Corte di Cassazione ordinanza n. 16489 depositata il 23 maggio 2022

IVA – operazioni con san marino 

RILEVATO CHE:

Con l’avviso di accertamento impugnato l’Agenzia delle Entrate, aveva rilevato, tra l’altro, che la società Ditta Primo Colombo di Franco Arini & C. sas nell’anno 2006 aveva acquistato beni da operatori residenti nella Repubblica di San Marino per un importo di€ 70.219,00 omettendo sia l’indicazione dell’IVA nelle fatture sia la doppia annotazione nei registri acquisti e vendite ai fini IVA, limitandosi a contabilizzare l’operazione nel registro acquisti IVA.

L’Ufficio aveva contestato, pertanto, la violazione prevista dall’art. 17 comma 3 d.P.R. n. 633 del 1972, recuperando IVA indebitamente detratta sull’imponibile di € 70.219,00, pari a ( 14.043,80 ed irrogando la sanzione di cui all’art. 6 comma  1 d.lgs. n. 471 del 1997.

Con la sentenza n. 25/10/2013 il Giudice d’appello, accogliendo il motivo di gravame proposto dai contribuenti contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato i ricorsi proposti dalla società e dai suoi soci illimitatamente responsabili, ha escluso il recupero dell’IVA su quegli acquisti e ha applicato nel minimo edittale la sanzione per omessa registrazione delle fatture estere.

L’Agenzia propone ricorso affidato ad un unico motivo. Non resistono gli intimati.

CONSIDERATO CHE:

1. La sentenza impugnata ha motivato l’accoglimento dell’appello osservando che la società aveva omesso di effettuare l:’autofatturazione ex art.17, comma 3 d.P.R. 633/72 ma aveva effettuato la registrazione delle operazioni in contabilità e non si era sottratta alla consegna di copia  delle fatture estere; aveva  così concluso  che non vi era stata evasione IVA in quanto «la corretta registrazione avrebbe permesso la creazione di una posta attiva cui corrispondeva una posta passiva di ugual valore», che determinava una pressochè identica situazione debitoria circa l’IVA dovuta.

2. Con l’unico motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli art. 6, 17 e 71 P.R. 633/72 e dell’art. 16 D.M. Finanze 24.12.1993, dell’art. 178 lett. F) Direttiva CE n. 20006/112 in relazione all’art. 6 d.lgs. 471/97 in quanto la società non aveva osservato l’iter procedurale previsto dalla normative fiscale in materia per gli acquisti di beni o servizi da operatori economici domiciliate in San Marino, non avendo  effettuato la doppia annotazione sui registri IVA di vendita e acquisto delle fatture ricevute, mancanti del timbro a secco dell’Ufficio Tributario di San Marino, oltre a non aver dato alcuna comunicazione all’Ufficio IVA della propria circoscrizione.

Pertanto, conclude l’Agenzia, la società intimata, acquirente nazionale soggetto passivo IVA e debitore dell’imposta relativa all’operazione effettuata, aveva perso il diritto alla detrazione del tributo, subordinato agli adempimenti sopra indicati e, in particolare, alla doppia annotazione della fattura, restando soggetta alla sanzione pari al 100% dell’imposta come previsto dall’art. 6 comma 1 d.lgs. 471 del 1997.

3. Il motivo è infondato. 

3.1 Va premesso che la normativa interna di riferimento per le operazioni con San Marino è prevista dall’art. 71 del d.P.R. n. 633 del 1972, integrato ratione temporis dal decreto ministeriale del 24 dicembre 1993 (abrogato dal decreto 26 giugno 2021).

Secondo questa disciplina, gli acquisti di beni e servizi effettuati da operatori economici domiciliati a San Marino da parte di soggetti passivi d’imposta nazionali sono soggetti a due procedure alternative: a) con addebito dell’IVA da parte del fornitore samm arinese , il quale emette fattura con addebito dell’imposta per rivalsa  e  con  possibilità  di detrazione da parte dell’acquirente nazionale secondo la disciplina ordinaria contenuta all’articolo 19 d.P.R. cit. (v. artt. 8 e segg. d.m. 24 dicembre 1993); b) ovvero senza addebito dell’imposta all’operatore italiano che sarà tenuto a regolarizzare l’operazione ai fini IVA ai sensi dell’art. 17, d.P.R. n. 633, cit. (v. art. 13 e segg. d.m. cit.).

