Corte di Cassazione ordinanza n. 17012 depositata il 13 agosto 2020
avviso di liquidazione – agevolazioni – imposta di registro in misura fissa
CONSIDERATO CHE:
S.F. impugnava l’avviso di liquidazione n. 07011017956 per imposta di registro, ipotecaria e catastale (anno 2007), notificatogli quale ufficiale rogante dell’atto di compravendita di un immobile sito nel comune di Finale Ligure, stipulato in data 17.9.2007 dall’Istituto delle F.N.S.M. e la Società N.U., e dallo stesso trasmesso in via telematica ai sensi dell’art. 3 bis del d.lgs. 18.12.1997, n. 463. Con separato atto integrativo, le parti contraenti avevano chiesto di usufruire delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 5 della l. n. 168 del 1982, essendo l’immobile compravenduto sottoposto ad intervento di recupero urbanisti- co ai sensi della legge n. 457 del 1978. A fini dell’agevolazione, nell’atto integrativo si faceva riferimento ad un “atto d’obbligo” stipulato il 17.9.2007, con il quale la società acquirente dichiarava di aderire a quanto previsto dal progetto di riqualificazione e recupero approvato dal Comune di Finale Ligure.
Con l’atto impositivo l’Ufficio revocava le agevolazioni di cui all’art. 5, della l. n. 168 del 1982, in quanto non risultava che esistesse per gli immobili oggetto di compravendita né un piano di recupero di iniziativa pubblica né un piano di recupero di iniziativa privata, in quest’ultimo caso, convenzionato. L’Agenzia delle entrate rilevava che al momento della stipula dell’atto non era stata sottoscritta alcuna convenzione, inoltre non era applicabile la norma di cui all’art. 1, sesto periodo, della tariffa, parte 1, allegata al T.U. 131 del 1998, in quanto il comma 8 bis dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 si riferiva agli immobili diversi da quelli di cui al comma 8 ter, mentre l’immobile compravenduto, classificato come B/5, era un immobile strumentale.
Nel corso del giudizio, in sede di autotutela, l’Ufficio notificava al contribuente un provvedimento con il quale riconosceva le somme versate dalla parte a titolo di imposta di registro, dovute a seguito del pagamento della caparra confirmatoria al momento della registrazione del preliminare, sicchè l’importo oggetto di gravame si riduceva in euro 336.996,00.
La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza n. 254/10/08, accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo. L’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla Commissione missione Tributaria Provinciale della Liguria che, con sentenza n. 121/13/12, respingeva il gravame, ritenendo realizzati i presupposti per usufruire del trattamento agevolativo, ai sensi dell’art. 5, della l. n. 168 del 1982 in quanto l’immobile era in- serito in un piano di edilizia privata convenzionata e l’acquirente era il soggetto attuatore del recupero.
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo due motivi. Il contribuente si è costituito con controricorso ed ha presentato memorie. La Procura Generale della Corte di Cassazione, in data 21.6.2017, ha depositato me- morie chiedendo il rigetto del ricorso. All’udienza del 13.7.2017 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, in quanto il contribuente ha dichiarato di volersi avvalere della definizione agevolata della controversia ai sensi dell’art. 11 d.l. n. 50 del 2017, ma a tale richiesta non è stato dato seguito.
CONSIDERATO CHE:
1.Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della l. n. 168 del 1982 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in quanto la corretta interpretazione della norma stabilisce che gli acquirenti interessati devono concretamente attuare il recupero e detto recupero deve essere contemplato in un piano non sol- tanto esistente, ma, qualora sia di iniziativa privata, già convenzionato. L’Ufficio ricorrente precisa che, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l’art. 5 della l. n. 168 del 1982 subordina l’agevolazione all’esistenza di un duplice requisito: uno di carattere oggettivo, costituito dall’inserimento dell’immobile in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata, purchè, in quest’ultimo caso, convenzionata, ed uno di carattere soggettivo, costituito dall’essere l’acquirente uno dei soggetti che pongono in essere il recupero. Nel caso in esame, mancherebbero, o comunque non sarebbe stata data prova dell’esistenza all’epoca del trasferimento, sia di un piano di recupero di iniziativa pubblica, sia di un piano di recupero di iniziativa privata, già convenzionato, dagli atti emergendone la semplice previsione. Nella scheda si attesta la previsione che gli edifici scolastici di proprietà delle S.M.M., parte venditrice “potranno essere oggetto di recupero/ristrutturazione”. Il deposito della convenzione stipulata solo il 27.4.2011, ben quattro anni dopo il trasferimento del 17.9.2007, conferma che alla data del trasferimento non esisteva alcuna convenzione.
2.Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto i giudici di appello non avrebbero indicato, né nella parte in fatto, né nella parte motivazionale, quali siano i documenti da cui risulterebbero verificate e provate entrambe le condizioni cui la vigente normativa subordina l’operatività dell’agevolazione in corso. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla specifica censura, sollevata nell’atto di appello dell’Ufficio che si richiama alla seconda autonoma ragione giustificatrice dell’avviso di liquidazione impugnato da controparte, relativa alla inapplicabiltià alla fattispecie della norma di cui all’art. 1, sesto periodo, della tariffa, parte 1, allegata al T.U. 131 del 1986, mancando così di accertare se l’immobile compravenduto dovesse o meno annoverarsi tra quelli strumentali di cui al comma 8 ter dell’art. 10 del d.P.R. 633 del 1972. L’omessa motivazione, da parte dei giudici di appello, sulla questione controversa tra le parti circa la sussistenza o meno di uno dei presupposti, tra loro autonomi, dell’agevolazione, che ha condotto l’Ufficio ad emanare il provvedimento impugnato, si tradurrebbe in una evidente erroneità della decisione di secondo grado sotto il profilo motivazionale.
