l’emissione di un documento quale quello del Paese di carico della merce – per cui può consistere in qualunque documento ad esso equipollente in termini di certezza. Si è, ad esempio, ritenuto che la prova possa essere data attraverso un carnet TIR, debitamente vidimato dalle autorità doganali del Paese terzo di destinazione, ove consenta di attestare che i beni interessati sono stati oggetto, mediante superamento delle frontiere esterne dell’Unione, di un movimento fisico da quest’ultima verso detto paese terzo e che sono giunti in quest’ultimo paese (…).
7. Pertanto, anche un documento di origine privata, ove rechi una vidimazione o un contrassegno di una autorità doganale, ancorché situata nel Paese terzo di destinazione, la cui genuinità non sia in discussione, costituisce prova certa e incontrovertibile dell’uscita dal territorio doganale e tale documento deve ritenersi equipollente al documento di accompagnamento dell’autorità doganale del Paese di carico della merce.
8. Conclusione, questa, conforme al principio secondo cui il regime di transito eurounitario esterno mira ad incrementare la fluidità di movimento delle merci all’interno della Comunità permettendo il trasporto delle dette merci dal luogo d’introduzione nella Comunità fino al luogo di destinazione o, nel caso di attraversamento della Comunità, fino all’ufficio di uscita, senza che occorra ripetere le formalità doganali all’atto del passaggio da uno Stato membro all’altro (…).
9. La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il codice alfanumerico MRN apposto da Uffici doganali non nazionali costituisca prova dell’effettiva uscita dal territorio doganale, ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
10. Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato. Le operazioni triangolari, interne o comunitarie, si verificano quando vi sono due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale, cessioni peraltro oggetto di un solo trasporto (nella specie, interno al territorio dell’Unione). Dispone l’art. 58, comma 1, d.l. n. 331/1993 che non sono imponibili le «cessioni di beni, anche tramite commissionari, effettuate nei confronti di cessionari o commissionari di questi se i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi». Come osservato da questa Corte, pur intervenendo tre distinti operatori economici, l’operazione di trasporto intracomunitario va considerata come unitaria, ove la merce viene trasportata dall’acquirente nel territorio dello Stato del cessionario ma non è da questi utilizzata, bensì vincolata alla consegna a un terzo soggetto passivo che la immette in consumo (Cass., Sez. V, 17 novembre 2021, n. 34957; Cass., Sez. V, 7 luglio 2020, 14031; Cass., Sez. V, 13 settembre 2018, n. 22332). Pertanto «la cessione viene effettuata non al destinatario finale della merce ma ad un soggetto passivo, realmente interposto (sia se residente che se non residente nello Stato membro del cedente), che effettua l’acquisto esclusivamente in funzione della successiva» operazione di esportazione o di cessione intracomunitaria (Cass., Sez. VI, 1° agosto 2022, n. 23828; Cass., n. 34957/2021, cit.; Cass., Sez. V, 17 febbraio 2016, n. 3099).
11. Nel qual caso, l’acquisto del bene da parte del primo cessionario (interposto) non rileva quale cessione imponibile effettuata nel territorio dello Stato del cedente, ma «come fase preliminare dell’operazione intracomunitaria che si perfeziona con il trasferimento del bene in altro Stato membro ove risiede il soggetto passivo indicato già all’origine come destinatario finale […] si è inteso rendere neutra fiscalmente la prima “cessione nazionale”», in quanto ciò che rileva è che i beni della prima cessione siano vincolati alla cessione al cessionario intracomunitario (Cass., n. 23828/2022, cit.).
12. Nella sostanza, il primo trasferimento al promotore della triangolazione viene effettuata a un soggetto realmente interposto, il quale assume un vincolo di destinazione in ordine alla merce da trasportare e non acquisisce una vera e propria signoria dominicale sui beni acquistati, stante l’interposizione negozialmente pattuita dalle parti, tale da impedirgli di esercitare un potere di disposizione sul bene trasportato come se ne fosse il proprietario, circostanza che impedisce di qualificare ai fini IVA tale trasferimento come cessione di beni a termini dell’articolo 14, paragrafo 1, Dir. 2006/112/CE (CGUE, 17 dicembre 2020, Bakati Plus, C-656/19, punto 55; CGUE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 19; CGUE, 28 febbraio 2018, Pieríkowski, C-307/16, punto 24).
13. Tale giurisprudenza è conforme al diritto dell’Unione, secondo cui ove due cessioni successive abbiano dato luogo a un solo trasporto intracomunitario, tale trasporto può essere imputato ad una sola delle due cessioni, che sarà, pertanto, l’unica esentata ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA, in relazione alle quali occorre procedere ad una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie che consentano di terminare se vi sia stato o meno trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario (…), essendo l’esenzione applicabile ove il potere di disporre sia stato trasmesso all’acquirente (…).
14. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: “In caso di operazioni triangolari interne al territorio dell’Unione, ove vi siano due cessioni successive con tre operatori, di cui almeno uno sito al di fuori del territorio nazionale e oggetto di un solo trasporto, non è imponibile la prima cessione di beni, ove si accerti che la merce oggetto della suddetta cessione venga trasportata dal primo acquirente nel territorio dello Stato del cessionario, senza che il primo acquirente possa disporre della merce come proprietario ma risulti meramente interposto al fine di assolvere a un vincolo di consegna della merce al terzo soggetto passivo che la immetta in consumo. La sentenza impugnata non si è attenuta al suindicato principio e va cassata, dovendosi verificare sulla base della documentazione contrattuale la reale interposizione del primo acquirente nei termini indicati.
15. Il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati. Il giudice di appello ha dato rilievo a difformità di carattere meramente formale della documentazione CMR relativa al trasporto delle merci in oggetto, essendo rilevante, come rilevato nei punti precedenti, che vi sia prova che la merce sia effettivamente uscita dal territorio nazionale. Sotto questo profilo, occorre la prova dell’effettiva uscita e del trasferimento all’estero della merce, sul presupposto che le lettere CMR siano compilati in modo da consentire di identificare il trasportatore e il veicolo utilizzato per il trasporto (Cass., Sez. V, 27 luglio 2012, n. 13457; Cass., Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 1670). Né, a differenza che per l’uscita dal territorio doganale, si pone ai fini della prova un problema di varco delle frontiere doganali.
16. Nella specie, come pregevolmente illustrato dal ricorrente incidentale e ribadito in memoria, risulta omesso dal giudice di appello l’esame del fatto storico che uno degli esemplari delle lettere CMR fosse completo, circostanza decisiva al fine di verificare la completezza della documentazione al fine di identificare il transito al di fuori del territorio nazionale.
17. Il ricorso principale va, pertanto, rigettato e il ricorso incidentale accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale, rigetta il ricorso principale; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
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