Corte di Cassazione ordinanza n. 17187 depositata il 26 maggio 2022
antieconomicità – inattendibilità delle scritture contabili – accertamento induttivo
RILEVATO CHE
1. Il FALLIMENTO L. SRL ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2010, con il quale, a seguito di PVC, si accertavano a termini dell’art. 39, primo comma, d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – per quanto qui rileva – maggiori ricavi in base al costo del venduto, con recupero di IRES, IRAP e IVA, oltre sanzioni e accessori. Il fallimento contribuente ha dedotto che le vendite fossero state effettuate sottocosto al fine di ovviare alla crisi dell’impresa, per cui erano stati applicati valori di cessione non remunerativi al fine di proseguire l’attività caratteristica.
2. La CTP di Perugia ha rigettato il ricorso.
3. La CTR dell’Umbria, con sentenza in data 17 novembre 2014, ha accolto l’appello del fallimento Il giudice di appello ha ritenuto insussistente la prova presuntiva dei maggiori ricavi accertati, atteso che le vendite della società contribuente sono state effettuate sottocosto al fine di mantenere la clientela e proseguire l’attività caratteristica, ancorché in perdita; in particolare, il giudice di appello ha ritenuto che la gestione antieconomica, benché avente margine operativo lordo negativo (pari a circa il 44%), sarebbe stata giustificata dalla strutturale situazione di crisi dell’impresa, successivamente sfociata nella messa in liquidazione e nella successiva dichiarazione di fallimento in data 22 giugno 2012.
4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a due motivi; il fallimento intimato non si è costituito in giudizio.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto giustificata la gestione in perdita a causa della situazione prefallimentare, nonostante una perdita sistematica del 44,20%. Osserva il ricorrente che la ricostruzione dell’Ufficio operata nell’avviso impugnato (trascritto per specificità) era stata basata sulla riclassificazione del conto economico in base all’analisi del costo del Tale riclassificazione mostrava come il volume delle vendite dichiarate (€ 763.618,76) fosse incomparabilmente inferiore allo stesso valore espresso dal costo del venduto calcolato dall’Ufficio sulla base di alcuni dati contabili (€ 1.368.394,00, pari alla somma della variazione delle rimanenze e delle merci acquistate calcolate al costo risultanti dalla contabilità), che portava l’impresa a soffrire di uno strutturale margine negativo del 44,20% (calcolandosi il margine al costo) del tutto insostenibile in termini economici, contrario a ogni logica di impresa e, quindi, di natura antieconomica. Deduce il ricorrente che la gestione dell’impresa non si giustificherebbe in alcun modo, attesa la manifesta antieconomicità, circostanza che renderebbe legittimo l’accertamento analitico-induttivo da parte dell’Ufficio.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dall’abnorme margine negativo della gestione caratteristica, pari al 44,20%.
2. I due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’Amministrazione finanziaria può determinare il reddito del contribuente in via induttiva, pur in presenza di contabilità formalmente regolare, ove quest’ultima sia intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, che può desumersi anche da un unico elemento presuntivo, purché preciso e grave, quale l’abnormità e l’irragionevolezza della percentuale di ricarico (Cass., Sez. VI, 17 febbraio 2022, n. 5189; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27552; Cass., Sez. V, 13 luglio 2018, n. 18627; Cass., 29 dicembre 2016, n. 27329; Cass., Sez. VI, 9 dicembre 2013, n. 27488). Nel qual caso, da un lato, l’abnormità del dato economico esposto in contabilità priva le stesse scritture contabili di qualsiasi attendibilità (Cass., Sez. V, 29 marzo 2021, n. 8690; Cass., Sez. V, 6 dicembre 2011, n. 26167; Cass., Sez. V, 24 settembre 2010, n. 20201); dall’altro, l’irragionevolezza del dato contabile medesimo onera il giudice del merito di specificare le ragioni per le quali ritiene che l’antieconomicità del comportamento imprenditoriale del contribuente non sia sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie, con particolare riferimento ad una persistente perdita del profitto negli anni di esercizio e a un reddito di esercizio negativo (Cass., Sez. V, 14 ottobre 2020, n. 22185; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15344).
