Corte di Cassazione ordinanza n. 16079 depositata il 18 maggio 2022
notifica – esito negativo della notifica del ricorso
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia-sezione staccata di Foggia, di cui all’epigrafe, che (per quanto qui ancora interessa) ha rigettato l’ appello erariale avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva accolto, dopo averli riuniti, i ricorsi proposti dalla D.G.F. costruzioni di F.Z & C. s.a.s. contro gli avvisi d’accertamento che le avevano imputato un maggior reddito d’impresa ai fini Irap ed Iva; nonché i ricorsi proposti da ciascuno dei soci, Francesco Zintu e Damiano Zintu, contro gli avvisi d’accertamento che in materia di Irpef, avevano attribuito loro lo stesso reddito pro quota. Gli atti impositivi, conseguenti al p.v.c. scaturito da una verifica fiscale comprensiva di indagini finanziarie, hanno per oggetto gli anni d’imposta 2004, 2005, 2006 e 2007. La sentenza qui impugnata ha tuttavia dato atto della cessazione della materia del contendere con riferimento agli avvisi espressamente elencati nel suo dispositivo, in conseguenza della definizione agevolata delle liti pendenti, cui hanno fatto ricorso la società, relativamente agli anni d’imposta 2005 e 2007, ed i soci per il 2007, sicché la decisione di rigetto dell’appello erariale ha come oggetto soltanto quegli atti d’impositivi non indicati, nella motivazione e nel dispositivo, come definiti con cessazione della materia del contendere.
Nessuno dei contribuenti si è costituito.
L’Agenzia delle entrate ha prodotto memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, proc. civ., per avere la CTR ritenuto che, nel caso di specie, difettasse, nella motivazione degli atti impositivi, l’individuazione delle ragioni per cui era stata disposta ed eseguita la verifica dalla quale gli accertamenti avevano tratto origine.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 32 P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51 d.P.R. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dell’alt. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR affermato che l’Ufficio non ha dimostrato, ma solo argomentato, che le movimentazioni bancarie riguardanti il conto corrente intrattenuto con la Banca Popolare di Milano debbano essere imputate alla società, sebbene il titolare del rapporto bancario fosse il socio Damiano Zintu.
3. Preliminarmente, come eccepito dal Procuratore Generale e come comunque rilevabile anche d’ufficio, non risulta in atti la prova del perfezionamento della notifica del ricorso erariale introduttivo del giudizio di legittimità.
Invero, è in atti, in calce al ricorso, la distinta, munita di timbro postale, della spedizione diretta a mezzo posta, il 27 febbraio 2014 (ultimo giorno utile per impedire la decadenza dal termine semestrale d’impugnazione della sentenza non notificata, applicabile ratione temporis e prorogato del periodo di sospensione feriale legale), di un’unica notifica del ricorso (con racc. n. 780451398286) , diretta al difensore dei contribuenti tutti innanzi la CTR, indicato quale loro domiciliatario.
E’ poi in atti anche l’avviso di ricevimento della relativa raccomandata (con lo stesso n. di racc.), dal quale risulta che la consegna del plico non è avvenuta, « per irreperibilità del destinatario», come attestato in data 4 marzo 2014 dall’addetto al recapito, il quale ha infatti barrato la corrispondente voce del modulo e non ha invece barrato, né completato con riferimento agli adempimenti dovuti nel caso di eventuale irreperibilità solo relativa, la voce corrispondente all’assenza temporanea del destinatario e delle persone altrimenti abilitate alla ricezione. Tanto meno, inoltre, è stata completata la casella relativa al deposito del plico presso l’ufficio postale. Infine, sull’ulteriore facciata dello stesso a.r., l’indirizzo dei destinatari risulta barrato.
La stessa ricorrente, inoltre, ha versato in atti il plico contenente l’atto da notificare, sulla busta del quale risulta scritto e sottoscritto dall’ufficiale postale « Al mittente per irreperibilità destinatario (sconosciuto). O4/03/2014».
Tutto il complesso di tali elementi depone dunque univocamente per il mancato perfezionamento della notifica, per l’irreperibilità assoluta dei destinatari, o meglio del loro difensore nel merito e domiciliatario.
Non è sufficiente a contrastare tale conclusione la stampigliatura, in calce all’ a.r., del numero di una raccomandata. Infatti, non può desumersi che si tratti di una comunicazione di avvenuto deposito del plico presso l’ufficio postale, non fosse altro perché la relata sull’a.r. non dà conto né che vi sia stato alcun deposito, né che siano avvenuti gli adempimenti che quest’ultimo presuppone, ovvero la verifica, presso l’indirizzo del destinatario, dell’assenza solo temporanea di quest’ultimo e di altri legittimati a ricevere la consegna. Invece, come detto, è presente l’esplicita indicazione che il destinatario era “irreperibile” (ovvero assolutamente irreperibile) ed il piego e l’avviso sono stati restituiti al mittente «in raccomandazione» (come prescrive, in caso di irreperibilità del destinatario, l’art. 9 della legge 20 novembre 1982, n.890). Non risulta alcun seguito ulteriore del procedimento di notificazione che, pertanto, non è stato ripreso e proseguito dall’Amministrazione con un nuovo tentativo di notifica nei confronti del difensore domiciliatario o della parte personalmente ad altro recapito, o eventualmente nelle forme di cui all’art. 143 cod. proc. civ., ove ve ne fossero i presupposti.
Nella sostanza, quindi, nel caso di specie non si verte nell’ipotesi della notifica, tramite servizio postale, nella quale l’atto non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo, ovvero per sua temporanea assenza, ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo (fattispecie alla quale si riferisce Cass., Sez. Un., 15/04/2021, n. 10012, menzionata dal Procuratore generale e dalla ricorrente). Piuttosto, si tratta di un mero tentativo di notifica a mezzo posta, interrotto dalla constatazione (corretta o meno che sia) dell’irreperibilità del destinatario all’indirizzo indicato dal notificante, e non andato a buon fine.
Premesso che, trattandosi di notifica effettuata direttamente a mezzo posta, la ripresa del procedimento, una volta riscontrata dall’ ufficiale postale la non effettività dell’indirizzo indicato, richiedeva un nuovo impulso dell’Ufficio notificante (cfr. Cass. 03/03/2014 , n. 4933), deve ricordarsi che « In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa.» (Cass., Sez. U, 15/07/2016, n. 14594; conforme, ex plurimis, Cass. 21/08/2020, n. 17577).
Pertanto, si è detto che « In tema di giudizio di legittimità, il ricorrente, appreso l’esito negativo della notifica del ricorso per causa a lui non imputabile, ha l’onere e non la mera facoltà, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio in un tempo pari alla metà dei termini di cui all’art. 325 c.p.c., senza attendere un provvedimento giudiziale che autorizzi la rinnovazione, salvo circostanze eccezionali di cui va data prova rigorosa, sicché, nel caso di mancata riattivazione, il ricorso va dichiarato inammissibile per omessa notifica.» (Cass. 08/03/2017, n. 5974 ).
Nel caso di specie, a fronte dell’inerzia dell’Ufficio ricorrente, va quindi dichiarato inammissibile il ricorso.
Nulla sulle spese, essendo rimasti intimati i contribuenti.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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