Corte di Cassazione ordinanza n. 18000 depositata il 6 giugno 2022
processo tributario – spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati – motivazione “per relationem”
FATTI DI CAUSA
Sulla base di processo verbale di constatazione, in data 3 luglio 2007, della Guardia di Finanza- Nucleo di Polizia tributaria di Firenze l’Agenzia delle entrate notificò alla già, al tempo dei fatti contestati F.A. e figli S.n.c. di F.B. & C. (ora F. S.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo) avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2005, col quale accertò un maggior reddito d’impresa pari ad euro 41.532.317,00, da assoggettare per trasparenza, ex art. 5 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) in capo ai soci, Bernardo e Massimo F., ciascuno titolare del 40°/o delle quote della società e Maria Grazia F., quest’ultima titolare del 20°/o, notificando quindi a ciascuno di loro avviso di accertamento per la ripresa a tassazione ai fini IRPEF del maggior reddito accertato in capo alla società in proporzione delle rispettive quote.
L’atto impositivo notificato alla società riprese quindi a tassazione una maggiore IRAP per euro l. 752.504,00 ed una maggiore !VA pari ad euro 2.257.411,00, oltre sanzioni ed interessi.
In particolare, riguardo all’accertamento notificato alla società, le riprese a tassazione concernevano, tra le altre: a) in relazione al disposto dell’art. 110, decimo comma, TUIR, nella formulazione applicabile ratione temporis, i costi sostenuti per l’acquisto di materiali ferrosi da società di trading residenti in Svizzera, I. AG, per euro 27.349.087,00; b) l’importo di euro 2.000.000,00 indebitamente dedotto in quanto derivante dall’errata contabilizzazione di una nota di credito in relazione ad un’operazione ritenuta soggettivamente inesistente; c) l’importo di euro 1.082.935,00 sia ai fini delle imposte dirette che deii’IVA (pari ad euro 216.587,07) relativamente ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti documentate dalle fatture emesse dalla C.C.R. S.r.l. (di seguito C.C.R.).
Tanto la società quanto i soci, questi ultimi in forza degli stessi motivi addotti dalla società, impugnarono con separati ricorsi gli avvisi di accertamento a loro rispettivamente notificati dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Firenze.
La CTP, riuniti i ricorsi, li accolse parzialmente, respingendo il ricorso della società limitatamente ad ulteriori rilievi riguardanti interessi passivi indeducibili per euro 2.236,729,00, ricavi non dichiarati per euro 30.000 e 35.770; recupero !VA su anticipi per euro 568.767 e sanzione comminata di euro 208.805, accogliendo nel resto il ricorso della società, annullando quindi i primi tre rilievi sopra esposti, ed in via consequenziale i ricorsi proposti dai soci ai fini IRPEF.
La sentenza di primo grado fu oggetto tanto di appello principale da parte dell’Ufficio, quanto di appello incidentale da parte dei contribuenti.
La Commissione tributaria regionale (CTR) della Toscana, con sentenza n. 1979/5/15, depositata il 9 novembre 2015, non notificata, respinse entrambi gli appelli, confermando la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso principale per cassazione, affidato a tre motivi, cui resistono la società ed i soci con controricorso, col quale hanno spiegato altresì ricorso incidentale, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria.