3. I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto inerenti alla medesima questione.
Le censure sono fondate per i principi di seguito enunciati.
a)Ai sensi dell’art. 5 della legge 22 aprile 1982, n. 168, nell’ambito dei piani di recupero di iniziativa pubblica o di iniziativa privata, purchè convenzionati, di cui agli articoli 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457, ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, si applicano le imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura fissa.
Si legge nella norma l’inciso “purché convenzionati”, specificazione che consente di dedurre che, all’atto della registrazione degli atti di trasferimento degli immobili inseriti nei piani di recupero si applichi la misura fissa delle imposte di registro, catastali e ipotecarie, perché tanto il requisito soggettivo (soggetto attuante il recupero), quanto, e soprattutto, il requisito oggettivo (inserimento degli immobili in un piano di recupero) dell’agevolazione tributaria sono dichiarati e, quanto alla effettiva attuazione, sono meramente progettati nell’atto di trasferimento sottoposto a registrazione secondo la convenzione, mentre l’attuazione effettiva da parte del soggetto che si impegna in tal senso è un evento necessariamente futuro rispetto alla registrazione. Infatti, l’Ufficio può svolgere accertamenti, successivamente alla registrazione, se il duplice requisito, soggettivo ed oggettivo, sia effettivamente realizzato e, ove l’accertamento dia esito negativo, può chiedere la differenza di imposta.
b)La convenzione per l’attuazione del Piano di recupero è disciplinata dagli artt. 27-30 legge 5 agosto 1978, n. 457.
Lo scopo della convenzione consiste nel disciplinare l’attività urbanistica ed edilizia da attuarsi mediante i mezzi e le risorse dei privati al fine di garantire il rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, concretando una sorta di collaborazione tra P.A. e cittadini nel contemperamento dei rispetti interessi.
L’art. 28 legge n. 1150 del 1942, richiamato per i piani di recupero dall’art. 30 comma 3 l. 457 del 1978, sancisce l’obbligo di trascrivere (a cura del proprietario) la convenzione di attuazione del piano di recupero. La convenzione, oltre a prevedere una parte necessaria concernente la pianificazione urbanistica, non negoziabile, in quanto di stretta applicazione delle norme e delle previsioni della legge e del P.R.G., ed una parte disponibile concernente la determinazione dei modi e dei tempi esecutivi suscettibili di accordi ricollegabili ad elementi di opportunità e convenienza, stabilisce anche l’obbligo per i proprietari, in caso di cessione delle aree a terzi, di porre a carico degli acquirenti tutti gli obblighi discendenti dalla convenzione, salva la responsabilità solidale dei proprietari originari verso il Comune per l’adempimento nei termini.
Questa Corte ha precisato che: “In tema di agevolazione tributarie, l’art. 5 delle legge 22 aprile 1982, n. 168, il quale, nell’ambito dei piani di recupero (di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata, purché convenzionati) di cui agli artt. 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457, prevede il beneficio dell’applicazione delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie in misura fissa, alla duplice condizione che gli immobili trasferiti siano già inseriti in un piano di recupero del patrimonio edilizio, approvato dal Comune, ovvero da questo adottato, unitamente alla convenzione per la loro diretta attuazione, su proposta dei proprietari, e che gli interventi di recupero siano effettuati dai medesimi acquirenti. Esulano, invece, da tale previsione normativa (anche nel testo sostituito dall’art. 14, della legge n. 179 del 1992), gli interventi di restauro e di ristrutturazione su immobili non assoggettati ad alcun piano, ancorché la loro esecuzione nelle zone di recupero, individuate dai comuni nell’ambito degli strumenti urbanistici generali, venga subordinata, per quanto riguarda globalmente gli edifici costituiti da più alloggi, ad un atto diretto a garantire il mantenimento della destinazione residenziale, il concorso negli oneri di urbanizzazione e l’adeguatezza dei prezzi di vendita o di locazione delle abitazioni) (Cass. n. 14478 del 2003; Cass. n. 5044 del 2003).
Dal principio enunciato nella motivazione della sentenza richiamata si evince che la convenzione debba sussistere al momento della redazione dell’atto, atteso che il trattamento agevolativo, quale eccezione e deroga al norma regime impositivo, non può essere concesso laddove il progetto di recupero non venga regolamentato secondo la pianificazione urbanistica imposta dall’Amministrazione al momento del trasferimento dell’immobile.
Il regime agevolato delle imposte di registro, catastali ed ipotecarie previsto dall’art. 5 I. 22 aprile 1982, n. 168 è stato definito da questa Corte: “una specie di imposta indiretta agevolata a presupposti differiti”( v. Cass. n. 8480 del 2009), con riferimento all’attuazione effettiva da parte del soggetto che s’impegna ad attuare il recupero, secondo i criteri ovviamente fissati dalla “convenzione” progettati nell’atto di trasferimento sottoposto a registrazione.
4. La Commissione Tributaria Regionale non ha fatto buon governo dei principi espressi, posto che ha ritenuto non necessario ai fini della concessione del trattamento agevolativo l’esistenza della convenzione al momento della stipula dell’atto di compravendita, in fattispecie in cui è incontroverso che la convenzione era stata stipulata solo il 27 aprile 2011, ossia quattro anni dopo il trasferimento del bene (17 settembre 2007).
In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito, per il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti, mentre la parte soccombente è tenuta al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna il soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.