3.2 Più nel dettaglio, con riguardo a questa seconda procedura utilizzata nel caso in esame, l’operatore sammarinese cedente sarà tenuto ad «1) emettere fattura in tre esemplari, indicando sia il proprio numero identificativo sia quello della partita IVA del cessionario italiano; 2) presentare al proprio ufficio tributario le tre fatture accompagnate da un elenco riepilogativo in tre copie,; 3)  trasmettere un esemplare della fattura restituito dall’ufficio tributario, all’acquirente italiano>> (v. 13 d.m. cit.); l’ufficio tributario appone sulle fatture ricevute il timbro a secco circolare indicato all’art. 3, n. 3 dello stesso d.m. del 1993 «e restituisce due esemplari delle fatture al cedente sammarinese» (v. art. 15 d.m. cit.).

Gli operatori economici italiani, a loro volta, <<a) corrispondono l’imposta a norma dell’art. 17, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, indicandone l’ammontare sull’originale  fattura  rilasciatagli  dal  fornitore  sammarinese;   b) annotano le fatture nei registri previsti dagli articoli 23  e 25  del  decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, e successive modifiche ed integrazioni, secondo le modalita’ ed i  termini  in  essi stabiliti;    c)   danno   comunicazione   delle   avvenute registrazioni di cui al punto b) al proprio ufficio IVA,  indicando  il  numero  progressivo annuale di detti registri». Quest’ultimo adempimento è stato soppresso dal D.L. 22 ottobre 2016 n. 193 convertito con modifiche dalla L. di conversione 1° dicembre 2016 n. 225._a partire dalle annotazioni delle fatture ricevute dopo il 31 dicembre 2017.

3.3 Questa seconda procedura prevede, quindi, un caso di inversione contabile (reverse charge) e pone a carico dell’operatore nazionale cessionario l’integrazione delle fatture ricevute dal cedente sammarinese con l’indicazione dell’IVA e la doppia registrazione  nei registri di cui agli artt. 23 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

4. Il discorso si sposta sul tema del reverse charge – in cui il soggetto cessionario è debitore dell’IVA sulle operazioni effettuate, vale a dire l’IVA a monte, pur potendo detrarre, in linea di principio, esattamente questa stessa imposta, in modo tale che nulla risulta clovuto all’Erario – e alle conseguenze dell’inosservanza di questa procedura. 

4.1 Il tema trova la sua cornice di riferimento nella giurisprudenza unionale. 

Regola generale è che il principio di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’Iva a monte sia accordata «se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti» (Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2008, nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, punto 63; v. anche sentenza 17 luglio 2014, C-272/13, Equoland); si richiede, quindi, che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo,. che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 11 dicembre 2014, C-590/13, Idexx Laboratoires Italia, punto 43), mentre l’inosservanza delle formalità riguardanti l’esercizio del diritto a detrazione nel ca:;o dell’inversione contabile non può privare il soggetto passivo del suo diritto a detrazione (Corte di Giustizia, Ecotrade, p. 62).

Ai Paesi dell’UE, per la migliore operatività dell’imposta armonizzata e per prevenire le frodi, è consentito fissare formalità che il soggetto passivo deve assolvere per poter esercitare il suo diritto a detrazione e introdurre particolari obblighi che, però, «non possono andare aldilà di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi e non devono rimettere in discussione la neutralità dell’IVA» (Corte di Giustizia, Idexx, p.37). Ne deriva che «l’amministrazione finanziaria, una volta che disponga delle informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, non può imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre l’imposta, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto medesimo» (Corte di Giustizia, Idexx, p.40);

La Corte chiarisce che «i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelli previsti nel capo 1 del titolo X della direttiva IVA, intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione», mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano «le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, come nel caso degli obblighi cli contabilità, di fatturazione e di dichiarazione», la cui inosservanza può sì essere sanzionata ma non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione (Corte di Giustizia, Idexx, pp. 42-43).

Il giudice unionale, però, avverte che anche la violazione di obblighi formali può determinare la perdita  del diritto alla  detrazione IVA, quando la «violazione ha come effetto d’impedire che sia  fornita  la prova  certa del rispetto dei requisiti sostanziali» (Corte di Giustizia con la sentenza 28 luglio 2016, C-332/15, Astone, pp. 44 e 46), quando il soggetto passivo «abbia  partecipato  intenzionalmente a una frode fiscale»  (Corte di Giustizia, sentenza 17 ottobre 2019, C-653/18, Unite/ Sp. z.o.o.) ovvero abbia deliberatamente omesso l’effettuazione degli obblighi formali in vista di un intento fraudolento e di evasione (Corte di Giustizia, Astone, p. 56) o, ancora, quando gli errori hanno impedito il controllo sull’applicazione del regime dell’inversione contabile (Corte giust. 6 febbraio 2014, C-424/12, Fatorie, punto 38; 26 aprile 2017, C-564/15, Farkas, punto 46).