Dato atto, come allegato dai controricorrenti, che è intervenuta cessazione parziale della materia del contendere in conseguenza dell’accoglimento parziale, da parte dell’Amministrazione finanziaria, in data 30 maggio 2019, dell’istanza di autotutela presentata dalla società e dai soci, la causa viene all’esame della Corte all’odierna pubblica udienza, anche per trattazione congiunta con altri giudizi connessi, relativi ad accertamenti riguardanti diverse annualità d’imposta, fissata a seguito della presentazione, da parte della difesa erariale, nei termini di cui all’art. art. 23, comma 8 –bis, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella l. 18 dicembre 2020, n. 176, d’istanza di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate, con riferimento al recupero a tassazione dei costi sopra indicati sostenuti per l’acquisto di materiali ferrosi dalla società di trading I. AG, residente in Svizzera, denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 76, comma 7 bis (recte 110, comma 10), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, 3 del d.m. 23 gennaio 2002 e 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità nella fattispecie in esame del succitato art. 110, comma 10, del TUIR, e della correlativa disposizione regolamentare, ritenendo che, sulla base della documentazione prodotta nel giudizio di merito, la I. AG avesse dimostrato di non aver goduto nell’annualità in questione di alcun privilegio fiscale cantonale, avendo assolto le imposte cantonali e comunali e quella federale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione o motivazione apparente, con violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. civ., nella parte in cui la CTR ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado relativamente al rilievo concernente l’indebita deduzione di costi per errata contabilizzazione in relazione ad operazione considerata oggettivamente inesistente, limitandosi ad osservare al riguardo, con riferimento all’operazione di acquisto da parte della società accertata di acciaieria da IMI Sud per euro 1800.000, seguita da successiva operazione di cessione ad Otium Ltd, poi non andata a buon fine, che «dalle analitiche e circostanziate ricostruzioni effettuate dalla società contribuente e dal primo giudice non può parlarsi nella fattispecie di operazione oggettivamente inesistente dal momento che la società nel 2003 aveva effettivamente perfezionato l’acquisto di impianti e macchinari vari per euro 1800.000,00 e la contestata deduzione consegue dal mancato perfezionamento della rivendita per euro 3.800.000,00».
3. Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 19, primo comma e 54, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 2727 e 2729 cod. civ., nonché dei principi indicati nelle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 12 gennaio 2006 (in cause C-354/03, 355/03 e 484/03) e 6 luglio 2006 (in cause C-439/04 e 440/04), in relazione all’art. 360, primo coma, n. 3, cod. proc civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto illegittima la ripresa a tassazione di cui al terzo rilievo sopra indicato, affermando, sul presupposto della ritenuta effettività ed inerenza delle prestazioni oggetto di rilievo, che «per quanto concerne la detrazione dell’iva si ha motivo di ritenere che il principio invocato per la deducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette possa valere – come ritenuto dal primo giudice- anche ai fini della detraibilità deii’Iva assolta in via di rivalsa dalla società contribuente».
4. Con il primo motivo di ricorso incidentale i contribuenti denunciano violazione degli 36, comma 2, nn. 3 e 4 e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. -nullità della sentenza- nella parte in cui la CTR, con riferimento al rilievo concernente l’omessa fatturazione da parte della società di anticipi ricevuti, con conseguente recupero deii’IVA, e l’omessa regolarizzazione degli anticipi pagati, cui era conseguita l’irrogazione delle sanzioni, su cui la pronuncia di primo grado aveva rigettato l’impugnazione dei contribuenti, si è limitata ad osservare testualmente quanto segue: «La Commissione ritiene sul punto di confermare l’impugnata sentenza, in quanto gli stessi contribuenti, pur invocando la rilevanza solo formale delle omissioni, ne ammettono la sussistenza con ciò confermando la fondatezza dei rilievi ».
5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale i controricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli 2697 cod. civ., 115 cod. proc. civ. e 98 TUIR in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proe. civ., nella parte in cui la CTR ha accolto l’appello interposto dall’Ufficio avverso la pronuncia sfavorevole resa dalla CTP in ordine al rilievo concernente l’indeducibilità d’interessi passivi su finanziamenti erogati o garantiti da soci, in relazione all’applicazione dell’art. 98 TUIR, quale applicabile ratione temporis.
6. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, infine, i controricorrenti denunciano violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR ha rigettato l’appello della società e confermato la pretesa dell’Ufficio sulla base dell’unico dedotto presupposto secondo cui, su detto capo sfavorevole della decisione di primo grado, gli appellanti incidentali si sarebbero limitati ad operare «il mero richiamo al motivo del ricorso introduttivo».
