Corte di Cassazione ordinanza n. 16522 depositata il 23 maggio 2022
sentenza passato in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale – avviso di accertamento nei confronti del socio, per redditi da utili non dichiarati di società di capitali a ristretta base partecipativa
Rilevato che:
la Commissione Tributaria Regionale della Puglia -nella controversia originata dall’impugnazione da parte di P.R., socio al 99 % della T.S. s.r.l., degli avvisi di accertamento relativi a Iperf degli anni di imposta 2003 e 2004 e conseguenti, in virtù della presunzione di distribuzione di utili extrabilancio, ad altrettanti avvisi di accertamento emessi a carico della Società- riformava, con la sentenza indicata in epigrafe e in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, la decisione di primo grado che, previa riunione, aveva accolto i ricorsi proposti dal contribuente.
In particolare, il Giudice di appello, rilevava che agli avvisi impugnati erano stati allegati gli avvisi riferiti alla T.S. s.r.l., consentendo così al contribuente di conoscere i presupposti delle pretese tributarie avanzate nei suoi confronti, ed escludeva ogni duplicazione di imposta.
Avverso la sentenza P.R. ha proposto ricorso articolato su quattro motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis-1 cod. proc. civ., alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. con il primo motivo, articolato ai sensi dell’art.360, primo comma 3, cod.proc.civ., il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art.112 cod.proc.civ.
Si censura la sentenza impugnata per non avere pronunciato sulla specifica eccezione di nullità degli avvisi di accertamento impugnati per carenza motivazionale a seguito della mancata allegazione del p.v.c. richiamato negli atti accertativi in parola.
2. Le medesime circostanze di fatto (ossia la mancata allegazione del v.c. agli avvisi di accertamento) sono poste a fondamento del secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art.42 del d.P.R. n.600 del 1973 e dell’art.7 della legge n.212 del 2000.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.2697 civ. per avere la C.T.R. ritenuto assolto l’onere della prova da parte dell’Ufficio per il solo fatto di avere allegato agli atti accertativi impugnati quelli prodromici, notificati in capo alla Società, e non anche il p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art.2727 e.e. e dell’art.38 del d.P.R. n.600 del 1973 laddove la C.T.R. aveva ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento impugnati nonostante gli stessi non fossero basati su presunzioni gravi, precise e Secondo la prospettazione difensiva gli accertamenti a carico della Società, infatti, non risultavano definitivi per essere ancora in corso di notificazione e, di poi, oggetto di impugnazione.
5. Con la memoria, il ricorrente -premesso che sulle impugnazioni proposte avverso gli avvisi di accertamento emessi a carico della Società si è già pronunciata, con ordinanza n.10354 del 31 marzo 2022, questa Corte (la quale, pronunciando sul ricorso proposto dalla Società, in persona del liquidatore, e dopo avere rilevato il difetto di legittimazione processuale del liquidatore, per essere stata la Società cancellata dal registro delle imprese sin dalla data di instaurazione del giudizio, ha cassato la sentenza impugnata senza rinvio)- ha dedotto l’inefficacia e l’irrilevanza giuridica di tali atti impositivi prodromici con conseguente venire meno del presupposto della presunta distribuzione dei maggiori utili in capo al socio.
6. Quest’ultima prospettazione difensiva non può essere condivisa alla luce del consolidato orientamento in materia (cfr., con specifico riferimento alla ipotesi di estinzione della Società, Cass.7.6.2016 n.11680; id. 22.04.2021 n.10723; id. 19.01.2021 n.752) secondo cui <<in tema di contenzioso tributario, la sentenza, passata in giudicato, di annullamento dell’atto impositivo nei confronti di società a ristretta base sociale, se fondata su motivi di rito (nella specie, per l’estinzione della società), non fa stato nei confronti dei soci, mancando un accertamento inconfutabile sull’inesistenza dei ricavi non contabilizzati e della relativa pretesa fiscale.>>.
7. Procedendo, quindi, alla trattazione dei motivi di ricorso va rilevata, da subito, l’infondatezza del primo, laddove a integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità, pur in assenza di una specifica (cfr., tra le altre di recente, Cass. n. 2151 del 29/01/2021, conforme a Cass. n. 10636 del 2007 e a Cass. n.15255 del 2019).
7.1 Nel caso in esame, è chiaro il rigetto implicito della relativa eccezione, adottato dalla T.R., laddove il Giudice di appello ha ritenuto legittimi e sufficientemente motivati gli avvisi di accertamento, oggetto della controversia, essendo stati allegati gli avvisi di accertamento a carico della Società.
8. I restanti motivi -con i quali si censura sotto diversi profili la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento, in quanto motivati e fondanti la pretesa tributaria, pur se agli stessi erano allegati gli avvisi di accertamento emessi a carico della Società, peraltro non ancora definitivi per essere oggetto di impugnazione, e non anche il p.v.c. in questi ultimi menzionato- possono trattarsi congiuntamente, siccome connessi, sono inammissibili secondo i principi fissati da Sez. Un. n.7155 del 21/03/2017 (<<in tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c., da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334, comma 2, c.p.c., sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”>>).
9. In materia, infatti, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che l’avviso di accertamento nei confronti del socio, per redditi da utili non dichiarati di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittimamente emesso e adeguatamente motivato anche quando il socio non abbia partecipato all’accertamento nei confronti della Società e l’atto contenga un mero rinvio per relationem ai redditi della Società, in virtù dei poteri concessi ai soci, ai sensi dell’art. 2261 cod.civ. di consultare la documentazione contabile e di partecipare perciò agli accertamenti che riguardano la società (v.Cass. 02.2020 n.3980, e in precedenza in termini, Cass. n.ri 18042 del 2018; 18648 del 2008, n.27778 del 2017).
Costituisce, altresì, ius receptum il principio per cui in tema di imposte sui redditi di capitale, per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di un valido e definitivo accertamento nei confronti della Società ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della Società di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento del primo nei confronti del secondo (cfr.Cass.n.33976 del 19.12.2019, in termini Cass.n.ri 32959 del 2018; 1947 del 2019; 4485 del 2016; 27778 del 2017).
10. Nel caso in esame, agli avvisi di accertamento notificati al ricorrente, socio titolare di una partecipazione pari al 99 per cento del capitale sociale, erano stati allegati gli avvisi di accertamento emessi a carico della società, riproducenti brani del relativo p.v.c., laddove, di contro, il ricorrente non ha mai sollevato alcuna contestazione nè in ordine al conseguimento dei ricavi occulti in capo alla Società né ha chiesto di fornire prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili conseguenti.
11. Ne consegue la correttezza, sul punto, della sentenza impugnata, in linea con i principi sopra illustrati, e il rigetto del ricorso.
12.Non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancanza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art.13, comma 1, quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 se dovuto.
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