4.2 Passando alla verifica dell’applicazione di questi principi da parte della giurisprudenza nazionale, si riscontrano soluzioni contrastanti:

alcune pronunce, con riferimento in particolare alle operazioni intracomunitarie, accordano la detrazione dell’imposta a  monte, nonostante l’inadempimento di taluni obblighi formali, se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la  prova  certa, riconoscono  il diritto alla detrazione nei casi in cui, pur non avendo l’operatore nazionale applicato la procedura d’inversione contabile ed in particolare avendo omesso la doppia registrazione delle fatture  integrate  o autofatture  nei registri di cui agli artt. 23 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, laddove  sia  comunque dimostrato, o non controverso, che gli acquisti erano stati fatti da un soggetto passivo IVA e che le merci erano finalizzate a proprie operazioni imponibili (Cass. n. 7576 del 2015; Cass. n.  3586 del 2016; Cass. n. 16367 del 2020; Cass. n. 143 del 2022);

secondo altre sentenze anche le registrazioni sul libro delle fatture emesse e nel registro degli acquisti assolvono una funzione sostanziale, in quanto, compensandosi a vicenda, comportano che non permanga alcun debito nei confronti dell’Amministrazione, e consentono i controlli e gli accertamenti fiscali sulle cessioni successive; ne consegue che l’Amministrazione finanziaria, ove accerti l’omessa registrazione e fatturazione da parte del cessionario delle predette prestazioni, può recuperare l’IVA evasa, non compensabile ex post quando il diritto alla detrazione sia esercitato tardivamente (Cass. n. 24022 del 2013; Cass. n. 12649 del 2017).

4.3 E’ stato osservato (v. Cass. n. 9394 del 2021 non massimata) che queste differenze non implicano, a ben vedere, un vero e proprio contrasto giurisprudenziale ma pongono piuttosto «un problema di prova», nel senso che, fermi i principi generali sopra evidenziati, la loro applicazione può condurre a soluzioni differenti nella ricerca di «un equilibrio tra inosservanza di taluni obblighi e perdita del diritto alla detrazione dell’imposta». Un ruolo determinante giocano le circostanze concrete, dovendo comunque affermarsi la caducazione del diritto alla detrazione se «l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali»,, poiché l’onere della prova della sussistenza del requisiti sostanziali incombe sul contribuente (Cass. n. 9394 del 2021).

Ciò che rileva, quindi, non è tanto la natura degli obblighi violati ma gli effetti che la violazione è capace di produrre, nel senso che anche violazioni di ordine formale, come individuate dalla Corte di Giustizia, possono determinare la perdita del diritto alla detrazione quando, in estrema sintesi, «l)  la violazione ha l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali; 2) l’inosservanza degli obblighi formali sia finalizzata ad una evasione dell’imposta» (così Cass., sez. 5, 5.1.2022 n. 143).

5. Nella sentenza impugnata non si ravvisano profili di contrasto con questi principi; la CTR evidenzia che le operazioni erano state comunque registrate in contabilità e che la contribuente aveva messo a disposizione le fatture estere, elementi questi che inducono ad escludere possibili profili di frode o D’altro canto, l’Agenzia non ha mai contestato la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto alla detrazione.

5.1 Lo stesso motivo di impugnazione si fonda sul mero rilievo delle sopra indicate violazioni formali e, in particolare, dell’annotazione delle fatture ricevute dall’operatore sammarinese soltanto nel registro acquisti IVA; secondo l’Agenzia la detrazione è :perentoriamente subordinata» all’adempimento della doppia annotazione ma ciò è in contrasto con la giurisprudenza unionale sopra riportata, secondo cui il diritto alla detrazione IVA può essere negato soltanto quando la violazione delle norme sulla rappresentazione contabile dell’operazione incide sulla prova dei requisiti sostanziali o determina un’evasione di imposta, ciò che nel caso di specie non è stato neppure prospettato. 

6. Non vi è da provvedere sulle spese. 

p.q.m.

rigetta il ricorso.