7. Il primo motivo posto a base del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate è infondato.
L’art. 110, comma 10, del TUIR, secondo la disposizione applicabile ratione temporis, stabiliva che «[n]on sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. Si considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, ovvero di altri criteri equivalenti».
A detta disposizione, per quanto qui rileva, ha dato attuazione il d.m. 23 gennaio 2002 (modificato dal d.m. 22 marzo 2002) che ha previsto, in virtù del combinato disposto degli artt. l e 3, comma l, n. 13, che ai fini di quanto stabilito dal succitato art. 110, comma 10 del TUIR, si considera quale Paese black list la Svizzera, con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”.
7 .1. La CTR, ai fini dell’esclusione della ritenuta applicabilità dell’art. 110, comma 10, del TUIR, quale vigente ratione temporis, ha ritenuto, con accertamento in fatto in questa sede non sindacabile, probante la documentazione prodotta dai contribuenti nel giudizio di merito in ordine alla circostanza che la società I. AG non ha goduto, con riferimento all’anno d’imposta oggetto di accertamento, di alcun privilegio fiscale cantonale, avendo assolto le imposte cantonali e comunali e quella federale.
7.2. Dato atto che alcuna prova circa la pretesa riconducibilità della società I. AG ad uno dei tipi indicati dalla richiamata norma regolamentare risulta essere stata addotta dinanzi al giudice di merito dovendo quindi detta società ritenersi come operativa sul mercato, il tentativo dell’Amministrazione ricorrente di accreditare una lettura delle disposizioni in esame- nel quadro della disciplina di cui alla legge federale elvetica sull’armonizzazione delle imposte dirette dei cantoni e dei Comuni (LAID) che riserva l’assoluta esenzione d’imposta esclusivamente alla Confederazione ed ai suoi stabilimenti, al Cantone, ai Comuni, alle istituzioni di previdenza professionale di imprese; alle casse svizzere di assicurazioni sociali di compensazione; alle persone giuridiche che perseguono uno scopo di pubblica utilità, per quanto concerne l’utile ed il capitale esclusivamente ed irrevocabilmente destinato a tali fini – come piuttosto riferita a società residenti in Svizzera sottoposte a regime fiscale privilegiato, si scontra con il chiaro tenore letterale delle citate fonti primaria e secondaria, in relazione alle quali il giudice tributario d’appello, quindi, ha correttamente escluso la legittimità del rilievo afferente la pretesa indeducibilità dei costi perché riferiti a transazione intercorsa con società residente in Svizzera, senza che fosse provata la sussistenza delle condizioni previste dalla normativa in esame perché l’operazione potesse considerarsi attratta alla disciplina di cui all’art. 110, comma 10, TUIR nel testo applicabile ratione temporis.
8. Il secondo motivo è invece fondato e va accolto.
La sentenza impugnata, carente, in primis, nella stessa esposizione del fatto concernente l’ambito di contestazione del rilievo in oggetto da parte dell’Ufficio, si limita, al riguardo, a confermare la statuizione resa dalla CTP di Firenze, senza avere dato conto di pervenire a tale risultato attraverso la disamina critica dei motivi di appello da parte dell’Amministrazione finanziaria, genericamente racchiusi nella locuzione «dovizia di argomentazioni».