3. La pregnanza del dato dell’irragionevolezza imprenditoriale del dato dei ricavi esposti dal contribuente costituisce pendant, in tema di accertamento di maggiori componenti positive di reddito, rispetto al giudizio di non inerenza di costi sul versante (opposto) del disconoscimento di componenti negative di reddito delle quali ne venga dimostrata la macroscopica antieconomicità, tale da recidere ogni ragionevole connessione del costo con l’attività d’impresa svolta (Cass., Sez. V, 17 luglio 2018, 18904), collocando il costo al di fuori di una scelta di carattere imprenditoriale (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27786), non correlabile con le astratte logiche di gestione dell’impresa (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2018, n. 33574; Cass., Sez. V, 6 giugno 2018, n. 14579; Cass., Sez. V, 30 maggio 2018, n. 13588). Un costo può, difatti, ritenersi estraneo all’attività imprenditoriale in quanto palesemente antieconomico rispetto all’attività esercitata, così come risulta palesemente antieconomico il dato complessivo dei ricavi esposto in dichiarazione, ove (come nella specie) tale dato non remuneri neanche parte dei fattori produttivi.
4. Nella specie, la riclassificazione del conto economico operata dall’Ufficio in base al costo del venduto – peraltro, in via estremamente prudenziale al netto degli altri costi direttamente imputabili al prodotto venduto, come costo del lavoro e costi di fabbricazione (non contemplati dall’avviso impugnato) – ha mostrato un risultato privo di ogni logica imprenditoriale, in quanto ha mostrato un andamento dei ricavi inferiore al suddetto (parziale) costo di produzione, conseguente al costo dei fattori produttivi concretamente individuati dall’Ufficio direttamente utilizzati per la vendita dei beni e dei sevizi. I ricavi delle vendite non sono stati, pertanto, in grado di remunerare neanche alcuni dei fattori produttivi. Il giudice di appello ha giustificato tale comportamento imprenditoriale con l’esigenza di proseguire la gestione caratteristica, avuto riguardo – pertanto – all’aspetto delle vendite, ma non ha fornito alcuna spiegazione su come fossero stati remunerati i fattori produttivi e, in particolare, se e in che termini e con quali modalità (finanziamenti dei soci, accordi con i creditori, ) questo comportamento imprenditoriale privo di qualunque logica imprenditoriale abbia consentito la prosecuzione dell’attività imprenditoriale sino alla liquidazione e alla successiva dichiarazione di fallimento, peraltro intervenuta non nelle immediatezze ma a distanza di oltre un anno.
5. La sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi e, in accoglimento del ricorso, va cassata, per l’esame delle circostanze in base alle quali l’antieconomicità del comportamento imprenditoriale del contribuente non fosse sintomatico di possibili violazioni di disposizioni tributarie e abbia, comunque, consentito la protrazione dell’attività di impresa sino alla dichiarazione di fallimento. Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11324 depositata il 7 aprile 2022 - In tema di imposte dirette, l'Amministrazione finanziaria, nel negare l'inerenza di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 novembre 2019, n. 28692 - In tema di detrazione di costi, l'inerenza deve essere valutata secondo un giudizio di carattere qualitativo, e non quantitativo, correlato all'attività di impresa, con la conseguenza che, in…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 24901 depositata il 21 agosto 2023 - I costi, per essere ammessi in deduzione, quali componenti negativi del reddito di impresa, debbono soddisfare i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza,…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 33568 depositata il 15 novembre 2022 - Il principio di inerenza dei costi deducibili, esprimendo una correlazione in concreto tra costi e attività d'impresa, si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 5983 depositata il 28 febbraio 2023 - La definizione di inerenza, utilizzata nell’ambito delle imposte dirette in termini esclusivamente qualitativi, è coerente con la disciplina dell’IVA, in relazione alla quale la…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16010- In materia di I.V.A.,
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…