Corte di Cassazione ordinanza n. 16506 depositata il 23 maggio 2022
contributo per le visite di vigilanza sanitari
Rilevato che:
1. – con sentenza n. 69/15/15, depositata in dat21 8 gennaio 2015, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l’appello dell’Azienda U.L.S.S. n. 20 di Verona, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, diversamente, aveva accolto l’impugnazione di un diniego di rimborso delle somme corrisposte dalla contribuente, negli anni dal 2010 al 2012, ai sensi del d.lgs. n. 194 del 2008 (recante disciplina delle modalità di rifinanziamento dei controlli sanitari ufficiali in attuazione del regolamento 882/2004);
1.1 – a fondamento del decisum, il giudice del gravame ha ritenuto che:
- non potevano condividersi le conclusioni cui era pervenuta la gravata sentenza in ordine all’àmbito di applicabilità della disciplina posta dal regolamento comunitario 882/2004, del 29 aprile 2004, in quanto, – tanto il dato letterale (espresso, in particolare, dal primo e dal quarto considerando) quanto la ratio dell’istituto dei controlli, – ne rendevano esplicita la riferibilità (anche) al settore del commercio (di mangimi e di alimenti);
- del pari destituita di fondamento rimaneva la dedotta violazione della disciplina comunitaria quanto ai criteri di determinazione dei costi di detti controlli, – censura che, peraltro, era rimasta priva di ogni obiettivo riscontro, – posto che la disciplina nazionale (in specie l’allegato A, Sezione sesta, del d.lgs. n. 194/2008), uniformandosi a quella regolamentare unionale, aveva operato una differenziazione dei costi, necessariamente forfettaria, incentrata sulle «quantità trattate da ciascun commerciante»;
- una siffatta articolazione doveva ritenersi ragionevole, – siccome alla diversa entità degli alimenti sottoposti a controllo necessariamente si correlavano distinti impegni, e costi, nello svolgim12nto dei controlli,
- e, per di più, attinta da una «presunzione di conformità delle tariffe ai criteri comunitaria» atteso che non risultavano censure mosse dalla Commissione che, ai sensi del regolamento 882/2004, cit., era destinataria delle comunicazioni sul metodo di calcolo delle tariffe in questione;
2. – G.F. S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;
– l’Azienda U.L.S.S. n. 20 di Verona resiste con controricorso, ed ha depositato memoria.
Considerato che:
1. – col primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del lgs. n. 194 del 2008, allegato A, Sezione 6, deducendo, in sintesi, che, – avuto riguardo anche alla disciplina posta dal regolamento n. 882 del 2004 (Allegato IV, Sezione B), – il prelievo, per controlli sanitari, può trovare applicazione con riferimento al momento della produzione degli alimenti e non anche a quello della loro commercializzazione, risultandone ad ogni mocjo esclusi i meri intermediari (nella circolazione dei mangimi ed alimenti);
– il secondo motivo espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al regolamento n. 882/2004, del 29 aprile 2004, Considerando 32 e art. 27, commi 4 e 5, ed al d.lgs. n. 194 del 2008, Allegato A, sezione 6, sull’assunto che la normativa nazionale si poneva in contrasto con quella unionale siccome le tariffe forfettariamente determinate sulla base del solo criterio quantitativo, e senza alcun riferimento tanto al criterio del costo effettivamente sostenuto dalle autorità preposte ai controlli quanto a quello della specifica situazione degli stabilimenti;
– anche il terzo motivo ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle disposizioni normative oggetto del secondo motivo, la ricorrente specificamente deducendo la contrarietà del d.lgs. n. 194/2008, cit., Allegato A, Sezione 6, alle disposizioni di cui al regolamento n. 882 del 2004, art. 27, comma 5, cit., alla cui stregua le tariffe in questione andavano determinate tenendo conto di specifici parametri [«a) il tipo di azienda del settore interessata e i relativi fattori di rischio; b) gli interessi delle aziende del settore a bassa capacità produttiva; c) i metodi tradizionali impiegati per la produzione, il trattamento e la distribuzione di alimenti; d) le esigenze delle aziende del settore situate in re9ioni soggette a particolari difficoltà di ordine geografico.»];
