Corte di Cassazione ordinanza n. 18002 depositata il 6 giugno 2022
Cartella di pagamento – illegittimità se emessa ex post sentenza annullamento atto prodromico
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Latina ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma – Sezione Staccata di Latina il 26 aprile 2016 n. 2336/40/2016, la quale aveva accolto il ricorso proposto dalla “H.E. di D.M. & C. S.a.s.” nei confronti del medesimo per la revocazione straordinaria ex art. 395, n. 1, cod. proc. civ. della sentenza depositata dalla medesima Commissione Tributaria Regionale il 28 agosto 2014 n. 5334/39/2014, a conferma della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina 1’8 giugno 2011 n. 340/04/2011, avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento dell’ICI relativa all’anno 2004, dopo che il prodromico avviso di accertamento era stato confermato dalla sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma – Sezione Staccata di Latina il 6 dicembre 2012 n. 687/39/2012, in riforma della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina col n. 132/04/2010. La “H.E. di D.M. & S.a.s.” si è costituita con controricorso e deposito memoria. Con conclusioni scritte, il P.M. ha chiesto l’accoglimento del ricorso. La controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DI RICORSO
Con unico motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione ed errata applicazione dell’art. 395, n. 1, cod. proc. civ. e per incongrua ed errata applicazione dell’art. 327, comma 1, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riguardo ad un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che la domanda di revocazione fosse stata tempestiva e che il dolo processuale fosse consistito nel comportamento dell’ente impositore di omesso annullamento (in via di autotutela) della cartella di pagamento, sulla base della sentenza di annullamento dell’avviso di accertamento, senza tener conto, per un verso, che il ricorso era stato proposto oltre il termine di trenta giorni dalla scoperta del dolo, per un altro verso, che il diritto di difesa della contribuente non era stato in alcun modo pregiudicato e che la sentenza di annullamento dell’avviso di accertamento era stata riformata in via definitiva dal giudice di appello.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il motivo è fondato.
1.1 Come si evince dalla stessa descrizione degli antefatti processuali nella sentenza impugnata, il ricorso per la revocazione straordinaria della sentenza depositata dalla medesima Commissione Tributaria Regionale il 28 agosto 2014 n. 5334/39/2014 è stato proposto ex art. 395, n. 1, cod. proc. civ., ravvisando il “dolo” dell’ente impositore nell’emanazione della cartella di pagamento dopo la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Latina col n. 132/04/2010, che aveva annullato il prodromico avviso di accertamento.
Infatti, secondo la ricognizione fattane dalla sentenza impugnata: «Si evince dagli atti di causa che la cartella è stata emessa dopo la pronuncia dell’annullamento dell’avviso di accertamento che inibiva all’Ente impositore l’emissione di qualsiasi titolo riscossivo. Tale errore è stato indotto dall’Ente impositore che avrebbe dovuto annullare la cartella impugnata e, considerato che la sentenza di annullamento fu impugnata con appello, dopo tale sentenza avrebbe dovuto riemettere una nuova cartella di pagamento».
1.2 Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è pacifico che, in tema di riscossione dei tributi, l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima ed escludendo, quindi, che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria (tra le tante: Cass., Sez. SA, 27 luglio 2012, 13445; Cass., Sez. SA, 17 ottobre 2014, n. 22021; Cass., Sez. SA, 5 maggio 2016, n. 9116; Cass., Sez. SA, 15 gennaio 2019, 740; Cass., Sez. SA, 10 maggio 2019, n. 12478; Cass., Sez. SA, 17 dicembre 2019, n. 33318; Cass., Sez. SA, 15 ottobre 2020, n. 22360; Cass., Sez. SA, 15 settembre 2021, n. 24854; Cass., Sez. 6A-S, 7 febbraio 2022, n. 3736; Cass., Sez. SA, 22 febbraio 2022, n. 10740 – vedansi anche: Cass., Sez. SA, 15 settembre 2021, n. 24854 – si vedano anche: Cass., Sez. Un., 13 gennaio 2017, n. 758; Cass., Sez. SA, 21 ottobre 2020, n. 22938; Cass., Sez. SA, 4 novembre 2020, n. 24554). L’accertamento emesso a tutela di un credito tributario diviene illegittimo a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo: tale sentenza, infatti, fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima, ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria (Cass., Sez. SA, 10 maggio 2019, n. 12478).
Peraltro, se il ricorso del contribuente viene accolto, la cartella di pagamento viene a perdere in modo definitivo il presupposto legittimante e diventa illegittima, non potendo certo configurarsi una sorta di connotazione “elastica”, tale da farla rivivere a seguito dell’eventuale riforma della sentenza di annullamento dell’avviso di accertamento, come si dovrebbe affermare in caso contrario (Cass., Sez. SA, 17 dicembre 2019, n. 33318).
1.3 Per cui, l’emanazione di un titolo giudiziale (anche se non definitivo) di annullamento del prodromico avviso di accertamento viene ad incidere ex post sulla funzione della successiva cartella di pagamento, delineandosi come un vizio – anche se non originario, bensì sopravvenuto – di legittimità. Ne discende che il mancato rilievo di tale difetto poteva (e doveva) essere fatto valere dalla contribuente soltanto con la proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza depositata dalla medesima Commissione Tributaria Regionale il 28 agosto 2014 n. 5334/39/2014, essendo stato evidenziato dalla sentenza impugnata che «la Commissione Regionale adita, pur dando atto dell’esistenza della sentenza di primo grado della CTP di Latina n° 132/04/10 che aveva dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento, invece di statuire l’annullamento della cartella stessa per mancanza di titolo, ne confermava la pretesa sulla base dell’intervenuto accoglimento dell’appello dell’Ente Comunale di cui alla sentenza della CTR di Roma n° 687/39/12».
1.4 Nel caso di specie, a ben vedere, non è ravvisabile alcuna forma di dolo processuale dell’ente impositore in pregiudizio della contribuente, la quale postula un’attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare, o sviare, la difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 9 giugno 2014, n. 12875; Cass., Sez. 6A-Lav., 17 ottobre 2018, n. 26078; Cass., Sez. SA, 13 dicembre 2019, n. 32866; Cass., Sez. 3A, 28 dicembre 2021, n. 41792).
Là dove, pur essendo stato edotto del vizio derivante dall’annullamento giudiziale del prodromico avviso di accertamento, il giudice di appello non ne ha tratto le dovute conseguenze sul piano decisionale, ma si è limitato a confermare la cartella di pagamento in considerazione della riforma medio tempore della pronunzia caducatoria dell’atto presupposto.
Pertanto, il ricorso per revocazione era palesemente inammissibile, non essendo stata prospettata una situazione astrattamente riconducibile alla fattispecie tipizzata dall’art. 395, n. 1, cod. proc. civ..
2. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel meritò, ai sensi dell’art. 384, comma 1, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di inammissibilità del ricorso per revocazione della contribuente.
3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’inammissibilità del ricorso per revocazione; condanna la controricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del ricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 2.300,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
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