Corte di Cassazione ordinanza n. 15064 depositata il 12 maggio 2022

ius superveniens – anomalia motivazionale – esclusione dei componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o  servizi  non effettivamente scambiati  o pre­stati 

Rilevato che:

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, staccata di Latina, veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Pro­vinciale di Frosinone n. 135/3/2010 in relazione all’avviso di accertamento per IRES, IRAP, IVA e accessori 2004 emesso nei confronti del­ la S. S.p.a ..

2. Il giudice d’appello non condivideva  la decisione del giudice di pri­mo grado e confermava integralmente le riprese, traenti origine dalla contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti in capo alla so­cietà, esercente attività di commercializzazione  all’in9rosso  di  mac­chine utensili per la lavorazione del legno e del ferro. 

3. Avverso la decisione la contribuente  propone  ricorso,  affidato  a otto motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate depositando controricorso.

Considerato che:

4. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n. 4 cod. civ. – la contribuente deduce la nullità della sentenza, in relazio­ ne agli artt.24 e 111 comma 6 Cost., 132 comma 2 n.4  cod. proc. civ., 118 disp. att. cod.  proc. civ., 36 com ma  2 n.4  del d.lgs.  n.546 del 1992 per apparenza della mot iv azion e, non avendo il  giudice d’appello preso posizione in modo chiaro in ordine alla tipologia di inesistenza – oggettiva o soggettiva – delle operazioni contestate, rilevante anche ai fini dell’applicazione dell’art.8 commi 1 e 2 del d.l. n. 16 del 2012 convertito con modificazioni in legge  n.44  del  2012  il quale ha previsto un diverso trattamento dei “costi  da  reato” a se­conda del tipo delle operazioni.

5. Il motivo è fondato limitatamente allo ius superveniens, benché er­roneamente dedotto con riferimento alla soggettiva anziché all’oggettiva inesistenza delle operazioni, nei limiti che seguono. Si rammenta innanzitutto che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescinde­ re dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esauri­sce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obietti­vamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053). La sentenza impugnata non solo riassume efficace­ mente il fatto  alla  base delle riprese, le difese delle  parti e le  doglian­ze  oggetto  di decisione,  ma  anche  espr..ime     una  chiara  ratio  decidendi accertando l’inesistenza oggettiva delle operazioni contestate.

6. Inoltre, non c’è alcuna contraddittorietà della motivazione idonea  a far ritenere la motivazione perplessa  ed obiettivamente incomprensibile. Il giudice d’appello ha infatti esplicitamente dato atto del fatto che le operazioni sono state contestate dall’Amministrazione come oggettivamente inesistenti, come si legge nel primo paragrafo  della prima pagina della  parte  motiva  della  sentenza  impugnata.  Il  fatto che la motivazione abbia poi anche approfondito  l’aspetto  dell’ele­mento soggettivo, irrilevante ai fini della prova dell’oggettiva inesi­stenza delle operazioni è, per l’appunto, una circostanza irrilevante.

7. Tuttavia, dalla qualificazione in termini di oggettiva  inesistenza  del­ le  operazioni,  discende,  limitatamente  alle imposte  sui redditi, anche la rilevanza dello ius superveniens  dell’art.8 commi 1 e  2 del d.l. n.16 del 2012 convertito  con modificazioni  in legge n.44 del 2012 circa i “costi da reato”, dedotto avanti al giudice d’appello, come si legge in controricorso, questione riproposta con il primo motivo di ricorso per Cassazione.

In tema di imposte sui redditi, e con riguardo ad operazioni oggetti­vamente inesistenti, ai sensi della disposizione di legge summenzionata, che ha portata retroattiva ed è applicabile anche d’ufficio, i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o  servizi  non effettivamente scambiati  o pre­stati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto  di rettifica, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predet­te spese (Cass. Sez. 5,  Sentenza  n.  7896  del  20/04/2016,  Rv. 639570 –  01;  Cass. Sez.  5 –  ,  Ordinanza  n.  19000 del 17/07/2018, Rv. 649776 – 01). La CTR terrà dunque conto in sede di rinvio, quanto ai costi, del diritto sopravvenuto ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.l. n. 16 del 2012, conv., con mod., nella l. n. 44 del 2012.

 

8. Con il secondo motivo di ricorso – ex  360  primo comma  n.  4 cod. proc. civ. – la società prospetta la nullità della sentenza, per violazione e falsa applicazione degli artt.115 e 116 cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR individua nella consapevolezza o meno del coin­ volgimento della ricorrente nella frode organizzata da altri, un punto focale della vicenda.

9. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. «In tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale  delle  scritture  contabili  o  dei  mezzi  di  pagamento  adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.» (Cass.  Sez.  5,  Ordinanza  n.  17619  del 05/07/2018 – Rv. 649610 – 01; conforme  Cass.  Sez.  S, Ordinanza  n. 27554  del  30/10/2018   –  Rv.  651216  … 01). (Parallelamente,  quanto alla ripresa per  imposte  dirette,  si  veda  Cass.  Sez.  .5,  Sentenza  n. 7896 del 20/04/2016 – Rv. 639570). Pertanto, ai fini delle operazioni oggettivamente inesistenti  è  irrilevante  il  profilo  dell’elemento soggettivo  e, sul  punto,  la  motivazione  della  CTR  va  corretta. Tuttavia,  il giudice d’appello  ha  correttamente  identificato  il  canone di riparto  dell’onere  della  prova  circa  le  operazioni  oggettivamente inesistenti, affermando che «grava su di essa [l’Agenzia] l’onere di provare che le operazioni oggetto delle fatture, in realt,3 non sono mai state poste in essere. Ma se l’Amministrazione fornisce validi elementi (…) passerà al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate» (p. 2 sentenza). Pertanto, la successiva elaborazione che si estende all’elemento soggettivo non incide sull’accertamento compiuto dal giudice d’appello della mancata valutazione congiunta e non frazionata degli elementi probatori, dettagliati in motivazione, da parte del giudice di prime cure, in relazione al canone di riparto della prova come sopra riportato.

10. Con il terzo motivo la ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.19 e 21 del d.P.R. n.633 del 1972, 2727,  2729,  2697  cod.  civ., per non aver la CTR esaminato  in alcun modo la prova contraria  offer­ta dalla società.

11. Il motivo è inammissibile perché la motivazione della CTR, congrua, si è pronunciata sul fatto storico alla base delle riprese e sulla questione dell’onere della prova e, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un  fatto  decisivo, se il fatto storico  rilevante in cau­sa sia stato comunque  preso in  considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte  le risultanze  probatorie offerte  dalle parti.

12. Con il quarto motivo la contribuente  – agli  effetti  dell’art.360  pri­mo comma n. 4 cod. proc. civ. – prospetta la nullità della sentenza, in relazione agli  24 e 111  comma  6 Cost., 112, 132 comma  2 n.4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod.  proc.  civ.,  36  comma  2 n.4  del d.lgs.  n.546  del  1992  per  apparenza  della  motivazione  in   ordine  alla consapevolezza della frode altrui.

13. Il motivo è inammissibile per  difetto  di interesse,  per le medesi­ me ragioni già esposte in dipendenza del secondo motivo. 

14. Con il quinto motivo di ricorso –  ex  360  primo comma  n.  3 cod. proc. civ. – si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 del d.P.R. n.633 del 1972, 17, 18, 21 e 22 della Sesta direttiva del 17  maggio  1977  n.77/388/CEE  (vigenti artt.173,  178, 193 e 206  del­ la Direttiva n.2006/112/CE), 2727, 2729, 2697 cod. civ., sul presup­posto che le operazioni in esame fossero contestate come soggetti­vamente inesistenti.

Con il sesto motivo la società – ai fini dell’art.360  primo comma  n.  5 cod. proc. civ. – deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione  tra  le parti, nell’ipotesi  in cui si doves­ se ritenere legittimo presumere la consapevolezza della ricorrente in merito alla frode altrui in ragione degli elementi indicati dalla CTR.

Con il settimo motivo la ricorrente – agli  effetti  dell’art.360  primo comma n. 3 cod. proc. civ. – censura la violazione e falsa applicazione degli artt.19, 21 del d.P.R. n.633  del  1972,  2727,  2729,  2697  cod. civ., sul presupposto che la CTR abbia accertato l’inesistenza sogget­ tiva delle operazioni in esame.

Con l’ottavo  motivo  di ricorso  –  ai sensi  dell’art.360  primo  comma  n. 3 cod. proc. civ. – si deduce  la violazione  e falsa applicazione  dell’art. 14 comma 4 bis della l. n.537 del 1993, come modificato  dall’art.8 commi 1 e 3 del d.l. n.16/2012, convertito  con motiv21zioni  dalla  leg­ ge n.44 del 2012, sempre nell’ipotetica prospettiva delle operazioni soggettiva mente inesistenti.

15. I motivi suddetti, connessi in quanto tutti presuppongono l’inesi­stenza soggettiva delle operazioni contestate, sono inammissibili per difetto di interesse, alla luce delle ragioni esposte in dipendenza del primo e secondo motivo, dal momento che le operazioni sono state contestate come oggettivamente inesistenti, che la CTR ha esatta­ mente identificato tale qualificazione e reso una motivazione non per­ plessa né insanabilmente Quanto al profilo dello ius superveniens, pure erroneamente dedotto con riferimento alla sog­gettiva anziché all’oggettiva inesistenza, vale quanto stabilito in rela­ zione al primo motivo.

16. In conclusione, accolto il primo motivo, limitatamente allo ius su­perveniens con riferimento alle imposte dirette, rigettato il ricorso nel resto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, in relazione al profilo, oltre che per la liqui­ dazione delle spese di lite. 

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, ri­ gettato il ricorso  nel resto, cassa  la  sentenza  impugnata  con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa  composizione, in relazione al profilo, ol­ tre che per la liquidazione delle spese di lite.