8.1 In effetti, la CTR mostra di non aver ben chiaro a monte l’oggetto stesso del rilievo. L’Ufficio, riprendendo il PVC della Guardia di Finanza, aveva, infatti, rilevato che, a fronte dell’acquisto da parte dell’allora F. n.c. nel marzo 2003 dell’impianto di acciaieria da IMI Sud per un prezzo complessivo di euro 1.800.000,00, pagato, in più soluzioni, tra il marzo 2003 ed il febbraio 2004, era stato reperito un preliminare di vendita, datato 30 giugno 2003, del medesimo impianto dalla F. S.n.c. alla succitata I. AG, cui faceva seguito il contratto definitivo, sottoscritto nel marzo 2004, tra le due società da ultimo menzionate, recante il definitivo passaggio della proprietà dell’acciaieria per un prezzo determinato in 3.800.000,00 euro, contratto, quest’ultimo, conservato in allegato a fattura di vendita n. 297/F/EX di pari importo (non imponibile IVA, ex art. 8, comma l, lett. a), del d. P.R. n. 633/1972) emessa il 31 dicembre 2003, dalla F. S. n.c. nei confronti di Otium Ltd, società con domicilio in Paese a fiscalità privilegiata, esattamente presso casella postale, operazione ritenuta dal fisco, per l’anno 2003, inesistente.
8.2 Per l’anno 2005, qui in esame, come spiegato nei motivi di appello, il rilievo non riguardava l’inesistenza dell’operazione a monte di acquisizione dell’impianto da IMI Sud, ma, per effetto della ritenuta oggettiva inesistenza della successiva cessione ad Otium Ltd, l’impossibilità di rettifica della fattura stessa con nota di credito a storno, presupponendo l’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 che l’operazione da rettificare, in tutto o in parte, sia un’operazione vera e non già un’operazione inesistente perché La contestazione per l’anno 2005, in parte qua, concerneva, pertanto, l’errata contabilizzazione nelle rimanenze iniziali dell’impianto, che avrebbe dovuto essere contabilizzato al costo storico di euro 1800.000,00 e non a quello di euro 3800.000,00 conseguente alla vendita fittizia nei confronti di Otium Ltd.
8.3 A fronte di ciò la CTR si è limitata – con generico richiamo ad «analitiche e circostanziate ricostruzioni effettuate dalla società contribuente e dal primo giudice»- ad affermare che «non può parlarsi nella fattispecie di operazione oggettivamente inesistente dal momento che la società nel 2003 aveva effettivamente perfezionato l’acquisto di impianti e macchinari vari per euro 1.800.000,00 e la contestata deduzione consegue dal mancato perfezionamento della rivendita per euro 3.800.000,00»; con ciò, dunque, evidenziando di essere pervenuta alla conferma della decisione, sulla questione in oggetto, resa dalla CTP di Firenze, senza dar conto che a detto risultato sia giunta attraverso una disamina critica dei motivi d’impugnazione, anzi mostrando di non aver colto l’oggetto stesso del rilievo posto a base del recupero in questione per l’annualità in esame 2005.
8.3. Va pertanto ribadito, sulla base di quanto espresso dalla Sezioni Unite di questa Corte in tema di motivazione apparente (cfr. Cass. SU, 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. SU, 3 novembre 2016, n. 22232 e specificamente rilevato, con riferimento alla motivazione resa per relationem alla pronuncia di primo grado, tra le molte, più di recente, da Cass. sez. l, ord. 5 agosto 2019, n. 20883; Cass. sez. lav., ord. 5 novembre 2018, n. 28139), che «[l]a sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame».
8.5. Alla stregua di quanto sopra esposto la sentenza impugnata incorre nell’anomalia motivazionale grave denunciata, risultando quindi viziata, in relazione a quanto dedotto nel motivo di ricorso principale in esame, da motivazione apparente.