2. – i motivi di ricorso, – seppur ammissibili, in quanto vengono in rilievo censure di violazione di disposizioni normative specificamente articolate in relazione alla lettura offertane dal giudice del gravame (v. ex plurimis, , 3 dicembre 2020, n. 27697; Cass., 19 novembre 2019, n. 29992; Cass., 14 maggio 2018, n. lt603; Cass., 22 settembre 2014, n. 19959; Cass., 3 luglio 2008, n. 18202; Cass., 14 novembre 2003, n. 17183), – sono tutti destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi;
3. – la Corte, di vero, ha già avuto modo di esaminare le questioni poste con i proposti motivi, con riferimento tanto alla giurisdizione del giudice tributario (v., quanto alla relativa qualificazione, Sez. U., 13 giugno 2014, n. 13431) quanto alla disciplina sostanziale del prelievo tributario (v., ex plurimis, Cass., 24 febbraio 2021, n. 4960; Cass., 14 maggio 2019, n. 12759; Cass., 15 marzo 2019, n. 7452);
- ed è stato, così, posto il seguente principio di diritto: «La tariffa contenuta nella sezione 6 dell’allegato A al d.lgs. n. 194 del 2008, quantificata in modo forfetario sulla base dei costi complessivi sostenuti dall’Amministrazione per lo svolgimento delle visite di vigilanza sanitaria, con adeguamento del relativo carico alle concrete caratteristiche del singolo operatore agroalimentare, è rispettosa del parametro della tipologia di stabilimento e prodotto commercializzato previsto dall’art. 27, comma 5, del Regolamento CE n. 882 del 2004, essendo peraltro sempre consentito al soggetto passivo contestare l’importo richiestogli, sotto il profilo del diverso atteggiarsi o del sopravvenuto mutamento, nella concretezza della realtà imprenditoriale, dei parametri considerati dall’ente impositore (così Cass., 14 maggio 2019, n. 12759, cit.);
3.1 – le conclusioni cui la Corte è pervenuta, cui va data continuità, hanno, quindi, evidenziato che:
- la disciplina comunitaria dei controlli di mangimi e di alimenti ha ad oggetto «l’intera filiera agroalimentare, anche oltre la fase d’origine e provenienza dei prodotti», così come reso esplicito dalle stesse disposizioni di cui al regolamento 882, cit.;
- la nozione di «stabilimenti produttivi» involge non i soli produttori ma anche tutti gli altri «operatori del settore», ivi inclusi distributori e commercianti (qui con riferimento ad operatore esercente la commercializzazione e la vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli);
- la disciplina nazionale dei controlli sanitari, – incentrata su di una differenziazione tabellare per tipologia di stabilimento, per fascia produttiva annua e per quantità di prodotto in tonnellate, ,. deve ritenersi conforme a quella unionale in quanto «il Regolamento in questione prevede che la tariffa possa “essere fissate forfettariamente sulla base dei costi sostenuti dalle autorità competenti in un determinato arco di tempo”, come avvenuto nella fattispecie, e, dall’altro, che il tariffario nazionale tiene conto o della specificità imprenditoriale dell’operatore agroalimentare interessato, attribuendo rilevanza ai parametri sia della tipologia di stabilimento e prodotto commercializzato (carne, latte e derivati, uova, acque minerali, ortofrutta ecc… ) sia della dimensione quantitativa dell’attività svolta all’ingrosso (“fasce produttive” in tonnellate annue).»;
- così operando, «Il legislatore nazionale ha, dunque, attuato il principio di tendenziale adeguamento del carico tariffario – pur sempre nell’ambito di una legittima imposizione forfettizzata – alle concrete caratteristiche del singolo operatore destinatario dell’attività di vigilanza sanitaria»;
- la censura di violazione dei criteri di commisurazione del prelievo tributario, – quali in particolare delineati dal regolamento n. 882/2004, 27, c. 5, cit., – ne implica la specifica deduzione, nella fattispecie insussistente, «sotto il profilo del diverso atteggiarsi o del sopravvenuto mutamento, nella concretezza della realtà imprenditoriale, dei parametri considerati dall’ente impositore»;
4. – in ragione del consolidarsi, in corso di causa, del pertinente indirizzo interpretativo di legittimità, le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti, mentre nei confronti della ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e compensa integralmente, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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