Corte di Cassazione ordinanza n. 18002 depositata il 6 giugno 2022

processo tributario – estinzione del giudizio per rinuncia della parte – compensazione delle spese giudiziali tra le parti in caso di definizione agevolata

FATTI DI CAUSA

1. V.C. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano il 14 novembre 2014 n. 5932/6/2014, la quale, nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di quattro avvisi di liquidazione per la revoca, dapprima, dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa in ragione del trasferimento della residenza nell’immobile oltre il termine di diciotto mesi (per la precisione, dopo venti mesi) dall’acquisto, e, poi, delle agevolazioni per la concessione di tre mutui collegati all’acquisto della prima casa, con l’applicazione delle aliquote ordinarie in luogo delle aliquote ridotte e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Como il 30 gennaio 2013 n. 85/4/2013, con condanna del soccombente alla rifusione delle spese di lite. Il giudice di appello ha rilevato che: a) il giudizio aveva ad oggetto la revoca dell’agevolazione per l’acquisto della prima casa in conseguenza del mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione  dell’immobile  acquistato  dal contribuente; b) la Commissione Tributaria Provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente sul rilievo della perentorietà del termine previsto per il trasferimento della residenza e dell’insussistenza di una causa di forza maggiore a giustificazione del lamentato ritardo nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile adibito a nuova residenza. Dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo legittimo l’operato dell’amministrazione finanziaria che aveva revocato i benefici fiscali, dopo aver evidenziato che il ritardo nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile destinato ad abitazione principale non costituiva evento idoneo a giustificare l’inadempimento dell’obbligo di trasferimento della residenza entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto. Il  ricorso è affidato a due motivi. L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente per la sola partecipazione all’udienza di discussione. Il ricorrente ha depositato memoria (con documentazione allegata), chiedendo la dichiarazione di estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del contendere e la compensazione delle spese giudiziali ai sensi dell’art. 46 del. D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, avendo presentato dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dei carichi esattoriali ai sensi dell’art. 6 del D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 dicembre 2016 n. 225 ed avendo ottemperato all’integrale pagamento del debito rateizzato secondo i modi e i tempi comunicati dall’amministrazione. Sollecitato con ordinanza interlocutoria del collegio, il ricorrente ha dichiarato di rinunziare al ricorso per cassazione ed ha chiesto la dichiarazione di estinzione del processo per cessata materia del contendere. Con conclusioni scritte, il P.M. ha chiesto di dichiarare l’estinzione del processo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La rinuncia al ricorso è rituale perché è intervenuta prima dell’adunanza camerale (art. 390, comma 2, cod. proc. civ.), è stata sottoscritta dalla parte e dai suoi difensori ed è stata notificata alla controparte (art. 390, comma 3, cod. proc. civ.). Pertanto, il giudizio deve essere dichiarato estinto per rinuncia al ricorso.

2. La rinuncia al ricorso per cassazione produce l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione, in quanto tale atto non ha carattere “accettizio” (non richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali), e, determinando il passaggio in giudicato  della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione, rimanendo, comunque, salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (tra le altre: Cass., Sez. SA, 18 novembre 2021, 35133; Cass., Sez. SA, 20 dicembre 2021, n. 40727; Cass., Sez. SA,  29 maggio 2022, nn. 10033, 10034, 10035 e 10036; Cass., Sez. SA,  14 aprile 2022, n. 12131).

3. Per quanto riguarda le spese di lite, il disposto dell’art. 391, comma 2, proc.   civ., secondo    il   quale «il decreto, l’ordinanza o la   sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese», deve essere  opportunamente coordinato  con la previsione  dell’art. 6, comma 2, del D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 dicembre 2016 n. 225. Quest’ultima disposizione, nel precisare che il contribuente deve indicare i giudizi pendenti cui si riferiscono i carichi che dichiara di volere definire, afferma, altresì, che egli «assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi». In ipotesi non trova, infatti, applicazione l’art. 391, comma 4, cod. proc. civ. (secondo cui: «La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia ha aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale»), non avendo l’Agenzia delle Entrate o l’Avvocatura dello Stato espressamente accettato la rinuncia al ricorso dei ricorrenti.

4. Tuttavia, la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali si pone in aperto contrasto con la stessa ratio legis sottesa alla definizione agevolata, laddove si chiede al contribuente, ai fini dell’operatività della stessa, una rinuncia ai giudizi pendenti: un aggravio di spese, infatti, si tradurrebbe, sostanzialmente, in un maggior onere di definizione agevolata rispetto a quanto previsto dalla disposizione. 

Si deve, allora, ritenere che la previsione di rinuncia ai giudizi di cui all’art. 6, comma 2, del D.L. 22 ottobre 2016 n. 193, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 dicembre 2016 n. 225, si pone come un’eccezione alla regola prevista dall’art. 391, comma 2, cod. proc. civ., ed implica la necessaria compensazione delle spese giudiziali tra le parti (in particolare: Cass., Sez. SA, 27 aprile 2018, n. 10198; Cass., Sez. SA, 12 dicembre 2019, n. 32580; Cass., Sez. SA, 7 dicembre 2020, n. 27992; Cass., Sez. SA, 16 luglio 2021, n. 20407; Cass., Sez. SA,  21  dicembre  2021,  n.  40952;  Cass.,  Sez.  6A-S,  7 novembre 2018, n. 28311; Cass., Sez. SA, 4 gennaio 2022, n. 18; Cass., Sez. SA, 14 aprile 2022, nn. 12131 e 12326).

5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si deve dare atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. Invero, in tema di impugnazione, il meccanismo sanzionatorio del raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della Legge 24 dicembre 2012 n. 228, è applicabile qualora il procedimento per cassazione si concluda con integrale conferma dell’efficacia della statuizione impugnata, cioè con il rigetto dell’impugnazione nel merito, ovvero con la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, mentre in questo caso l’adottanda declaratoria della cessazione della materia del contendere, pur determinando la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio, accerta, come s’è veduto, il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata in forza della definizione agevolata della controversia tributaria.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del procedimento e compensa le spese giudiziali.