9. In relazione alla censura dedotta con il terzo motivo di ricorso principale, limitato all’imponibile IVA ripreso a tassazione per l’annualità in oggetto ed alla relativa sanzione, deve ritenersi parzialmente cessata la materia del contendere per effetto dell’annullamento in sede di autotutela dall’Amministrazione finanziaria con il provvedimento del 30 maggio 2019, in ragione della ritenuta applicabilità retroattiva dell’art. 6, comma 9 – 3 del d.lgs. n. 471/1997, per effetto del quale- per quanto qui d’interesse, per l’anno 2005 – è stato annullato il recupero ai fini IVA per le fatture emesse dalla società C.C.R., ritenute in sede di accertamento inerenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, con rideterminazione della sanzione IVA originariamente irrogata nella misura minima del 5°/o dell’imponibile accertato, mentre nel quantum il giudice di rinvio, cui già è stata rimessa, come da coeva sentenza di questa Corte n. 37908/2021, già pubblicata, la controversia relativa alla prima annualità d’imposta oggetto di accertamento (2003), per la quale risulta contestata la violazione più grave, verificherà se sia stata o meno effettivamente irrogata, per effetto dei cumuli giuridici, per l’anno 2005, in misura pari a zero.
10. Venendo all’esame del ricorso incidentale, il primo motivo è La CTR, infatti, con riferimento al rilievo concernente l’omessa fatturazione da parte della società di anticipi ricevuti, con conseguente recupero dell’IVA, e l’omessa regolarizzazione degli anticipi pagati, si è limitata ad affermare di «dover confermare l’impugnata sentenza, in quanto gli stessi contribuenti, pur invocando la rilevanza solo formale delle omissioni, ne ammettono la sussistenza, con ciò confermando la fondatezza dei rilievi».
La sentenza impugnata dà modo di essere pervenuta alla conferma della decisione di primo grado, senza previo esame critico del correlativo motivo d’impugnazione, ove la società si era doluta della totale carenza della contestazione dell’Ufficio sul punto, senza alcuno specifico riferimento alle singole transazioni, essendo al più il preteso riconoscimento della natura formale delle omissioni legato al meccanismo del reverse charge, senza che potesse in alcun modo in esso rinvenirsi riconoscimento proprio nel merito della fondatezza della pretesa dell’Ufficio.
Vanno pertanto in proposito richiamate le analoghe considerazioni svolte supra (par. 8.4) in tema di accoglimento del secondo motivo di ricorso principale proposto dall’Agenzia delle entrate.
11. Ugualmente fondato è il secondo motivo di ricorso incidentale, relativamente alla pronuncia sfavorevole resa dalla CTR alla società riguardo ai limiti di deducibilità degli interessi passivi su finanziamenti concessi da socio qualificato, in relazione al disposto dell’art. 98 TUIR nella sua formulazione quale applicabile ratione temporis.
La sentenza impugnata assume a fondamento della decisione sul punto il solo fatto che il relativo calcolo sarebbe stato effettuato dall’Ufficio con l’ausilio del consulente di parte privata, sostanzialmente, quindi, ritenendo che esso sarebbe oggetto di non contestazione, laddove l’intervento del consulente di parte si poneva sul piano dell’espletamento del contraddittorio procedimentale, ciò non esonerando l’Ufficio dall’onere della prova riguardo alla fondatezza della pretesa di cui in oggetto.
12. Infine risulta fondato anche il terzo motivo di ricorso incidentale.
La sentenza impugnata non è entrata nel merito della censura posta avverso la sentenza di primo grado, quanto al rilievo concernente i ricavi non dichiarati per euro 30.000,00 e per euro 35.770,00 ritenendo il motivo di appello carente di specificità, osservando che «ai fini della contestazione dell’articolata argomentazione sviluppata dal primo giudice non appare congruo il mero richiamo al motivo del ricorso introduttivo».
Il motivo, che risponde al canone di autosufficienza, avendo i controricorrenti riprodotto nel controricorso i termini della relativa censura, è fondato, non avendo la CTR fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui «[i]n tema di contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito» (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass. sez. 6-5, ord. 23 novembre 2018, n. 30525; Cass. sez. 6-5, ord. 19 dicembre 2018, n. 32838).
13. La sentenza impugnata va quindi cassata in accoglimento, nei termini innanzi spiegati, del ricorso principale e di quello incidentale, con rinvio della causa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e quello incidentale nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso rispettivamente accolti, e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Toscana in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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