Corte di Cassazione ordinanza n. 17189 depositata il 26 maggio 2022
contenzioso tributario – agenzia ricopre la veste di attore – nuovi motivi
RILEVATO CHE
1. Il contribuente C.L., esercente l’attività di commercio al dettaglio di autoveicoli usati, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2000, con cui – a seguito di PVC – veniva accertata maggiore IVA e venivano irrogate sanzioni per illegittimo utilizzo del regime del margine di profitto nel settore dei beni di occasione (autoveicoli), provenienti dall’Unione Europea. Il ricorrente ha dedotto che la documentazione sottostante l’emissione delle fatture desse contezza della corretta applicazione del regime del margine a termini dell’art. 36 e ss. d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, in quanto gli autoveicoli provenivano da cedenti persone fisiche, i quali non avrebbero potuto detrarre l’IVA.
2. La CTP di Taranto ha accolto il ricorso.
3. La CTR della Puglia, Sezione staccata di Taranto, con sentenza in data 13 novembre 2014, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente avesse fornito in fatto la prova dei presupposti per l’applicazione del regime del margine, avendo dimostrato che i cedenti fossero persone fisiche, ciò risultando dalla dichiarazione del venditore e dai libretti di circolazione dei veicoli, così avendo il contribuente assolto all’onere di premunirsi delle opportune cautele al fine di evitare una frode in materia IVA. Il giudice di appello ha, poi, ritenuto inammissibili per novità le censure dell’Ufficio, nella parte in cui invocava l’applicazione dei dati inseriti in banca dai modelli INTRA, dai quali si sarebbe tratta la prova di acquisti intracomunitari da rivenditori tedeschi.
4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a due motivi; il contribuente intimato non si è costituito in giudizio.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.l. n. 41/1995, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto correttamente utilizzato il regime del margine. Osserva il ricorrente che ai fini dell’utilizzo del regime, occorre che la fattura emessa dal cedente riporti l’annotazione che trattasi di operazione assoggettata al regime del margine e che sussistano i presupposti sostanziali previsti dalla disciplina, in coerenza con il principio secondo cui l’acquirente nazionale assume il rischio, in caso di acquisti UE, dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del regime del Deduce il ricorrente che l’accertamento in fatto compiuto dalla CTR contrasti con la circostanza che le fatture non riportavano alcuna annotazione del cedente sul regime fiscale applicabile, osservando come la documentazione prodotta dal contribuente fosse priva di data certa e mai esibita ai verificatori, per cui il contribuente non avrebbe assolto all’onere probatorio a lui incombente, non essendo stato provato che il cedente non avrebbe potuto detrarre l’IVA. Osserva, ulteriormente, il ricorrente che dalla banca dati VIES, tramite i modelli INTRA, sarebbe emerso che il contribuente avesse acquistato autoveicoli da rivenditori tedeschi.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto inammissibili per novità le argomentazioni in tema di applicazione dei dati risultanti dalla banca dati VIES. Osserva il ricorrente come l’art. 57 ult. cit. non possa applicarsi al caso di specie, in quanto il motivo di appello avrebbe avuto ad oggetto un mezzo di prova nuovo rispetto a quelli indicati nell’atto impugnato, circostanza che non avrebbe ampliato il thema decidendum.
2. Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente, pur denunciando formalmente le norme in tema di regime del margine di profitto nella vendita di beni di occasione, mira a una rivalutazione del giudizio di fatto che ha condotto il giudice del merito a ritenere che il contribuente non ha potuto in alcun modo detrarre l’imposta pagata a monte all’atto dell’acquisto dei beni di cui trattasi, così sopportando integralmente l’imposta stessa (Corte di Giustizia 18 maggio 2017, C- 624/17, Litdana, punto 27; Corte di Giustizia, 19 luglio 2012, Bawaria Motors, C-160/11, punto 37; Corte di Giustizia, 30 settembre 2021, C-299(20, Icade Promotions, punto 41). In tal guisa, il ricorrente intende realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., VI, 4 luglio 2017, n. 8758; Cass., Sez. I, 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., Sez. I, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. I, 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., Sez. V, Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8315). Ciò è reso evidente dalla contestazione di parte ricorrente relativa all’erronea valorizzazione, da parte del giudice di appello, della documentazione prodotta dal contribuente (libretti di circolazione, dichiarazioni rilasciate dai venditori), la quale sarebbe inidonea a provare la circostanza accertata in fatto dal giudice del merito.
3. Il secondo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «nel contenzioso tributario il divieto di domande nuove previsto all’art. 57, comma 1, del lgs. n. 546 del 1992, trova applicazione anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, alla quale non è consentito, innanzi ai giudici d’appello, mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi, sotto il profilo del fondamento giustificativo, da quelli contenuti nell’atto impositivo (Cass., 10/05/2019, n. 12467; 26/02/2020, n. 5160). E tuttavia la novità della domanda deve essere valutata non in riferimento alle controdeduzioni formulate in primo grado dall’Amministrazione finanziaria, bensì con riguardo ai presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’atto impositivo oggetto di ricorso, poiché, per la natura impugnatoria del processo tributario e la conseguente veste di attore in senso sostanziale assunta dall’Ufficio, la pretesa impositiva è quella risultante dall’atto impugnato sul piano del petitum come della causa petendi. A tal fine si è affermato che, per eccepire validamente l’inammissibilità dell’appello per novità della domanda, è necessario dimostrare che gli elementi dedotti in secondo grado dall’Amministrazione non sono stati evidenziati neppure nel processo verbale di constatazione e nel conseguente avviso accertamento oggetto dell’impugnazione» (così Cass., Sez. V, 10 giugno 2021, n. 16461; conf. Cass., Sez. V, 27 giugno 2019, n. 17231; Cass., Sez. V, 28 giugno 2012, n. 10806).
4. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato che l’utilizzo delle dichiarazioni di cui ai modelli INTRA, dalle quali emergerebbe che il contribuente avrebbe acquistato gli autoveicoli da venditori tedeschi per complessivi € 185,00 (astrattamente ascrivibili a soggetti IVA), non fossero stati posti a fondamento dell’atto impositivo e delle originarie contestazioni mosse al contribuente. Da tali elementi emerge come tale circostanza sia idonea a mutare la connotazione dei fatti sui quali era basato l’avviso di accertamento oltre che il complessivo quadro indiziario, in quanto adduce un ulteriore elemento in base al quale potesse inferirsi la prova che il contribuente avrebbe acquistato gli autoveicoli usati non da consumatori finali e avrebbe potuto detrarre l’imposta pagata a monte all’atto dell’acquisto dei beni. Tale circostanza, in quanto idonea a mutare la causa petendi, costituisce nuova circostanza in fatto idonea a mutare il quadro indiziario addotto dall’Ufficio, in relazione alla quale il contribuente non ha avuto la possibilità di difendersi nel primo grado di giudizio. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suindicati principi.
5. Il ricorso va, pertanto, Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
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